L'inchiesta

Una maxifrode all'IVA in cui spicca il Luganese

Sono saliti a tre gli imprenditori italiani formalmente residenti a Canobbio arrestati nella Penisola perché sospettati di essere elementi apicali di una grossa e complicata truffa carosello nell’ambito del traffico di dati nel mercato della telefonia VoIP – Sequestrati oltre 150 milioni di euro
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Federico Storni
04.10.2024 06:00

Sembra esserci tanto Luganese nella presunta maxifrode sull’IVA di cui hanno dato aggiornamenti nei giorni scorsi la Guardia di Finanza di Milano e la neonata Procura europea, il cui compito principale è proprio indagare sulle frodi al fisco con carattere transazionale. Stando a quanto riferisce la stampa italiana, infatti, dei quattro nuovi arrestati, le due persone definite «imprenditori italiani formalmente residenti in Svizzera» risiedono nel Luganese. Si tratterebbe di due fratelli di 39 e 42 anni domiciliati a Canobbio. Comune nel quale risulta residente anche il broker milanese 44.enne arrestato nel 2023 che gli inquirenti ritengono essere il domus della presunta organizzazione criminale. La presunta truffa sarebbe ingente: si parla di sequestri d’averi per l’equivalente di quasi 150 milioni di euro.

Due società a Lugano

A leggere i comunicati stampa le residenze luganesi sembrano essere considerate fittizie, eppure i due fratelli hanno aperto almeno due società a loro riconducibili a Lugano (una poi spostata a Coira) già nel 2020. Quella rimasta in Ticino ha uno scopo generico e sembra orientata all’offerta di servizi alle aziende, quella spostata nei Grigioni si occupa di assistenza nel campo dell’«ingegneria gestionale» oltre a diverse altre cose (può ad esempio fare progetti in ambito di arredo bagno oppure noleggiare veicoli di lusso e organizzare eventi motor sport).

«Sofisticato circuito»

Quanto alla loro posizione processuale, stando ai comunicati diffusi dalle autorità e alle ricostruzioni apparse sui giornali italiani, i due sarebbero parte integrante di una maxitruffa all’IVA su cui gli inquirenti indagano da due anni nel settore del commercio di traffico dati internazionale VoIP. La tecnologia VoIP (Voce tramite protocollo internet) permette agli utenti di effettuare chiamate via intranet, utilizzate prevalentemente in ambito aziendale.

Il presunto gruppo criminale è sospettato, «tramite un sofisticato circuito di false fatturazioni» e facendo capo a società sparse in diverse nazioni europee, Svizzera compresa, di aver evaso l’IVA per almeno 150 milioni di euro.

Il trading di gas, il calcio

All’origine dell’inchiesta, per quanto possa sembrare strano, vi sarebbe una società di Faenza attiva nel trading del gas che, in difficoltà finanziarie, si sarebbe rivolta al 44.enne residente a Canobbio attratta dalle promettenti marginalità di guadagno da lui prospettate nel mercato VoIP, di cui affermava di avere una profonda conoscenza. Da lì era emersa una sottrazione dell’IVA per oltre 50 milioni di euro e alla società, ora sotto concordato, ed erano stati sequestrati averi equivalenti.

La seconda tornata di arresti, quella di questi giorni, si è invece concentrata sul Novarese. I due fratelli, uno presidente di una squadra italiana di calcio che milita in Serie D, sarebbero titolari di fatto di una serie di società cartiere nella presunta truffa imbastita dal 44.enne. Gli altri due arrestati a Novara sarebbero due italiani loro impiegati che «fungevano da reclutatori e coordinatori delle teste di legno a cui attribuire la rappresentanza legale delle società utilizzate nel circuito fraudolento». A questo giro gli inquirenti, parlando dell’emersione «di nuovi anelli della catena» hanno sequestrato averi per quasi 100 milioni di euro ai quattro arrestati, a due società di telecomunicazione e un’altra dozzina di persone. I due fratelli avrebbero usato i soldi frutto del presunto reato per fare fronte a propri debiti.

La Procura europea e il Canton Ticino

La Procura europea (EPPO) indaga sulla criminalità finanziaria di respiro europeo, che riguarda quindi più Stati dell’Unione. È operativa dal 2021 e da inizio 2023 ha un accordo di collaborazione con la Svizzera. Questa non è la prima volta che viene a bussare alla piazza cittadina. Più precisamente aveva chiesto e ottenuto documentazione da una fiduciaria luganese nell’ambito di un’inchiesta per un’altra frode carosello, stavolta nell’ambito del commercio di materiale tecnologico e informatico. La fiduciaria (ne abbiamo riferito qui) non era coinvolta ma per gli inquirenti il promotore della presunta truffa e la compagna «hanno sicuramente la disponibilità di un appartamento a Lugano».

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