Valanga di firme contro il «balzello»: «È stato voluto solo per fare cassetta»
Ci risiamo. Dopo sette anni, la tassa di collegamento dovrà nuovamente superare lo scoglio del voto popolare. Il comitato interpartitico (formato da esponenti di UDC, PLR e Centro/PPD) che ha lanciato l’iniziativa popolare per abrogare il «balzello» sui posteggi ha annunciato di aver raccolto oltre 14 mila sottoscrizioni (ne servivano 7 mila entro il 3 febbraio). «Un segnale importante», lo definisce il presidente dell’UDC Piero Marchesi. «Raccogliere più del doppio delle firme necessarie in così poco tempo dimostra che il tema è più attuale che mai». Visto il momento di incertezza economica, prosegue, «era imprescindibile per noi evitare l’introduzione di un’ulteriore tassa a carico di persone che spesso sono costrette a usare l’auto per raggiungere il posto di lavoro». L’iniziativa, inoltre, «si posiziona nel solco di quanto votato dai cittadini con il decreto Morisoli: bisogna smetterla di mettere le mani nelle tasche dei cittadini, soprattutto se le tasse sono finalizzate unicamente a risanare i conti del Cantone». Sì, perché secondo Marchesi, non va dimenticato che «quando il Governo presentò questa misura non celò che servisse anche per risanare le finanze dello Stato. A nostro avviso, quindi, è solo uno strumento per fare cassetta». E se l’obiettivo di ridurre il traffico «è condivisibile, il problema è la modalità. Questo tentativo non ha prodotto alcun effetto significativo. Non solo. Era stata venduta come una tassa per colpire i frontalieri e poi, alla prova dei fatti, si è rivelata a carico dei ticinesi».
«Disonestà intellettuale»
Critiche, queste, che il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali ha voluto rispedire al mittente, parlando di «disonestà intellettuale». «Che piaccia o no, questa tassa è stata avallata dal popolo e ora, quale grande esercizio di democrazia – sottolinea Zali, ironico –, si promuove una nuova raccolta di firme prima ancora che la legge entri in vigore». Entrando nel merito, poi, il consigliere di Stato evidenzia: «Non sono i cittadini a essere chiamati a pagare, bensì duecento grandi generatori di traffico». Inoltre, «questa tassa avrebbe dovuto permettere, nella probabile ipotesi che i datori di lavoro ribaltassero l’onere sui dipendenti, di chiamare alla cassa anche i frontalieri per i due terzi del totale. E sarebbe anche l’unico modo legale di esigere dai frontalieri un contributo per il traffico prodotto sulle nostre strade». Secondo Zali, sostenere che si tratti di una misura inefficace, «è pura disonestà intellettuale, visto che l’entrata in vigore della tassa è stata fissata per il 2025, per decisione del Gran Consiglio». E per quanto riguarda l’aspetto finanziario, il direttore del DT ricorda che «il Cantone ha finanziato il potenziamento del trasporto pubblico con uscite pari a 30 milioni all’anno e i proventi della tassa di collegamento erano vincolati proprio al finanziamento dei mezzi pubblici. E, almeno in parte, avrebbero partecipato ai costi i frontalieri. Con l’eventuale abrogazione della tassa, l’onere andrà a carico dei cittadini ticinesi. Quegli stessi contribuenti che questo comitato afferma di voler tutelare. In realtà, invece, qui l’unica tutela è nei confronti della grande economia. Legittimo, per carità, ma andrebbe detto chiaramente, senza nascondersi dietro ai cittadini».
Le ragioni degli iniziativisti
Eppure, secondo Gianluca Padlina, avvocato e iniziativista (Il Centro/PPD) «le argomentazioni a supporto dell’iniziativa sono molto chiare e la popolazione le ha ben recepite». In primis, osserva, «nonostante formalmente non sia mai entrata in vigore, di fatto la tassa di collegamento è stata prelevata ai dipendenti delle grandi aziende, senza però produrre alcun effetto sul traffico». Ma quel che è peggio, secondo Padlina, è che «ad oggi il Governo non è ancora stato in grado di spiegare a cosa dovrebbe servire concretamente, e questo è significativo. Se l’Esecutivo fosse davvero convinto della bontà di questo strumento dovrebbe perlomeno saper dire a quali risultati dovrebbe portare. In un momento di rincari, dover pagare una tassa anche per andare a lavorare o a fare la spesa è inaccettabile». Un concetto ribadito anche dalla deputata del PLR Cristina Maderni, secondo la quale «non è certamente il momento per gravare i cittadini di un’altra tassa. Tassa che, malgrado quanto si è ripetuto negli scorsi anni, non va affatto a colpire i frontalieri, bensì tutti i cittadini, indistintamente». E poi, osserva Maderni, «l’incentivo a usare i mezzi pubblici non è certo imputabile alla tassa di collegamento, quanto piuttosto a un potenziamento della rete del trasporto pubblico». Per contro, «la tassa di collegamento - nel periodo in cui è stata applicata, benché non incassata - non ha prodotto una diminuzione del traffico, dimostrandosi inefficace».
La reazione della sinistra
Di tutt’altro avviso, per contro, il co-presidente del PS Fabrizio Sirica. «Fa piuttosto sorridere - premette - che chi per anni ha usato quale slogan principale il fatto di rispettare il voto popolare ora vada contro quello stesso volere popolare. Per di più, raccogliendo firme contro una tassa che invero non è mai entrata in vigore». Detto questo, Sirica si dice convinto che «si debba usare qualunque strumento disponibile per ridurre il traffico sulle nostre strade. E l’introduzione della tassa di collegamento, come peraltro hanno stabilito i ticinesi con il loro voto, potrebbe essere uno strumento da provare per tentare di arginare il problema del congestionamento stradale. Avrei quindi preferito che si aspettasse almeno di vedere che effetti avrebbe prodotto, considerando pure che era prevista una fase di monitoraggio degli effetti. Invece, è del tutto evidente che ci troviamo di fronte a un’opposizione puramente ideologica».
Una visione, quella di Sirica, condivisa dalla co-coordinatrice dei Verdi Samantha Bourgoin: «Non è vero che la tassa è entrata in vigore. E non è vero che la pagavano in maggioranza i ticinesi. Raccolgono firme prendendo in giro i cittadini», premette la deputata ecologista. «La tassa è stata pensata per dissuadere l’utilizzo dell’automobile nei grandi parcheggi, soprattutto nelle zone di confine, e diminuire così il traffico. Abrogandola, non si risolve nulla». E quindi, chiosa Bourgoin, «quella che loro definiscono una vittoria, in realtà è una finta vittoria, perché non risolve i problemi che questa tassa voleva risolvere. E chi in futuro si ritroverà in mezzo al traffico, saprà chi ringraziare».