Versioni di facciata
Non capita spesso che a far notizia sia qualcosa avvenuto ormai un decennio fa, ma il nostro recente articolo (vedi correlati) relativo al restauro della casa patriziale di Cadro a opera del Patriziato stesso nel 2013 – restauro che potrebbe portare alla revoca della tutela dell’edificio come bene culturale locale in quanto si sarebbe persa «buona parte della sua sostanza storica» – ha suscitato molta curiosità, anche perché erano rimaste aperte diverse domande: come mai non è intervenuto nessuno? Chi doveva vigilare lo ha fatto? Durante la procedura è andato storto qualcosa?
Dal punto di vista del Patriziato di Cadro, ci aveva riferito il vicepresidente Demis Fumasoli, tutto era andato per il verso giusto: era stata fatta la domanda di costruzione e l’esecuzione dei lavori rispecchiava il progetto presentato. Tanto che il Patriziato stesso ai tempi aveva pubblicizzato l’avvenuto restauro, anche perché esso aveva permesso di recuperare un edificio di nucleo ormai fatiscente e inutilizzato.
Finitura rustica, colori da definire
Una conferma in questo senso giunge dalla Divisione edilizia privata di Lugano, che abbiamo contattato per avere informazioni riguardo alla procedura. Dopo «una ricerca in archivio più laboriosa del previsto siccome il progetto risale al periodo precedente all'aggregazione» tra Lugano e Cadro (completata nel 2013), il direttore Sandro Montorfani ci ha infatti riferito che il Patriziato ha in effetti presentato una domanda di costruzione con procedura ordinaria nel 2011 e che «i lavori eseguiti rispettano il progetto approvato, compresa la realizzazione delle finestre al piano terreno e l'intonaco sulle facciate». «A mio modo di vedere – ha aggiunto – da parte del Patriziato il lavoro è stato realizzato in modo corretto». Nella domanda di costruzione del 2011, oltre alla fotografia centrale, per quanto riguarda le facciate (sono loro le beneficiarie della tutela, non l’intero edificio) si legge che «saranno completamente reintonacate con una finitura rustica con colorazione da definire con le autorità comunali».
«Avevamo raccomandato»
«Se avessimo seguito il cantiere questo risultato non ci sarebbe stato», ci ha detto il capoufficio Beni culturali Endrio Ruggiero. Non si tratta però di un’ammissione di responsabilità, né di voler addossare colpe, in quanto – precisa il nostro interlocutore – l’UBC segue unicamente i cantieri relativi a beni tutelati a livello cantonale. La facciata della casa patriziale è per contro tutelata solo a livello locale: «Il compito di vegliare sull’esecuzione di lavori sui beni locali è quindi dei Comuni. Per prassi l’UBC, pure nel rispetto delle competenze, non dà preavvisi negativi a meno che non vengano presentate proposte di demolizione o interventi altamente invasivi. Se non è il caso, ci limitiamo a rendere attente le autorità locali su determinati aspetti dei progetti di restauro».
In questo senso, secondo Ruggiero, è da leggere il parere dell’UBC sulla domanda di costruzione del 2011, che recita: «Tenuto conto della tutela sul piano locale dell’edificio ci permettiamo di segnalare l’importanza di curare i vari aspetti esecutivi (tetto, lattoneria, intonaci, serramenti, tinteggiature, colori, eccetera)».
Resta un dubbio, anche alla luce della recente proposta (condivisa da Città e Cantone e invisa al Patriziato) di revocare la tutela: con gli occhi di oggi il restauro del Patriziato è giudicato, almeno implicitamente, invasivo dall’UBC stesso. Quindi perché non fermare tutto prima del primo colpo di piccone? «Il risultato dell’intervento non è cosa che si poteva stabilire a priori dalla domanda di costruzione – spiega Ruggiero. – È il risultato di una serie di scelte di dettaglio e di aspetti che è possibile definire nella fase esecutiva e quindi dopo la domanda di costruzione: gli stessi, in definitiva, che avevamo raccomandato di tenere d’occhio nel nostro parere. Quello esecutivo è un aspetto fondamentale che per i beni locali non possiamo controllare e verificare, anche per una questione di risorse umane. Nella domanda di costruzione non era indicato, per esempio, di che colore sarebbe stata dipinta la facciata. Né quali specifici materiali sarebbero stati usati per intonacare, o altre questioni su spessori e raccordi con gli elementi esistenti».
La verifica durante il cantiere, sostiene l’UBC, sarebbe dunque spettata agli organi comunali: «Questo è un tema che, in fondo, ancora oggi è attuale: rileviamo infatti sempre sensibilità e competenze diverse sul territorio cantonale legato ai differenti livelli di preparazione e di esperienza dei tecnici».
Nella documentazione
Oltre all’intonacatura, per la proposta di revoca della tutela vengono citati altri due motivi: le nuove finestre disposte simmetricamente in sostituzione delle aperture settecentesche di varie forme, e la sostituzione delle solette con conseguente distruzione dei soffitti. Le nuove finestre erano segnate in rosso nella domanda di costruzione (come si può vedere nell’immagine) e nell’incarto, nella sezione «coperture», si parlava di «nuovo tetto della casa».