Progetti e aggregazioni

Voto «last minute» sull'autosilo: i motivi dello stop del Governo a Bedigliora

Annullata la decisione del Legislativo sul credito di 2,6 milioni per realizzare l’opera a meno di tre mesi dalle elezioni – A pesare il mancato accordo tra i Comuni e l’impatto finanziario per le casse di Lema
L'autosilo sarebbe dovuto sorgere all'entrata est del nucleo storico. © CdT/Chiara Zocchetti

Fermi tutti. La decisione dello scorso dicembre del Consiglio comunale di Bedigliora di approvare il credito di 2,6 milioni per realizzare un autosilo, utile alla pedonalizzazione del nucleo storico, è stata annullata. E questo perché non tutela gli interessi del futuro Comune di Lema. Firmato: il Consiglio di Stato. A poco meno di tre mesi dalle elezioni differite per designare l’Esecutivo e il Legislativo della nuova realtà istituzionale malcantonese, il Governo affossa l’ultimo atto politico della storia del piccolo comune di Bedigliora. La decisione si basa su due aspetti: il mancato accordo con gli altri Comuni, riuniti in un’apposita commissione consultiva, e l’impatto finanziario per le casse di Lema. Senza dimenticare che mancano meno di tre mesi alle elezioni differite che porteranno alla nascita nel nuovo Comune.

Rapporti condizionati?

Non è mai stato un segreto che ci fosse un po’ di maretta attorno al progetto dell’autosilo, a cui Bedigliora – è bene sottolinearlo – sta lavorando da decenni. Ciò nonostante, nel rapporto finale della Commissione di studio sull’aggregazione (di cui fanno parte due rappresentanti di Novaggio, Curio, Miglieglia, Bedigliora e Astano, ossia i Comuni che daranno vita a Lema), l’autosilo figurava fra le opere di priorità 1, cioè quelle da realizzare su un orizzonte di tre anni. Tutti concordi, quindi, che l’opera fosse strategica per la nuova realtà amministrativa. La contrarietà, piuttosto, si è palesata sul modus operandi scelto da Bedigliora, sfociato in seguito nel messaggio municipale per la richiesta di credito e in una segnalazione da parte di terzi al Consiglio di Stato e alla Sezione enti locali (SEL). «Il coinvolgimento con gli altri Comuni c’è stato, anche se un po’ all’ultimo minuto, ma in Commissione è mancata una maggioranza favorevole», spiega il capo della SEL, Marzio Della Santa. Sull’opportunità dell’opera, come detto, i Comuni erano sostanzialmente d’accordo, «ma i rappresentanti in Commissione avevano chiesto che fossero gli organi istituzionali del Comune di Lema a decidere su modalità, tempi, prelievi e a stabilire le priorità e la strategia di realizzazione». La SEL, continua il caposezione, «ha promosso un tentativo di conciliazione, mettendo sul tavolo alcuni emendamenti che avevano come scopo quello di permettere a Bedigliora di lanciare un messaggio politico (l’opera è necessaria), ma senza che questo fosse vincolante. L’aspetto negativo è che tutta questa vicenda potrebbe condizionare i rapporti tra Comuni e futuri quartieri. Che è quello che si voleva evitare con la conciliazione».

C’è amarezza

E ora? Il Municipio di Bedigliora ha facoltà di impugnare la decisione del Consiglio di Stato, anche se i tempi stringono. Dopo l’aggregazione, prevista per il prossimo 6 aprile, la palla passerà nel campo dell’Esecutivo di Lema, che potrà decidere se mantenere la contestazione oppure se ritirarla. Intanto, a Bedigliora c’è amarezza per la misura del Governo. «Non ci siamo illusi che potesse arrivare una decisione positiva visto l’iter travagliato», commenta il sindaco Tiziano Belloni. A gennaio dell’anno scorso, una circolare della SEL era giunta sul tavolo dei cinque Comuni in cui veniva indicata tutta una serie di provvedimento volti a tutelare gli interessi del futuro Comune. «Ma facevano riferimento alle nuove opere, non a progetti già in corso – puntualizza il sindaco –. Noi abbiamo solo proseguito con un’opera di cui si sono fatti i primi passi concreti nel 2016, quando il Consiglio di Stato ha riconosciuto il dissodamento del terreno e si parlava già della costruzione di un autosilo». L’opera è stata indicata sia da Belloni sia da altri municipali come in grado di autofinanziarsi. «Se il voto sull’aggregazione non fosse andato in porto, avremmo portato avanti il progetto lo stesso. Se l’autosilo è stato considerato finanziariamente sostenibile da Bedigliora, tramite sussidi cantonali, contributi di miglioria e posteggi a pagamento, come fa a non esserlo per Lema?».

Come per le imposte di Camorino, mentre a Cadro...

Quello andato in scena a Bedigliora è un film già visto, anche se tanti anni fa e con una trama leggermente diversa. Cadro, ottobre 2012. In attesa di sapere se l’aggregazione con Lugano, sette mesi più tardi, supererà l’esame delle urne, l’allora Comune riduce il moltiplicatore dall’ottantanove al settanta percento. Settanta come quello della Città, che però non gradisce e chiede al Consiglio di Stato di fissare d’imperio l’aliquota al settantotto percento. Questo da un lato per minimizzare l’impatto sulle casse di Palazzo civico, dall’altro per non creare un pericoloso precedente per le future aggregazioni (invece andrà proprio così: un anno prima di unirsi a Lugano, anche gli ex Comuni della Val Colla scenderanno al settanta). Lugano è forte del parere espresso in precedenza dalla Sezione Enti Locali, che aveva considerato la scelta di Cadro «non conforme al principio dell’equilibrio finanziario, oltre che altamente inopportuna tenuto conto della procedura d’aggregazione in corso». Da Palazzo delle Orsoline, tuttavia, arriva una doccia fredda: pur considerando la decisione «senz’altro discutibile sotto taluni aspetti», il Governo non la blocca perché, conti alla mano, non vede un trasferimento improprio di oneri a Lugano, e quindi gli estremi per intervenire come autorità di vigilanza (piccolo particolare: Cadro dirà no alla fusione restando indipendente e al settanta percento per un anno in più). Finale diverso a Camorino. È il gennaio 2017 e il Consiglio comunale approva un moltiplicatore all'ottantacinque percento che, probabilmente, comporterà un deficit di oltre due milioni. Camorino sta però per confluire nella nuova Bellinzona. Insieme al suo deficit. Così, il Consiglio di Stato interviene e porta l’aliquota al novantacinque percento. Sei commissari della Gestione di Camorino contestano la decisione del Governo fino al Tribunale federale, ma perdono.

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