Zali: «A volte avrei potuto fare di più, parlare meglio al cuore delle persone»
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Claudio Zali a tutto tondo, quanto fatto e quanto attende ancora di essere realizzato tra i dossier nelle mani del Dipartimento del territorio, con la voglia di proseguire, ma facendo anche un po’ di autocritica. E, ovviamente, non manca qualche considerazione sui rapporti con l’UDC. E senza troppi giri di parole.
Claudio Zali, il suo dipartimento è competente su questioni complesse, dossier che si trascinano per anni tra ostacoli burocratici. Per un «uomo del fare» come lei è frustrante?
«Sì lo è. Fatico ad accettare i tempi lunghi della politica, in particolare per le cosiddette «grandi opere», la cui genesi si misura in decenni se non addirittura in generazioni. Eppure sono infrastrutture necessarie, la cui mancanza ci penalizza quotidianamente».
Il problema del Ticino è la ricorsite acuta o c’è dell’altro?
«Le opposizioni e i ricorsi sistematici rendono più impervia la gestazione di un’opera, di per sé complessa. Prima l’opera deve essere collocata e pianificata in un luogo possibilmente concordato (impresa tutt’altro che semplice alle nostre latitudini), indi vanno richiesti, in fasi successive, i crediti di progettazione di massima e definitiva e parallelamente deliberati i relativi mandati. Ognuna di queste procedure è referendabile o soggetta a ricorso, con due gradi di giurisdizione. Poi si deve chiedere il credito d’esecuzione, con un terzo passaggio in Gran Consiglio, quindi si pubblica il progetto definitivo e si apre la fase delle opposizioni, solitamente numerose e suscettibili di tramutarsi in ricorsi avanti all’autorità giudiziaria. Da ultimo le delibere dei lavori di esecuzione, anch’esse impugnabili sino al Tribunale federale, e finalmente si può iniziare a lavorare. Come vede, è lungo già solo riassumere il percorso da compiere».
Ad oggi è soddisfatto di quanto ha realizzato da quando è in Consiglio di Stato?
«Purtroppo non è nella mia natura. La soddisfazione lascia presto spazio al rammarico per quanto non si è ancora riusciti a fare. Per le cose che non funzionano, per ciò che non è giusto. Mi dico che avrei potuto fare di più, oppure più in fretta. Avere idee migliori, essere più convincente. Parlare meglio al cuore delle persone».
Capita che questioni non controverse finiscano presto nel dimenticatoio. Come i 50 milioni di franchi che Berna verserà per interrare l’autostrada ad Airolo. Tra il dire e il fare è stata una passeggiata?
«La copertura ad Airolo è stata una grande idea partita dal basso, ovvero dal Comune, che si è trasformata in proposta concreta grazie a Jürg Röthlisberger, direttore di USTRA e - aggiungo - amico del Ticino e dei ticinesi. Un esempio di come realizzare una strada oggi, cercando il miglior connubio tra le esigenze della mobilità veicolare e quelle del paesaggio e dei cittadini toccati dall’opera. Il Cantone ci ha messo gli altri 50 milioni, con grande convinzione e senza che si levassero voci contrarie».
Veniamo al controverso PoLuMe destinato a rilanciare il Mendrisiotto. Lei capisce chi si oppone?
«Razionalmente no. La situazione oggi è a dir poco insoddisfacente non solo per il Mendrisiotto, ma per l’intero Sottoceneri. Ricordo che nei primi tempi in cui ero in Consiglio di Stato molte voci si erano levate per contestare l’iniziale intenzione di USTRA di mettere mano a questo tratto di strada solo dopo il 2040. Ora che abbiamo ottenuto un anticipo di 10 anni ecco che soprattutto dal Mendrisiotto si levano molte voci contrarie. Con il cuore capisco i timori di chi è preoccupato dai potenziamenti stradali, ma non fare nulla su questo tratto di autostrada non migliorerà le cose».
Chi dice no è da considerare retrogrado?
«Al contrario, per certi versi taluni avversari del progetto guardano avanti, ad un Ticino in cui la mobilità non sarà più così dipendente dall’uso dell’autovettura. Ma realisticamente questa visione non è destinata a realizzarsi presto. Rinunciare a quest’opera significa perpetuare per decenni un Sottoceneri spaccato in due negli orari di punta dall’intasamento di un’autostrada che lo divide invece di unirlo».
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Un giorno dichiarò «nella Lega sono il garante del verde». Oggi le cose stanno ancora così?
«Direi proprio di si. Considero un privilegio potermi occupare in prima persona della protezione dell’ambiente ed essere addirittura responsabile delle politiche settoriali in Ticino».
In materia di edilizia privata il Ticino è troppo di manica larga nel concedere permessi?
«Il vero tema non è la concessione del permesso di costruzione. Il problema è a monte e risiede nella pianificazione del territorio fatta dai Comuni con i piani regolatori. Se una zona è dichiarata edificabile dal PR e il progetto presentato è conforme ai parametri di zona, vi è (giustamente) il diritto del proprietario all’ottenimento della licenza edilizia».
Con le oscillazioni borsistiche il mattone rimane un bene rifugio. Alla fine si finisce per costruire troppo, oltre le reali esigenze?
«Il fermento edilizio non si spiega solo con la difficoltà di ottenere rendimenti sicuri e costanti con altre forme di investimento. Nell’ultimo ventennio si è costruito molto perché gli accordi bilaterali hanno causato un chiaro aumento della popolazione residente. Inoltre, la rinuncia al segreto bancario ha imposto un ripensamento del modello economico, con conseguente forte aumento di addetti in altri settori, da cui ulteriori nuove costruzioni e pressione sul territorio. Vedremo se l’attuale tasso di sfitto si riassorbirà con il tempo. Si evoca da anni una possibile bolla immobiliare ma i prezzi sono in ascesa quasi costante. Come che sia, è fondamentale che il settore edile, che in questi anni è stato trainante per la nostra economia, rimanga in salute».
Ma in Ticino si costruisce «bene» o «male»?
«Mi sento di dire che oggi in Ticino si costruisce molto più bene che male».
Da Berna è giunta la decisione di accordare un condono per le costruzioni fuori zona, si tratta dell’annoso problema dei rustici. È la soluzione migliore per tirare una riga e ripartire?
«In realtà non è stato un vero «condono», cioè un atto che ha reso legale ciò che prima non lo era. Il legislatore federale ha solo codificato un termine di prescrizione di 30 anni della facoltà di far rimuovere un’opera abusiva, termine che si applicava già sino a che una sentenza del Tribunale federale ha sconfessato questa prassi. Meglio che niente, ma rimane moltissimo da fare a livello federale per giungere ad una soluzione ragionevole per i nostri rustici, e sono migliaia, siti fuori dal perimetro del PUC-PEIP».
Nei prossimi quattro anni quale grande opera vorrebbe vedere partire con un suo colpo di piccone?
«Almeno due: il Tram-treno del Luganese e la Circonvallazione Agno-Bioggio».
Le finanze cantonali in difficoltà rischiano di minare la progettualità e gli investimenti del Cantone?
«Il Governo non intende rinunciare agli investimenti previsti, che sono necessari sia all’economia che li realizza che ai cittadini che ne beneficiano. Anche la progettualità deve essere mantenuta, focalizzandosi sulle reali necessità della popolazione e in particolare delle sue fasce più fragili. Il compito, non facile, sarà quello di trovare gli spazi di manovra finanziari a discapito di ciò che non è strettamente essenziale».
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Lo slogan della Lega per queste elezioni è «Continuità». Dov’è finito il leghismo arrembante di un tempo?
«La «continuità» a cui ci si riferisce non è quella dei seggi leghisti in Governo o delle posizioni raggiunte, ma riguarda la persistenza medesima della Lega e del suo spirito. Uno spirito profondamente ticinese, con un DNA barricadero che i successi raggiunti impongono, quanto meno ai Consiglieri di Stato, di declinare in chiave istituzionale».
Con il passare dei mesi i rapporti tra lei e l’UDC stanno migliorando?
«Io non ho rapporti con i vertici dell’UDC».
La prossima legislatura si troverà sul tavolo la questione della «Tassa di collegamento». Il nodo su questo tema è politico o finanziario?
«Il problema è in primo luogo politico e riguarda i fondamenti stessi della nostra democrazia. Ritengo profondamente sbagliato che si torni a votare su di una legge già accettata dal popolo prima ancora che essa sia entrata in vigore, a maggior ragione quando la legge medesima prevede un periodo di prova. Lo reputo un affronto alla volontà popolare, una grave mancanza di rispetto, un comportamento assai poco democratico da parte dei promotori, credo senza precedenti in Svizzera».
Quella che inizierà con le elezioni del prossimo 2 aprile sarà la sua ultima legislatura?
«Ne parliamo il 3 aprile».
La Domenica del Corriere, alle 19 su Teleticino
Claudio Zali e i dossier nelle mani del Dipartimento del territorio saranno al centro della puntata de La domenica del Corriere. Al dibattito parteciperanno altri quattro candidati al Governo: Paolo Caroni (Il Centro), Luca Renzetti (PLR), Samantha Bourgoin (PS-Verdi) ed Evaristo Roncelli (Avanti con Ticino&lavoro).