Processo

Tragedia di Sementina: «Quell'incidente si poteva evitare con la giusta attenzione»

Alla sbarra il 61.enne che il 28 giugno 2023 investì e uccise una 17.enne in sella alla sua moto e che deve rispondere di omicidio colposo — L'accusa ha chiesto un anno di carcere sospeso — La difesa il proscioglimento
© Rescue Media
Irene Solari
18.02.2025 11:45

«L'incidente era evitabile: sarebbe bastato prestare la giusta attenzione per evitare di investire quella motocicletta. La violazione degli obblighi di prudenza è stata la sola causa che ha portato alla morte di una giovane». Così il procuratore pubblico Zaccaria Akbas si è espresso nei confronti del 61.enne italiano comparso questa mattina davanti alla Corte delle Assise correzionali, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, per rispondere di omicidio colposo. Il pp nella sua requisitoria ha quindi chiesto per l'uomo una condanna a una pena detentiva di un anno, sospeso per un periodo di prova di due anni. 

La tragedia

Il caso approdato oggi in aula è quello del tragico incidente avvenuto a Sementina il 28 giugno 2023. Un incidente che aveva spezzato la vita di una 17.enne del Bellinzonese. La giovane, mentre circolava all’incrocio tra le vie Ticino e Locarno in sella alla sua motocicletta, era stata investita dal camion guidato dal 61.enne che la seguiva procedendo nella stessa direzione. Vani, purtroppo, i soccorsi: la 17.enne era deceduta sul posto a causa delle gravi ferite. Una vera e propria tragedia che aveva scosso tutto il Cantone, suscitando profondo cordoglio e incredulità nella popolazione.

«Sono distrutto»

«Sono distrutto, non mi sarei mai aspettato in tutta la mia vita che succedesse una cosa del genere», ha ribadito dal canto suo l'imputato, rispondendo alle domande del giudice. «Sono angosciato, non riesco a tirare avanti. Non riesco nemmeno a dormire e devo prendere dei farmaci. Ho fatto l'autista per tutta la mia vita e ho sempre guidato bene, non ho mai preso multe e ho rispettato le distanze. Questa è una fatalità che non mi riesco proprio a spiegare», ha aggiunto l'uomo visibilmente scosso, raccontando di avere usato spesso quel camion e di aver percorso la strada dell'incidente almeno una decina di volte al giorno. «Era l'ultimo viaggio che dovevo fare quella giornata, poi avrei finito il lavoro. Ho visto la moto della giovane ripartire davanti a me all'incrocio e sono partito anche io, è bastato solo un attimo in cui ho girato la testa a sinistra per vedere che non arrivasse nessuno e ho sentito un sobbalzo».

«Avrebbe dovuto vederla»

Una distrazione, seppur di pochi secondi, che non sarebbe mai dovuta avvenire, ha evidenziato il pp Akbas. «La moto della vittima, che si trovava ferma insieme a quella del padre davanti a lui prima di immettersi nell'incrocio, era ben visibile dal camion anche dallo specchietto di ingombro fino a due secondi prima dell'impatto, così come la 'L' che richiamava l'attenzione sul fatto che la giovane fosse un'allieva conducente», ha proseguito l'accusa citando la perizia fatta sulle cause dell'incidente. «L'imputato non è stato attento a quanto avveniva davanti a sé, ha girato la testa a sinistra mentre aveva già messo in moto il camion senza guardare nella direzione di marcia e così facendo ha urtato e investito la giovane. Se avesse guardato davanti a sé o nello specchietto di ingombro avrebbe visto che la moto della 17.enne non era ripartita. Quando si è alla guida anche una disattenzione di un secondo costituisce una colpa».

Una famiglia annientata

Gli ha fatto eco l'avvocato Damiano Salvini, accusatore privato. «Avrebbe risparmiato la vita della 17.enne se soltanto avesse prestato maggiore attenzione. Solo un incosciente avrebbe messo in moto un camion di quella stazza a un incrocio senza guardare cosa succedeva davanti a sé». E ancora: «È stata una negligenza del tutto evitabile, e gli atti lo confermano in maniera chiara. Non ha ucciso solamente la giovane ma anche ha annientato tutta la sua famiglia che soffre e soffrirà in maniera indescrivibile. La vittima è morta in un modo tremendo sotto gli occhi del padre». Forse a lenire un po' le loro sofferenze - ha proseguito Salvini - «sarebbe bastata anche solo l’assunzione da parte dell’imputato della sua responsabilità, ma costui ha preferito trincerarsi dietro un atteggiamento processuale biasimevole e non ha fatto una sana autocritica. Non ha infatti parlato di errore ma di una fatalità che non sa spiegare. La sua negligenza è la spiegazione». «La sua colpevolezza è manifesta e la condanna è inevitabile», ha chiosato accodandosi quindi alle richieste della pubblica accusa.

«Tremenda fatalità»

«Ci troviamo davanti a una tragedia immane: una giovane vita è stata spezzata e due famiglie sono state distrutte, un dolore  incommensurabile. Purtroppo però quanto accaduto è stata una tremenda e difficilmente accettabile fatalità», ha detto dal canto suo l'avvocato Andrea Rigamonti, patrocinatore dell'imputato. «Sono 30 anni che il mio assistito fa questo lavoro, ha passato centinaia di ore al volante e percorso migliaia di chilometri senza mai avere nessun tipo di problema. Adesso anche la sua vita è distrutta, gli è stato diagnosticato un disturbo da stress post traumatico e sta seguendo una terapia psicologica». Il difensore ha poi ripercorso gli ultimi secondi prima del tragico impatto. «Bisogna precisare che l'uomo non ha urtato con il camion la moto della vittima facendola cadere. Purtroppo la giovane ha avuto un problema di padronanza del veicolo, dovuto forse anche alla sua poca esperienza, ed è caduta a terra mentre il mio assistito era girato a sinistra. Non era dunque più visibile quando l'uomo ha riportato lo sguardo sulla carreggiata».

«Nessuna negligenza»

«Non era nemmeno ipotizzabile che gli venisse normale di cercare la ragazza nel suo campo visivo con lo specchietto di ingombro - ha proseguito poi la difesa - non c’erano innesti di strade, piste ciclabili o strisce pedonali. Lui ha visto il capo libero e credeva che la giovane fosse ripartita, quindi ha proceduto alla giusta velocità, 10 chilometri orari». Secondo Rigamonti, il fatto che la vittima avrebbe perso in modo repentino la padronanza della motocicletta su una strada cantonale «costituisce un elemento non prevedibile: anche reagendo in un secondo non avrebbe potuto evitarla in nessun caso. Non si può quindi, a mente della difesa, rimproverare all'imputato l’imprevidenza colpevole». Per queste ragioni Rigamonti ha chiesto l'assoluzione del suo assistito.

La sentenza è attesa nel pomeriggio. 

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