Trump e i suoi nemici: immigrati, ecologisti, burocrati di Stato
La raffica di «ordini esecutivi» con cui Donald Trump ha inaugurato il suo secondo mandato presidenziale ha avuto, certamente, almeno due obiettivi: comunicare in modo inequivocabile una brusca inversione di tendenza rispetto alle politiche democratiche relative a questioni chiave lungo il versante del consenso, quali l’immigrazione, l’ambiente e le iniziative per la diversità. E soddisfare appieno l’appetito degli elettori repubblicani, dando loro quantomeno l’impressione di voler mantenere, sin dalle prime ore, le promesse fatte in campagna elettorale.
Una strategia informativa studiata da tempo, come dimostra anche il sito Web della Casa Bianca, totalmente rinnovato e “lanciato” in contemporanea con il giuramento in Campidoglio. Il portale della Presidenza americana è, in questo momento, una sorta di specchio fedele del trumpismo 2.0: un approccio alla politica che il tycoon ha voluto addirittura ammantare di misticismo religioso quando, riferendosi all’attentato del 13 luglio scorso in Pennsylvania, ha detto: «Sono stato salvato da Dio per rendere l’America di nuovo grande».
Una duplice finalità
Alcuni degli ordini di Trump sono già stati contestati nelle aule dei Tribunali, altri sono puramente simbolici. Ma, al di là del loro possibile esito, tutti rispondono a una duplice finalità: danno ai sostenitori di Trump un senso di progresso e, soprattutto, spostano la pressione politica sugli oppositori, sui democratici, i quali saranno costretti a giocare di rimessa nel tentativo di annullare o frenare le decisioni del presidente.
Intervistato dal Washington Post, Thad Kousser, professore di Scienze politiche alla University of California San Diego, ha spiegato la situazione in modo semplice ma estremamente chiaro: «Donald Trump vuole muoversi con coraggio e immediatezza. L’accelerazione dell’uso degli ordini esecutivi permette ai presidenti di dichiarare le vittorie politiche il primo giorno invece che nei primi 100, di essere cioè in grado di rivendicare subito un’agenda politica, quando gli occhi del Paese sono puntati su di loro. Ai presidenti interessa non soltanto ciò che viene deciso, ma anche ciò che viene rappresentato. E non importa se tutto questo sarà ribaltato dai Tribunali o dal successivo presidente: avranno ottenuto comunque una vittoria».
L’esempio che meglio può far comprendere quanto il risultato finale possa essere distante dagli ordini esecutivi firmati dai presidenti appena eletti riguarda l’avversario forse più determinato di Trump: nel gennaio 2009, il democratico Barack Obama firmò l’ordine di chiusura di Guantánamo Bay, la base statunitense a Cuba diventata, negli anni, simbolo degli eccessi e delle ingiustizie della cosiddetta «guerra al terrore». Sedici anni dopo, la base è aperta e ospita ancora 15 detenuti. Semplicemente perché l’amministrazione Obama non è mai riuscita a trovare Stati disposti ad accogliere i sospetti di terrorismo nelle carceri all’interno dei loro confini.
Lotta al Deep State
Ma che cosa ha veramente deciso Trump con i suoi «decreti»? In campagna elettorale, il tycoon aveva promesso dazi sulle importazioni, crescita economica senza alcun limite, espansione dell’industria manifatturiera, incremento della produzione interna di energia, espulsioni di massa degli immigrati irregolari. Inoltre, aveva parlato di smantellamento di alcuni regolamenti federali e di sradicamento della burocrazia federale, definita lo «Stato profondo» (Deep State) e accusata di essere la causa principale del mancato successo di alcune sue politiche.
Martedì, dopo aver giurato, Trump ha quindi innanzitutto annullato 78 azioni esecutive attuate dall’amministrazione Biden e riguardanti un’ampia gamma di argomenti: dalla promozione dell’equità razziale alla lotta alla discriminazione di genere; dal contrasto del cambiamento climatico alla riduzione dei costi dei farmaci da prescrizione. Non solo: il presidente ha cancellato le sanzioni ai coloni israeliani accusati di violenza contro i palestinesi in Cisgiordania e cancellato il divieto delle trivellazioni in alcune aree considerate ambientalmente sensibili o a rischio.
Trump ha pure cassato l’ordine con cui Biden aveva abrogato il divieto per il personale transgender di prestare servizio nell’esercito degli Stati Uniti, confermando in verità una decisione che aveva preso già nel suo primo mandato.
Con un altro ordine esecutivo, tra i più controversi e sicuramente destinato a finire sotto la lente della Corte Suprema, Trump ha poi deciso di limitare l’efficacia del XIV emendamento della Costituzione, quello che garantisce ai nati negli Stati Uniti la cittadinanza (Ius Soli). I funzionari federali, sulla base di un regolamento che dovrà essere emanato entro 30 giorni, non potranno più riconoscere la cittadinanza dei bambini nati negli USA ma figli di immigrati privi di status legale. Allo stesso modo, la cittadinanza per diritto di nascita sarà negata ai bimbi nati da cittadini residenti negli Stati Uniti con visti temporanei di lavoro, studenteschi o turistici. Ben sapendo di non poter modificare la Costituzione (cosa per cui serve una maggioranza parlamentare qualificata), Trump e il suo staff giuridico hanno reinterpretato il XIV emendamento nel passaggio in cui si fa riferimento alle persone «non soggette alla giurisdizione» del Paese.
Emergenza immigrati
Numerosi anche i decreti relativi all’immigrazione, a partire dalla dichiarazione di emergenza nazionale al confine Sud, lungo il quale - anche questo è diventato oggetto di un ordine specifico - sarebbe in corso una vera e propria «invasione». In concreto, Trump ha ordinato di fermare l’ammissione di rifugiati negli Stati Uniti per «almeno quattro mesi» e ha intimato all’Esercito di «sigillare i confini» con l’obiettivo di porre fine alla migrazione di massa illegale, al traffico di droga e ad altri crimini. Il Governo federale dovrà fornire alle forze armate truppe, spazi di detenzione, droni, mezzi di trasporto - compresi gli aerei - e altri servizi per aumentare la sicurezza delle frontiere. Ma, anche in questo caso, tutto avverrà «subordinatamente alla disponibilità di stanziamenti» e non prima che il Pentagono avrà presentato una relazione sulla situazione esistente (per redigere la quale sono stati concessi 90 giorni).
Infine, tra le altre decisioni, Donald Trump ha firmato una lettera alle Nazioni Unite con la quale si comunica il ritiro degli USA dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e ha commutato le condanne di 14 persone accusate di reati legati alla rivolta del 6 gennaio 2021, concedendo anche la grazia «a tutti i condannati per i fatti relativi a quanto successo vicino al Campidoglio il 6 gennaio 2021».