Vivere senza soldi (o quasi) si può

L'autore del saggio "Gratis" spiega come cavarsela con pochi mezzi economici
Carlo Silini
03.07.2014 06:13

Leggi il titolo del libro («Gratis. Fare tutto (o quasi) senza denaro», scritto per Ponte alle Grazie, Altreconomia edizioni) e ti dici: fosse vero! Eppure il suo autore, il giornalista ed editor italiano Massimo Acanfora – che ha già scritto altri saggi di economia solidale, come «Un'altra birra»; «E ora si Ikrea» e «Coltiviamo la città» – ci crede sul serio che in tempi di denaro scarso e di crisi conclamata si possa vivere senza troppo dipendere dal denaro. Diventando un po' più zen, più frugali, più essenziali. Facendo decrescere i nostri desideri, anche. E riscoprendo valori immateriali che sono gratuiti non perché non valgono, ma perché non hanno prezzo. Lo abbiamo intervistato.

Acanfora, partiamo dai fondamentali: che cosa significa la parola «gratis»?

«La parola gratis è un etimo latino e sostanzialmente è una storpiatura di 'gratia' e significa qualcosa fatto per benevolenza. Il significato è quindi prima di tutto un significato di rapporto, di relazione con gli altri, ancor prima che economico».

E di tutto questo cosa è rimasto oggi?

«È rimasta in un qualche modo la magia che la parola ci richiama. Quando una cosa è gratis in un qualche modo ne siamo attratti. Ho visto code chilometriche al parco Sempione per ricevere un cestone di pic nic anche se poi ovviamente era di scarso valore. Ancor più oggi che il denaro non è particolarmente abbondante. È rimasta questa connotazione che ce la rende gradita, ma del significato originario resta abbastanza poco. Quando diciamo 'lo faccio gratis' sembra che ci riferiamo a qualcosa che non abbia un così grande valore. Invece ha una valenza importante da altri punti di vista».

Come mai si tende a diffidare di ciò che è disponibile gratuitamente?

«Un po' per quel senso che si tratti di qualcosa di poco conto (se no non sarebbe gratis). D'altra parte perché non siamo abituati a vedere qualcuno che fa qualcosa senza ottenere una contropartita. Abbiamo sempre l'impressione che ci sia dietro un inganno. E spesso c'è. A volte le promozioni commerciali si basano proprio su un invito gratuito che nasconde l'intenzione di promuovere un prodotto».

Un capitolo del suo libro è dedicato al cibo. In teoria, visti gli enormi sprechi alimentari, sarebbe possibile mangiare a costo zero per tutti. Ma non è un'utopia la ridistribuzione del cibo eccedente a chi non ne ha?

«Lo è nella misura in cui non siamo in grado di attuarla da un punto di vista logistico. Come quando si dice al bambino 'finisci quello che hai nel piatto e pensa ai bambini dell'Africa' e il bambino risponde 'ma non glielo puoi dare direttamente tu il cibo ai bambini dell'Africa?' Insomma, questa cosa ha un suo lato difficile che è quello logistico e burocratico. Tante volte le leggi non bastano per poter sciogliere i vincoli per portare il cibo avanzato in un supermercato a una mensa dei poveri o ad altre destinazioni. In realtà il discorso è molto più complicato. Non è il cibo che eccede una volta confezionato che può essere distribuito e risolvere il problema della fame».

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