La testimonianza

Cancelliamo la felicità di un sorriso

La Confederazione intende vietare le adozioni internazionali – Oggi Berna e il Consiglio federale cancellano centinaia di storie d’amore con un colpo di spugna
Flavio Viglezio
29.01.2025 18:00

L’adozione è una storia d’amore. Come tutte le storie d’amore, non sempre va a buon fine. Come tutte le storie d’amore è fatta di sogni, di speranze, di dubbi, di lacrime di gioia e di tristezza. Certo, al contrario di quanto accade tra due adulti, c’è di mezzo la felicità di una bambina o di un bambino. No, non è la stessa cosa, ma resta una storia d’amore. L’adozione è un lungo cammino che nasce quasi sempre da una sofferenza. Da un desiderio di diventare una mamma e un papà che, per mille ragioni, non si concretizza. Da un piccolo lutto però può nascere un percorso bellissimo. «Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori», cantava Fabrizio De André.

L’adozione è un lungo percorso. Un viaggio interiore, prima di tutto. Individuale e di coppia. Un viaggio che aiuta a crescere, a capire meglio il proprio essere. Un viaggio che unisce ma che, al tempo stesso, mette alla prova la solidità di una coppia. No, non si decide di adottare per sfizio, senza una profonda riflessione. I nove mesi di una gravidanza, nell’adozione, diventano anni. Anni di un’attesa a volte sfiancante, fatti di incontri con medici, psicologi, assistenti sociali che penetrano con giustificata violenza nell’intimità di una donna e di un uomo. Anni di un interminabile iter burocratico, di documenti da fornire, di carte da firmare, di bolli e timbri che attestano l’idoneità di una coppia ad avere la fortuna, il privilegio e la gioia di diventare mamma e papà. L’esperienza personale dice che nel nostro Paese non si scherza, con le adozioni. Anzi, le ferree regole alle quali si deve sottostare tolgono, in alcuni momenti, un pizzico di spontaneità. Ma si accetta tutto, per dare e ricevere amore. Perché sì – non serve a nulla negarlo – si adotta anche per la propria felicità. Individuale e di coppia. Che male c’è?

Il lungo viaggio non si ferma in Svizzera. La lunga attesa si trasferisce in seguito dall’altra parte del mondo. Ogni Paese ha le proprie regole. Altri documenti da fornire, carte da firmare, visite a consolati e ambasciate, altri bolli e timbri. Mamma Svizzera c’è sempre, osserva che tutto proceda secondo la legge. Certo, c’è di mezzo la felicità di una bambina o di un bambino. Cinque anni più tardi – sull’aereo – speranze, sogni e preoccupazioni pesano mille volte più dei bagagli. Un piccolo paesino sperduto in mezzo al nulla, un aeroporto presidiato da militari con i fucili spianati, una camera d’albergo dove il caldo e l’umidità ti tolgono il fiato.

Poi però tutto svanisce, come per incanto. Basta un sorriso, il primo sorriso. Può arrivare subito, o dopo qualche ora. A volte ci vogliono giorni, per fidarsi di due sconosciuti, per accettare di stringere una mano. «Non si vede bene che con il cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi», scriveva Antoine de Saint-Exupéry nel Piccolo Principe. Basta un sorriso, per iniziare una storia d’amore. Per sentirsi mamma e papà e per avvertire allo stesso tempo un immenso senso di responsabilità. Un figlio non è «adottivo», è semplicemente un figlio.

Oggi Berna e il Consiglio federale cancellano centinaia di storie d’amore con un colpo di spugna. In nome di irregolarità accadute in passato o di potenziali rischi futuri. Che nessuno vuole negare, anzi. «Per tutelare i bambini», dicono dalla capitale federale. Come se i genitori biologici fornissero maggiori garanzie riguardo al benessere di un figlio, rispetto a chi sceglie la via dell’adozione. Con un freddo comunicato e in un asettico progetto di legge che verrà, è come se la Svizzera facesse un salto all’indietro di cent’anni o più. Sarebbe bello se Beat Jans, il consigliere federale all’origine di tutto ciò, potesse guardare negli occhi ogni bambino felice grazie all’adozione internazionale. Chissà se avrebbe il coraggio di dirgli: «Sai, l’ho fatto per il tuo bene». Forse basterebbe un sorriso, il primo sorriso, per fare marcia indietro.      

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