Il commento

C'è posta per te, firmato re Carlo

Vi sareste mai immaginati che il bullo muscoloso insediatosi alla Casa Bianca si sciogliesse come burro alla prospettiva di un weekend coi reali inglesi nell’intimità esclusiva del castello di Balmoral?
Antonio Caprarica
13.03.2025 06:00

Strane cose succedono, in questo Ventunesimo secolo soglia di un futuro più minaccioso che mirabolante. «Le magnifiche sorti e progressive» preconizzate per l’umanità dai positivisti ottocenteschi si allontanano nella nebbia. La democrazia sembra arretrare perfino nel paese, gli Stati Uniti, dove appariva inestirpabile. E in mezzo a tanto sfracello, l’istituzione politica che noi moderni giudichiamo un puro anacronismo, quella reliquia medievale che è la monarchia, mostra invece il suo volto più affidabile e affabile.

Vi sareste mai aspettati che nel mezzo della lite quotidiana tra le due sponde dell’Atlantico una volta amiche, si stagliasse come paciere la figura sofferente di re Carlo? Vi sareste mai immaginati che il bullo muscoloso insediatosi alla Casa Bianca si sciogliesse come burro alla prospettiva di un weekend coi reali inglesi nell’intimità esclusiva del castello di Balmoral? Eppure è accaduto, e per di più sotto gli occhi del mondo.

Una scena memorabile. Il premier britannico sir Keir Starmer, in visita a Washington per tentare di ricucire almeno in parte lo strappo tra USA e Ucraina, siede nello Studio Ovale accanto al presidente Donald Trump, che a beneficio di telecamere e giornalisti ostenta la sua abituale aria da padrone del mondo. Starmer cerca di apparire amichevole e sorridente, poi si porta la mano a una tasca interna della giacca e, voilà, ne estrare una candida busta che consegna all’ex amico americano. «L’invito personale di Sua Maestà», dice all’ospite. Trump la apre, ne estrae il foglio fittamente ricoperto dal testo di Carlo, ed eccolo lì, l’uomo più potente del mondo, con l’aria estasiata di un bambino a cui abbiano appena assicurato una visita a Disneyland. Due giorni a tu per tu nel buen retiro scozzese del sovrano britannico, l’erede di una corona millenaria. E quando mai se lo sarebbe sognato un palazzinaro di Brooklin?

Se ci fosse stato ancora bisogno di una prova della straordinaria capacità attrattiva cha la monarcha inglese continua ad esercitare sul resto del mondo, eccola qui, davanti a tutti. Gli studiosi di geopolitica lo chiamano softpower, ed è il potere dell’immagine, della tradizione, della cultura, dell’eredità storica, completamente all’opposto dell’hardpower che è la forza bruta delle armi e dell’economia, il potere della coercizione.

In una vecchia intervista di quarant’anni fa, Carlo disse che la sua ambizione era di essere un healer, un guaritore delle fratture prodotte nell’uomo contemporaneo dal prevalere del materialismo. Obiettivo decisamente troppo ambizioso, mentre quello di oggi appare più realistico e alla sua portata: essere un uomo di pace in un mondo più lacerato di quanto sia mai stato negli ultimi ottant’anni. Non a caso, quando lo sventurato Zelensky é arrivato a Londra dopo la pubblica umiliazione subìta da quel maleducato di Trump (è il minimo) nello Stadio Ovale, è stato re Carlo ad aprirgli le porte di Buckingham Palace e ad accoglierlo con tutti gli onori. Era il modo silenzioso ma plateale di ribadire da che parte sta la ragione e il diritto mentre Russia e America apparecchiano una nuova Monaco ai danni dell’Ucraina.

A Londra, sottovoce, molti si interrogano sulle prospettive di questa «età carolina», che appare destinata a non essere molto lunga. La remissione del cancro ha graziato Kate ma non il re, che ancora affronta una severa terapia oncologica. È ammirevole, sul piano puramente umano, l’energia e la determinazione che riesce ancora a mettere nello svolgere i suoi compiti istituzionali. L’altro giorno, a Westminster Abbey, ha presieduto alle celebrazioni della Giornata del Commonwealth, che l’anno scorso la malattia in fase acuta l’aveva costretto a saltare. Così come accaduto anche a Kate, e per gli stessi motivi.

Quest’anno c’erano entrambi. Carlo smagrito, il volto scavato e arrossato ma senza dar segni di resa al male. La principessa di Galles, invece, tornata in forma smagliante, elegantissima in cappotto e fascinator (mini-cappellino) rosso fiammante, coi tacchi 12 alta quanto il marito: una coppia fantastica, la quint’essenza del glamour (altro che le presunte lezioni di stile di Meghan). William e Catherine, dicono i sondaggi, godono di identica popolarità al livello record del 74 %, quasi come la scomparsa nonna Elisabetta. Colpisce la dignità e l’umanità di questa coppia, perfino nel turbine della malattia, il manifesto senso del dovere, la misura e compostezza. È duro da ammettere, accidenti, per un repubblicano come me. Ma ci sono momenti in cui certi prodotti della democrazia, da Trump a Orban, fanno quasi rimpiangere la monarchia (almeno quella costituzionale).