Il commento

Il rinnovo del Crus? No, con Joe Mansueto era giusto guardare oltre

Tra i tanti quesiti posti al proprietario unico dell'FC Lugano non si è insinuato quello sul futuro dell'allenatore ticinese - È un bene: ospite e occasione non lo meritavano
Massimo Solari
29.10.2024 06:00

La questione è rimasta lì, sospesa per 45 minuti. Ha aleggiato sull’intera conferenza stampa di Joe Mansueto, senza tuttavia trovare il pertugio giusto per fare irruzione al LAC. «Ma come? Non avete chiesto del rinnovo di Mattia Croci-Torti?». A margine dell’incontro con il patron bianconero, l’interrogativo è stato sollevato sia da alcune persone presenti in sala (sottovoce), sia da numerosi tifosi che hanno voluto commentare le parole dell’uomo forte della società (con i soliti toni perentori). Oddio, non hanno tutti i torti. E però, dopo aver masticato, rimasticato e digerito le dichiarazioni dell’imprenditore e mecenate americano, siamo ancor più convinti che ospite e occasione non meritassero la domanda. Per certi versi - e usiamo un termine volutamente forte - sarebbe stato avvilente.

È vero, Mansueto non si è risparmiato quando si è trattato di affrontare alcuni temi tanto sostanziali, quanto «sexy» per chi ama il cosiddetto hype: dalla conquista del titolo alla necessità di rimpolpare l’attacco del Lugano. Ma lo spessore, la visione e i principi di quell’uomo minuto seduto di fronte alla platea avevano lo stesso diritto di emergere. Ne valeva la pena. Sì, è valsa la pena guardare anche oltre al contratto dell’allenatore più amato dalla piazza. Il proprietario del club, per esempio, si è soffermato a lungo sulle ragioni del personale coinvolgimento nel mondo del calcio. Un coinvolgimento, sin qui, in clamorosa perdita. D’accordo, per un plurimiliardario inseguire una fantasia di questa portata e fragilità forse non comporta notti insonni. Ma - razionalmente - richiede una dose enorme di coraggio e altruismo. Perché, dopo tutto, parliamo di un individuo solo, non di un fondo d’investimento e di rischi distribuiti su migliaia di speculatori. «A differenza della politica - ha spiegato Mansueto -, il calcio è una cosa bella per il mondo: unisce persone con background differenti, mischia le culture». E il gol di un argentino, su assist di un polacco nato in Germania, o quello di un tunisino, per la gioia di un tecnico che «l’è vün di nòss», in fondo hanno sublimato questa prospettiva.

Che poi Joe Mansueto non è mica solo romanticismo e carezze a uno (i Chicago Fire) e all’altro figlio (il Lugano). È fiducia incondizionata nel progetto e nelle figure che sono state scelte per concretizzarlo. Con i loro successi e i loro demeriti. Per dire: dopo aver fallito per cinque stagioni consecutive l’obiettivo playoff, ieri l’oramai ex direttore sportivo (e membro del CdA bianconero) Georg Heitz è stata la figura più elogiata dal capo. Frank Klopas, coach in uscita reduce dall’ultimo posto nella Eastern Conference, è invece fresco di nomina a vicepresidente degli affari calcistici. Non solo. Dopo aver investito 100 milioni di dollari per un nuovo centro d’allenamento in Illinois, 16 milioni di franchi per rendere ancora più attrattiva la futura arena luganese, il proprietario mira a realizzare - a spese proprie - un altro impianto a Chicago. Per quanto? Altri 150 milioni di dollari? Se volete definirlo un pazzo ingenuo fate pure. Noi riteniamo queste e altre dimostrazioni una bella assicurazione su un futuro felice. E chissà che al momento della vostra lettura, anche il Crus non ne abbia appena sottoscritta una.

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