La doppia ascesa di Keir e Zara
Sir Keir Starmer, il leader del Partito Laburista che domani a quest’ora sarà con ogni probabilità il nuovo premier del Regno Unito, ha più del nome in comune con il mitico Keir Hardie che fu il fondatore e primo leader del Labour 120 anni fa. Come lui proviene dalla classe operaia, e se oggi può fregiarsi del titolo di «sir» è solo per il talento e lo studio che dopo averlo fatto brillare a Oxford – primo della famiglia ad andare all’università – lo hanno condotto sin sulla poltrona di capo delle Procure del regno. Un curriculum che non dovrebbe lasciar dubbi sulla sua lealtà al trono. Ma a Londra c’è chi si chiede se per caso con l’omonimo novecentesco l’odierno Keir non condivida anche il sentimento antimonarchico. I laburisti nacquero repubblicani ma fecero presto a capire che non avrebbero mai vinto sfidando un’opinione pubblica massicciamente monarchica. Per converso, la Corona li temeva come la peste. Ma quando le elezioni diedero vita nel 1924 al primo governo laburista, re Giorgio V che in privato si chiedeva angosciato come si sarebbe comportata la nonna Vittoria, in pubblico non batté ciglio. E fece del suo meglio per mettere a loro agio tra i lussi delle regge ministri come «MacDonald l’affamato, Thomas il macchinista, Henderson il fuochista di fonderia e Clynes l’operaio tessile», secondo la sprezzante anagrafe del nuovo governo stilata dai nobili cortigiani. Molti anni dopo anche la nipote Elisabetta, superata l’iniziale diffidenza, fece del laburista Wilson uno dei suoi premier preferiti, ma non si scaldò mai per il giovane Blair. Che in principio riuscì ad affascinare Carlo, ancora principe del Galles, salvo poi trovarlo petulante e formale non meno di quanto l’erede al trono lo considerasse arrogante e presuntuoso. Naturale che a Londra ci si interroghi come sarà il rapporto tra Carlo III e il nuovo leader di un Labour tornato al potere dopo 14 anni di astinenza. Ai tempi di Elisabetta nessuno si sarebbe posto l’interrogativo. Ma per la monarchia di oggi la stabilità dell’«era elisabettiana» è solo un agognato ricordo.
Dopo il fallimento della Brexit, la società britannica è inquieta e incline a chiederne il conto alle élites dirigenti. In primis, ovviamente, i conservatori responsabili del disastro. Ma lo scontento non esclude il trono, se è vero (lo dicono i sondaggi) che gli umori repubblicani non sono mai stati tanto diffusi. A Buckingham Palace si studiamo contromisure. Dopo la fuga del principe Harry e l’esilio del duca di York, appare chiaro che un trono circondato da settantenni e passa ha disperato bisogno di facce nuove e pulite per tornare attrattivo agli occhi delle giovani generazioni. A Corte è scattata l’«operazione Zara». Si parla ovviamente di Zara Tindall , figlia della principessa Anna , formidabile cavallerizza come la madre e di certo una dei Windsor più popolari tra i sudditi. In più, ha sposato nel 2011 una leggenda del rugby inglese come Mike Tindall, e incredibilmente per gli standard di famiglia sono ancora una coppia felice, affiatata e mai chiacchierata. Hanno tre magnifici bambini e si mostrano semplici e alla mano come nessun altro dei reali parenti. Chi meglio di loro per rilanciare l’immagine di una monarchia «in touch» con la gente comune?
Come nipote della sovrana regnante, Zara e il fratello Peter Phillips avrebbero avuto diritto a un titolo e a fregiarsi dell’appellativo di Altezza Reale. La madre aveva invece preferito per loro una vita normale. Ora le cose potrebbero cambiare. Se non per Peter, che alle soglie dei cinquanta preferisce ancora la vita del farfallone, almeno per Zara. A 73 anni suonati, mamma Anna (appena dimessa dall’ospedale dopo essere stata travolta da un cavallo) pare infatti stanca del suo forsennato ritmo di «working royal», con oltre 600 impegni all’anno. Zara, che non ha alcun ruolo ufficiale ma ha già rappresentato a titolo privato la famiglia, sarebbe perfetta per scivolare nei suoi stivali. Grande amica di William e Kate, è molto legata pure al reprobo Harry e potrebbe benissimo «lavorare per la Ditta», come si autodefiniscono i Windsor, anche senza esibire un titolo aristocratico. Atletica, energica, allegra è l’esatto contrario del tradizionale stereotipo della principessa delicata. Trasuda ottimismo da ogni sorriso. Di questi tempi, giusto quello che ci vuole per tirar su il morale della famiglia e dei sudditi.