Il commento

La leggenda del principe aviatore a Los Angeles

Avendo abbandonato nel 2020 il club più esclusivo del mondo, il principe Harry è appena diventato membro di un circolo quasi altrettanto prestigioso: nientepopodimeno che «The Living Legends of Aviation»
Antonio Caprarica
25.01.2024 06:00

Avendo abbandonato nel 2020 il club più esclusivo del mondo, il principe Harry è appena diventato membro di un circolo quasi altrettanto prestigioso: nientepopodimeno che «The Living Legends of Aviation», le Leggende Viventi dell’Aviazione. Tra i premiati quest’anno a Los Angeles (e dov’altro, sennò?) c’era anche lui. E la notizia ha fatto il giro del mondo suscitando con la sorpresa anche un fiero dibattito. Effettivamente il duca ha pilotato un elicottero Apache nei suoi mesi di servizio in Afghanistan tra il 2012 e il 2013, e ha svolto anche altre missioni di addestramento in USA e Australia. Dunque, sa volare. Ma basta questo per diventare «una leggenda dell’aviazione»? «No davvero», si indigna lord West, ex First Sea Lord e capo di Stato maggiore della Royal Navy. «Suggerire che lui lo sia, è patetico. D’altro canto, questo premio è solo un massaggio dell’Io tra celebrità egomaniache». L’albo d’onore lascia pochi dubbi. Colpisce che dei 330 mila piloti registrati nel mondo, la lista dei premiati includa solo divi hollywoodiani e mega-miliardari. Angelina Jolie, Morgan Freeman, Tom Cruise, Kurt Russell, John Travolta, Harrison Ford, e fuori dallo schermo, Bezos, Musk, Branson. Vero, hanno tutti la licenza di pilota, e di Ford che l’ha presa a 65 anni si ricorda la volta che portò il suo aeroplanino a schiantarsi su un campo da golf in California. Una leggenda.

Com’è noto, mentre Harry brindava con la crema del jet set californiano, a Londra le faccende si ingarbugliavano alquanto per i parenti Windsor che ancora perdono tempo a fare i reali. Ci è voluta quasi una settimana perché il duca e Meghan – che, astutamente, si è ben guardata dall’accompagnarlo alla premiazione– facessero gli auguri di pronta guarigione a papà Carlo e alla cognata Catherine finiti in ospedale. Alla buon’ora. Peraltro, sarebbe interessante sapere cosa e quanto i due illustri malati abbiano raccontato dei loro guai al «parente americano». Dopo la pubblicazione di Spare, che ha spiattellato i segreti di famiglia, la parola d’ordine tra i Windsor è una sola: non confidare alcunché di riservato a Harry e consorte.

L’inizio d’anno ha portato al principe anche cattive nuove nella sua crociata contro la stampa. Ha appena dovuto lasciar cadere una delle tante querele contro l’odiato Mail, prima che la bocciasse il giudice in aula. Il risultato è che dovrà pagare le 250 mila sterline di spese legali sostenute dal giornale, oltre alle 500 mila del suo avvocato. E il danno d’immagine è anche maggiore. Insomma, Meghan permettendo, tornare a fare il «working royal» sembrerebbe un tantino più gratificante che diventare una finta leggenda del volo.

Anche perché i malanni che affliggono il re e la nuora evidenziano il buco lasciato dalla partenza dei Sussex in questa nuova era di «monarchia dimagrita». Con William pure lui fuori gioco per assistere la moglie e curarsi dei figli, e Camilla a riposarsi – a 76 anni suonati– nella sua casa di campagna, a tirare la reale carretta non restano che la principessa Anna e il fratello minore Edward: a 74 e 60 anni, rispettivamente, non proprio due pischelli. In un mondo ossessionato da gioventù e bellezza, la famiglia reale contava sul glamour della coppia del Galles per spargere un po’ di polvere di stelle sulla vita e gli eventi della Corona. 

In loro assenza, Harry e Meghan avrebbero oggi un ruolo cruciale da giocare. Praticamente soli sulla scena potrebbero offrire al pubblico la giovinezza e il fascino usualmente prestati dai principi di Galles ai loro impegni istituzionali. Harry, a quanto scrive nelle sue memorie, si è sempre sentito «l’ombra, la riserva, il Piano B». Ma in realtà il palcoscenico reale è tanto vasto che avrebbe tranquillamente offerto ai Sussex un ruolo quanto meno da comprimari. Proprio come immaginava la scomparsa nonna Elisabetta, che sperava di fare della coppia i suoi principali ambasciatori nel Commonwealth. Sicura, come dice il veterano royal watcher Phil Dampier, che ogni loro visita, dal Canada alla Nuova Zelanda, sarebbe stata trionfale.

Fantasie irrealizzabili, per come si sono messe le cose. Ai suoi amici aviatori di Hollywood, Harry ha dichiarato che «volare lo ha aiutato a sentirsi libero». Tranne, evidentemente, che sul volo di ritorno Los Angeles-Londra.