La musica, a Cornaredo, è cambiata di nuovo
Sette giocatori al St. Jakob-Park, una settimana fa contro il Basilea. Sei sabato sera a Cornaredo, in occasione della delicata sfida con il Servette. Tanti sono i giocatori ai quali Mattia Croci-Torti ha rinunciato senza paura dopo averli schierati pochi giorni prima contro il Fenerbahçe, in Champions League. E se prendiamo l’alba delle stagioni 2022-23 e 2023-24 di Super League il paragone è allo stesso tempo clamoroso e carico di significato. Uno e due anni fa, in effetti, il Crus aveva affrontato il terzo turno del torneo con due formazioni quasi identiche a quelle schierate il weekend precedente. Uno, massimo due cambi. L’assenza di alternative in determinati ruoli e un numero già discreto di infortunati avevano obbligato il tecnico ticinese a forzare la mano in entrata. Il prezzo da pagare? Un’estate e un autunno segnati da risultati altalenanti. Prestazioni esaltanti seguite da passaggi a vuoto. Grande tenuta mentale e però anche blackout. Il Lugano aveva stretto i denti, non era mai crollato, rimanendo aggrappato al treno di testa. D’accordo. Ma la sensazione - soprattutto la scorsa stagione - è che l’assalto allo Young Boys sia stato frustrato troppo presto, alimentando semmai i rimpianti alla luce di un girone di ritorno da applausi.
La musica è cambiata. A riprova di un lavoro che dalle parti di Cornaredo non smette mai di guardare al progresso. Certo, presto o tardi l’infermeria accoglierà uno o più elementi. E prima o poi i mal di pancia passeggeri dei singoli lasciati in tribuna potrebbero trasformarsi in piccoli veleni. Giocarsi il titolo per davvero e ritrovarsi nuovamente fra le più belle d’Europa rappresenterebbe però la cura più potente a questi piccoli e inevitabili malanni. «Siamo in missione» è il nuovo mantra del Crus. Per chiarire allo spogliatoio e all’ambiente che il club non ha mai fatto così sul serio. Sì, pure in termini di mercato (l’assenza di terzini sembra un ricordo lontano...) e in attesa di capire se l’ingaggio di un terzo centravanti costituisca un lusso o - come crediamo noi - il tassello decisivo per chiudere il cerchio.
Sul piano continentale, la squadra si appresta a vivere il doppio scontro più importante. Superare il Partizan Belgrado significherebbe consolidare consapevolezze e reputazione. Significherebbe altresì far tentennare alcuni pezzi da novanta, come Belhadj, Bislimi e Valenzuela, logicamente corteggiati. Trattenere Hajdari, per contro, non è possibile e avrebbe altresì poco senso per una società a cui importa sempre di più vincere ma che non dimentica che cosa sono gli affari. E come si fanno.