Il commento

Ma la presunta logica, caro Lugano, non giustifica il silenzio

Per quanto preventivabile nella sostanza, l'esonero di Carlos Da Silva lascia l'amaro in bocca nella forma - La totale chiusura del club, a fronte di eventuali e legittimi chiarimenti, fa a pugni con la tanto decantata volontà di comunicare in modo trasparente
Massimo Solari
19.02.2025 06:00

Martin Blaser è una persona maniacale. In occasione delle cicliche conferenze stampa organizzate per aggiornare media e tifosi sugli sviluppi societari, il CEO dell’FC Lugano ama fare riferimento a date e citazioni significative. Il tutto senza incorrere nel minimo errore. Bene. Ci permettiamo di ricalcarne le orme, rispolverando l’incontro andato in scena lo scorso 16 gennaio al LAC. Quel giorno, Blaser aveva preso e mantenuto la parola per oltre un’ora. Illustrando, spiegando e approfondendo le complesse sfaccettature dell’organizzazione bianconera. Un’esposizione preziosa che il massimo dirigente aveva deciso di aprire con un tema. O, per dirla con il diretto interessato, con «un punto chiave» per l’azienda e il suo funzionamento: la comunicazione. Citiamo sempre Blaser: «Mi ricordo bene che ho detto “è così importante spiegare sempre, e a tutti, quello che uno intende”. Perché se pensi che l’altro possa dare la sua interpretazione e arrivare al senso auspicato, la chance di sbagliare è grandissima». Non solo. Il CEO aveva proseguito il discorso con un’ammissione di colpa: «Nel 2024 non siamo sempre stati i più bravi. E lo vorrei sottolineare».

Blaser non aveva fornito esempi concreti, ma - quale caso emblematico - non facciamo fatica a menzionare il pasticcio comunicativo sul (mancato) rinnovo contrattuale del capitano dei record Jonathan Sabbatini. Ebbene, purtroppo nel 2025 la musica non sembra essere cambiata. Anzi. Considerate le nobili intenzioni e la retorica dei vertici della società, quanto accaduto nelle scorse ore con l’esonero di Carlos Da Silva lascia esterrefatti. E con l’amaro in bocca. Sì, perché mettere bruscamente alla porta una delle figure del club più in vista, o perlomeno più in vista sino a qualche settimana fa, e non ritenere necessario chiarirne il motivo, fa completamente a pugni con la filosofia e i motti sbandierati gonfiando il petto. E si badi bene: giustificare questa totale chiusura con la logicità del provvedimento - oddio, sempre che non ci sia dell’altro... - è lecito ma francamente inaccettabile. A meno d’intendere in altro modo il valore della trasparenza, pure sottolineato a ogni piè sospinto da chi regge le redini.

Insomma, che l’intronizzazione di Sebastian Pelzer alla testa del Dipartimento sport avrebbe condotto a un possibile - finanche inevitabile - tramonto dell’avventura di Da Silva a Cornaredo era da mettere in conto. E però, lo ribadiamo, liquidare la questione con tre righe di comunicato non significa uscirne bene e men che meno soffocare sul nascere qualsivoglia speculazione. Peccato. Nel giro di quattro stagioni, il «nuovo» Lugano sta regalando alla piazza risultati, emozioni e - soprattutto - prospettive inimmaginabili sino all’altroieri. Mezzi, progettualità, competenze e ambizioni da club di primissima fascia non devono tuttavia consentire di fare astrazione del contesto in cui ci si muove. Dell’interesse pubblico, anche. E ciò, a maggior ragione, se ci si pone e vende verso l’ambiente all’insegna dell’informazione e della condivisione. Eh no, caro Lugano, la coerenza non funziona così. Perciò, ricalcandone le orme, ci siamo permessi di ricordare quanto si era promesso e come - purtroppo una volta di più - non si è agito di conseguenza.

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