Il commento

Ma ora, in Europa, il Lugano ha quasi tutto da perdere

Considerata la caratura degli avversari sorteggiati a Montecarlo, mancare i playoff costituirebbe un mezzo fallimento – Lo scarso fascino delle rivali, inoltre, rischia di rendere grigi i match alla Stockhorn Arena di Thun
Massimo Solari
30.08.2024 17:32

«Orgoglioso». Lungo il percorso a ostacoli di un’estate già internazionale, Mattia Croci-Torti ha espresso a più riprese questa parola. Questo stato d’animo. L’allenatore del Lugano si è detto orgoglioso dopo aver spaventato il Fenerbahçe di José Mourinho, dopo aver eliminato il Partizan Belgrado ed essersi assicurato la partecipazione a una Coppa europea, dopo aver creduto di poter tenere testa al Besiktas. E sì, il Crus ha ragione. C’è da essere fieri della società bianconera, per la seconda stagione consecutiva inserita fra le più belle e competitive del continente. Non era mai successo nella storia.

Si può altresì affermare che il club abbia compiuto dei passi avanti rispetto all’ultima campagna. Banalmente, basterebbe osservare il posizionamento del Lugano nelle fasce del sorteggio di Conference League, andato in scena al Grimaldi Forum di Montecarlo. Dodici mesi fa i bianconeri si trovavano nell’ultimo vagone, stipati sul fondo. Grazie ai successivi risultati nella fase a gironi e a quanto mostrato nei recenti preliminari, il Lugano ha guadagnato punti e caselle nella gerarchia. Di più. Le sei avversarie abbinate ai bianconeri nel nuovo formato dell’edizione 2024-25 - ora - suggeriscono un percorso vincente. Quasi lo impongono. Ambire direttamente agli ottavi di finale potrebbe scadere nella presunzione, d’accordo. Ma non chiudere tra il 9. e il 24. rango (su 36 compagini) costituirebbe un mezzo fallimento. Diverso il discorso per quanto riguarda il fascino delle rivali e – di riflesso – l’appetibilità delle trasferte a Thun per i tifosi. Sembra una maledizione, ma in quattro partecipazioni alle Coppe europee il grande nome è sempre rimasto un urlo strozzato in gola. Insomma, il club ha molto, quasi tutto, da perdere.

A parlare, va da sé, sarà il campo. E in questo senso, il citato orgoglio non basta per annebbiare la vista. Magari confondere le carte sul tavolo. Tra preliminari di Champions ed Europa League, le sei partite disputate dal Lugano non hanno fornito solo indicazioni positive. È oggettivo. Come non è in discussione che Steffen e compagni abbiano affrontato formazioni di spessore, mettendole tutte in difficoltà. Allargando lo sguardo, però, è possibile tirare le seguenti somme: il Lugano ha vinto una gara su sei, perdendone quattro entro il novantesimo. Il bilancio delle reti subite, oltretutto, deve far riflettere quanto l’assenza di alternative valide nel ruolo di centravanti. La compagine di Mattia Croci-Torti è stata trafitta la bellezza di 16 volte, per una media di 2,67 gol a partita. No, non sono pochi. A maggior ragione se si considera che l’unico e fondamentale successo ottenuto a Belgrado è arrivato con la porta di Saipi inviolata. Non da ultimo, la superiorità mostrata dal Besiktas nei 180’ del playoff di Europa League non è poi stata così differente da quella palesata lo scorso anno dall’Union Saint-Gilloise.

Insomma, questo Lugano non può ancora permettersi di sgomitare nella seconda competizione UEFA. Qualcosa, tuttavia, andrà sistemato anche in vista dell’appuntamento con la sorella minore, la Conference League, poiché il cuore, il coraggio e le idee – condivise con entusiasmo da staff tecnico e giocatori – non sono per forza assicurazioni sulla vita. Tradotto: diversi singoli saranno chiamati ad alzare ulteriormente il proprio livello. Dal portiere sino ad Aliseda. Ma, lo ripetiamo, a destare i maggiori interrogativi sono il sistema difensivo e la velenosità dell’attuale pungiglione bianconero. Di lavoro per Mattia Croci-Torti e il direttore sportivo Carlos Da Silva ce n’è dunque ancora. A mancare, soprattutto sul mercato, è però il tempo a disposizione. Mentre ve ne sarà sempre meno per lavorare insieme, complice il calendario intasatissimo. E che peccato sarebbe festeggiare il Natale dicendosi orgogliosi e allo stesso tempo perdenti.

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