Quel cartello «affittasi» a Buckingham Palace

Il 1992, «annus horribilis» nelle parole della stessa regina Elisabetta, ai Windsor oggi forse sembra una passeggiata a confronto con il diluvio di guai sanitari di questo inizio 2024. Ci vuole un cuore di pietra per non solidarizzare con un uomo che dopo aver atteso settant’anni la Corona per cui è stato messo al mondo, scopre appena sette mesi dopo l’incoronazione di avere un cancro dalla prognosi ancora ignota. E non è necessario un cuore di mamma per augurarsi che lo sconosciuto (ma certamente grave) malanno di una madre di tre figli abbia, e al più presto, un esito felice.
In tre circostanze – la malattia, la morte e il dolore – il diritto di un essere umano alla riservatezza va considerato inalienabile. Il problema è che se sei come Carlo il re d’Inghilterra, o come Catherine Middleton la futura regina, l’esistenza stessa dell’istituzione che rappresenti è legata alla tua vita. E i sudditi ritengono di avere il diritto di sapere tutto anche della tua malattia e della cartella clinica, se non altro perché sono loro che pagano – e profumatamente - il tuo sontuoso appannaggio. Questo è il dilemma che sta oggi di fronte alla casa dei Windsor, e che minaccia seriamente il suo futuro.
Ai tempi della grande Vittoria non c’erano la tv e i social, ma quando la regina affranta dal dolore per la repentina e prematura morte del marito quarantenne abbandonò per anni la scena pubblica, sulla cancellata di Buckingham Palace apparve il cartello «TO LET», AFFITTASI. Uno scherzo, ma mica tanto: era dai tempi della decapitazione di Carlo I che il movimento repubblicano non era così forte. Il Cancelliere dello Scacchiere del governo Gladstone fu lapidario: «La gente paga per il trono, la corona, lo scettro e tutto il resto dello spettacolo. E vuole vedere la protagonista». La regina fu costretta a tornare a Londra e ai suoi doveri.
Carlo III, che è un notorio workaholic, i suoi doveri non li ha mai abbandonati. Tra una seduta e l’altra della terapia anti-cancro, continua a studiare le carte della red box spedita ogni giorno da Downing Street e a ricevere premier e ministri. Ma in pubblico non compare più, e non si sa fino a quando. Ha passato la palla a Camilla, che da più di un mese macina impegni pubblici al posto del marito e anche del figliastro William costretto a frequenti assenze per curare la moglie malata. Alla fine pure Camilla si è arresa e ha staccato per una settimana di vacanze al caldo (località ignota). Tornerà per celebrare in pompa magna a Westminster Abbey il Giorno del Commonwealth, sempre da sola giacché il re farà la sua comparsa ancora soltanto in video.
Una foto «rubata» (o no?) della principessa del Galles in auto con mammà, viso gonfio e senza un filo di trucco, è servita almeno a mettere fine alle mille teorie cospirative che la volevano morta, in coma o in fuga dal marito. Ma la gravità della situazione per una famiglia reale ridotta all’osso è apparsa evidente alla cerimonia commemorativa del defunto ex re di Grecia Costantino II, parente e buon amico di Carlo. Nella cappella di san Giorgio a Windsor il re non c’era, il principe ereditario era atteso ma ha dovuto defilarsi appena mezz’ora prima per imprecisati motivi, e alla fine le figure reali di maggior spicco accanto a Camilla erano il reietto Andrea e la ex moglie Sarah «la Rossa», riaccolta in famiglia. Non c’è un inglese che spenderebbe un penny per essere rappresentato da «Andy Randy», come lo chiamavano in gioventù, ovvero (chiedo scusa per la volgarità) «Andreuccio l’arrapato». Figuriamoci gli 85 milioni di sterline annue corrisposte ai Windsor per il loro «lavoro».
E a proposito di «working royals», colpiva sotto le volte gotiche della cappella la considerevole età dei presenti. Camilla, 76; la principessa Anna, 73; il duca di Kent, 88; il duca di Gloucester , 79. Sugli 80 veleggiano anche, sebbene non più impegnati pubblicamente, il principe Michael di Kent e la moglie Marie-Christine, e alla luce di quanto si è saputo poche ore dopo la loro presenza alla commemorazione appare eroica. Erano entrambi lì pur sapendo ciò che il pubblico ancora ignorava, che il genero Tom Kingston, marito dell’unica figlia Gabriella, si era appena tolto la vita con un colpo di pistola alla tempia. Di suicidio nella più intima cerchia reale finora non si era mai sentito parlare. Ma i principi di Kent erano lì, di fronte a tv e fotografi, senza lasciar trapelare assolutamente nulla, fedeli alla massima nazionale: «Keep calm and carry on». Stai calmo e vai avanti.
Ma per quanto ancora è quel che i sudditi si chiedono dei Windsor.