L'editoriale

Cultura indipendente, dalle parole ai fatti

Autorità e rappresentanti della scena indipendente si sono parlati e «riconosciuti»: il dialogo è aperto e Lugano ha degli interlocutori credibili
Nico Nonella
15.02.2024 06:00

Una consegna, simbolica, di un documento avvenuta in un luogo simbolico, tra altrettanto simboliche strette di mano di fronte ai fotografi. Fin qui potrebbe essere la cronaca di uno dei tanti incontri istituzionali che finiscono con il partorire lettere d’intenti, gruppi e tavoli di lavoro e centri di competenze, fagocitati negli ingranaggi della burocrazia cantonticinese.

Questa volta, però, c’è materiale per essere ottimisti dopo l’incontro, la scorsa settimana, tra i rappresentanti delle realtà culturali indipendenti (Associazione Idra ma non solo) e quelli del Cantone e della Città di Lugano. Ottimisti perché in occasione della consegna della tanto attesa Carta della Gerra – il documento in cui la cultura indipendente ha avanzato le sue richieste alle autorità dopo l'esperienza positiva della Straordinaria – queste tre realtà sono riuscite a incontrarsi e, dunque, a riconoscersi come interlocutori.

Un passo all’apparenza semplice ma che non è stato scontato. Più di recente, un altro dialogo – quello tra gli autogestiti e la Città – si è bruscamente interrotto dopo l’ultima occupazione natalizia. Ma quella tra autonomi e Città era una trattativa la cui complessità era pari perlomeno alla ricerca del santo Graal con una cartina di Cimadera, visto che una delle due parti – gli "alternativi" – non ha mai riconosciuto l’autorità e l’altra – la maggioranza del Municipio – ritiene l’autogestione un tema «non prioritario». Ecco, dunque, che il reciproco riconoscimento tra i vari attori in gioco è un punto di partenza benvenuto. E va dato atto alle realtà indipendenti di essersi unite e «presentate» ufficialmente. Sia la Città che il Cantone hanno così mostrato segni di apertura. E proprio la disponibilità di Bellinzona a sedersi a questo metaforico tavolo è di per sé una notizia: quando la politica aveva avanzato la proposta di coinvolgere il Cantone per trovare una sede per l’autogestione anche fuori da Lugano, Bellinzona aveva lasciato la patata bollente nelle mani del Municipio.

Ma torniamo alla Gerra. Il DECS, ha affermato la direttrice Marina Carobbio, ha pronte delle linee guida per la legislatura sulla politica culturale. Tradotto dal politichese: l’impegno c’è, ma per azioni concrete bisognerà aspettare i tempi del Cantone. Più rapida lo può essere la Città di Lugano, e in questo senso il capodicastero Cultura Roberto Badaracco ha confermato che la Carta della Gerra «ci farà lavorare per raggiungere qualcosa di concreto». Per alcune delle cinque rivendicazioni – nuovi spazi, modalità di assegnazione degli stessi, finanziamenti, aggiornamento del quadro legislativo e riconoscimento della cultura indipendente – ci vorrà più tempo, ma il Municipio «vuole rispondere ai quesiti sul tavolo». Insomma, Lugano qualche passo lo può (già) fare, per esempio nell’ambito dei regolamenti sulle mescite o sui rumori molesti.

Più complessa, visti anche i precedenti, è però la richiesta di spazi da dedicare alle realtà indipendenti. Come evidenziato dal fragile dialogo con l’autogestione, il parco immobiliare della Città ha ben pochi edifici da adibire a questo scopo: tolti quelli per i quali è già sul tavolo un progetto edilizio, il tutto si riduce alle proposte già formulate all’indirizzo del SOA: un ex depuratore lontano dal trasporto pubblico, un capannone temporaneo, l’HG Commerciale, che tra qualche anno sarà al centro della riqualifica del Cassarate oppure dei capannoni del DSU dall’altra parte del fiume, che pure tra qualche anno si ritroveranno nel cuore o quasi del nuovo quartiere di Cornaredo. Questa volta, però, c’è un importante differenza che potrebbe facilitare le cose: la richiesta della cultura indipendente non è di avere una sistemazione definitiva e chi si è visto si è visto. La sede può anche essere temporanea, nell’ambito di un mandato a termine oppure in un edificio per il quale c’è già un progetto edificatorio in ballo ma per cui ci vorrà qualche anno. Nell’attesa, perché non farlo vivere per un po’?

Le premesse ci sono, la volontà (sembra) anche. Chissà che dalla ghiaia della Gerra non possa davvero fiorire qualcosa.

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