HC Lugano: due mattoni e una nuova credibilità

Arrivano dunque dalla Svezia i due primi mattoni sui quali il Lugano vuole costruire il suo rilancio. Tomas Mitell e Stefan Hedlund - i nuovi condottieri bianconeri - hanno tutte le carte in regola per ridare una certa credibilità a una squadra e ad un club reduci da una stagione catastrofica. Sgombrare dalla Cornèr Arena tutte le macerie accumulate negli ultimi mesi non sarà una passeggiata, ma nessuno chiederà miracoli al Lugano: lo staff tecnico fortemente voluto dal General Manager Janick Steinmann sarà soprattutto chiamato a riguadagnare l’affetto dei tifosi e il rispetto degli avversari. Questo non è il tempo dell’euforia, ma nemmeno del pessimismo. Il club ha davanti a sé l’ennesimo anno zero della propria storia e - se avrà imparato dagli errori commessi - potrà progressivamente dare vita a un nuovo corso. Più autorevole, più chiaro e più costruttivo rispetto al recentissimo passato. Dal letame - cantava Fabrizio De André - nascono i fiori.
Forse anche la dirigenza ha finalmente capito - pur senza ammetterlo pubblicamente, ma era chiedere probabilmente troppo - l’importanza di un cambio di rotta. Il famigerato e anacronistico «Gruppo Sport» è stato sciolto. Se il rispetto dei rispettivi ruoli verrà implementato anche a fatti e non solo a parole, a Lugano si potrà cominciare a guardare con rinnovato ottimismo al futuro.
Certo, dopo il ruolo di senior advisor assunto da Antti Törmänen qualche mese fa, il Lugano con Stefan Hedlund si è ora inventato il concetto di associate coach. Non proprio un inno alla trasparenza, anche se tutte le parti in causa affermano con decisione che i ruoli sono già stati perfettamente definiti. Sarà, questa, una delle principali conditio sine qua non per riportare il club bianconero a posizioni più consone alla sua storia e alle sue ambizioni. Non è il momento dell’euforia, ma nemmeno del pessimismo, si diceva. Ed allora - senza preconcetti, ma con un sano realismo - il tempo dirà se le sinergie tra la coppia di tecnici svedesi potrà dare il la ad un corso contraddistinto da una ritrovata serenità a tutti i livelli. Una serenità che - a breve-medio termine - conterà addirittura più di eventuali successi.
Non dipenderà ovviamente tutto da Mitell e Hedlund. Anzi, in questa primavera si sta rivelando sempre più pesante la figura di Steinmann. Che dovrà essere bravo ad utilizzare con intelligenza, lungimiranza e anche un po’ di furbizia le chiavi delle porte che aprono i meandri della Cornèr Arena. È ciò che è mancato al suo predecessore, Hnat Domenichelli, diventato così il facile capro espiatorio verso il quale la dirigenza ha puntato il dito per cercare un po’ goffamente di spiegare le ragioni della catastrofica annata. Il nuovo General Manager non ha altra scelta che procedere a testa bassa per creare una vera cultura aziendale bianconera. Rischioso, ma necessario. Non ha ancora potuto o voluto procedere ad un rinnovamento più globale di tutto ciò che ruota ormai da anni attorno all’universo Lugano, Steinmann. Roma, d’altra parte, non è stata costruita in un solo giorno.
Insieme al nuovo staff tecnico, il GM dovrà ora trovare i giusti tasselli sul mercato degli stranieri. Il rinnovamento bianconero - la ventata di aria fresca di cui il club ha tanto bisogno - passa anche da qui. Ripartire con un Calle Dahlström o un Jiri Sekac impedirebbe di fatto di staccarsi da ciò che è stato, dall’incubo vissuto da settembre fino al playout con l’Ajoie. La nuova credibilità che il Lugano va cercando impone anche scelte drastiche. I due mattoni dalla Svezia, per quanto solidi, da soli non basteranno.