I tre giudici sulla scena tra pubblico e privato

Dalla discrezione assoluta, quella che deve concernere ogni uomo o donna al servizio di uno dei tre poteri dello Stato, alla pubblicità esagerata di fatti, misfatti, abitudini e vizietti di natura privata. In sintesi, ecco il fil rouge che ha contraddistinto l’infelice trascorso al Tribunale penale cantonale (TPC), compresa la coda social e mediatica delle ultime due settimane. Ora dei tre giudici, il dimissionario presidente del TPC Mauro Ermani e i destituiti Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti si conoscono aspetti sconosciuti, per le parole di Ermani e per l’immagine in coppia, abbracciati, degli altri due. E poco ci interessa di chi porta i pantaloni o la gonna. Il problema è il ruolo che hanno avuto e che, con il ricorso in essere che mira a una reintegrazione, vorrebbero nuovamente ricoprire, quello di sedersi sullo scranno più alto e che richiede maggiore serietà nell’aula penale.
Nei mesi più caldi al TPC i due hanno tenuto un comportamento e una strategia di coppia che è ben descritta nella decisione del Consiglio della magistratura (CdM) che ha tolto loro la chiave dell’ufficio per direttissima. Si sono pure lamentati per l’eccessivo interesse mediatico, finendo poi per farsi immortalare loro stessi in un locale notturno del Locarnese finendo dritti dritti sulla pagina di Facebook, sapendo, o dovendo sapere, che quella foto sarebbe diventata virale. Un comportamento che, ricorso o meno, non lascia immaginare neppure al più menefreghista del senso dello Stato e della Giustizia, un loro ritorno sulla scena penale. L’assoluta discrezione da magistrato l’ha lasciata anche il presidente del TPC Ermani, ma l’intervista esclusiva che ha rilasciato al nostro settimanale La domenica ha solo un tratto in comune con la vicenda descritta: il passaggio dal privato al pubblico. Per il resto metodo e modi sono lontani anni luce. Ermani risponde a domande puntuali, anche scomode, si mette in gioco e non semplicemente in mostra. Poi lui giudice non è più, ha già dimissionato per motivi di salute. Non è stato oggetto di reprimenda alcuna dal profilo formale da parte del CdM e si è visto sollevato dall’infamia dell’accusa di pornografia. L’attacco era stato portato su questo livello ed è finito con un nulla di fatto. La si potrà pensare come si vuole, ma «dura lex, sed lex».
Ermani nella fase calda del TPC era rimasto in silenzio, i fatti dimostrano che non ha tramato dietro le quinte nell’intento di cercare applausi per interposta stampa. Ermani di errori ne ha compiuti, quella famosa foto con i due giganti falli in plastica trasmessi privatamente alla segretaria, non ci è mai piaciuta. L’interessato oggi ritiene che la donna in questione avrebbe dovuto chiedergli scusa, questo ci sembra invero eccessivo, perché la gestione poco oculata di quel litigio infantile tra due signore al TPC avrebbe richiesto anche da parte del presidente un intervento più deciso. Quando si era capito che era insanabile andava presa una decisione senza ritorno e tutti avrebbero dovuto distanziarsi dalla parte che, sostanzialmente, intendevano proteggere. Era sembrato e fatto apparire come «interesse superiore», ma andava nelle intenzioni dei non detto che portavano alla «convenienza di parte». E sulla tristemente famosa foto il tempo che scorre non attenua il nostro giudizio, che rimane negativo, severo, ma non distruttivo per un uomo che ha servito la Giustizia per ben 36 anni. Tanti processi, tante sentenze, tanta serietà nel silenzio più assoluto, nella discrezione che è il tratto caratteristico degli uomini e delle donne di Stato. Una vita tra gli incarti, i testi della legge e intento a vigilare sull’operato di procuratori e avvocati, spesso senza peli sulla lingua, pronto a riprendere chi andava lungo o a complimentarsi con chi mostrava saggezza dal profilo della legge. L’aula penale è stata la sua casa e non possiamo esimerci dall’esprimere un sincero rincrescimento per come si è chiuso l’onorato servizio.
I maligni hanno sentenziato che era fuggito prima di essere cacciato con disonore. A noi viene da dire, senza se e senza ma, che sulla malattia non si scherza neppure con chi è stato delinquente. Per combattere Ermani il Parlamento ha pure messo mano alla Legge sull’organizzazione giudiziaria in maniera da permettere al CdM una sospensione cautelare di un magistrato. Ed è quanto parte della politica voleva fare con il presidente e giudice. In attesa della decisione formale sulla richiesta di reintegro da parte di Quadri e Verda Chiocchetti, si appresta a calare il sipario definitivo su una vicenda triste per la Giustizia ticinese. Ma più si leggono e si approfondiscono le parole di Ermani, maggiore è il sentimento di qualcosa che si poteva evitare, semplicemente con un briciolo di volontà e buonafede, mettendo da parte i personalismi. D’altronde nessuno si sarebbe mai sognato di chiedere a giudici chiamati a vivere in solitudine, di allacciare amicizie all’interno del proprio ufficio. È una vicenda che sta amaramente dimostrando che chi di morale ferisce, di morale perisce.