Regina per sempre

Regina per sempre. Per noi contemporanei lo resterà finché avremo memoria. Quando Elisabetta salì al trono, nel 1952, Truman governava gli USA e Stalin guidava l’URSS. Sette decenni e 15 primi ministri dopo, lei era ancora lì, non per smania di posto ma perché così aveva giurato al momento di diventare principessa ereditaria: servirò il mio popolo fino all’ultimo respiro. È stata di parola. Ancora l’altro giorno ha nominato la sua quindicesima premier, Liz Truss, e ieri mattina avrebbe dovuto presiedere il Consiglio Privato del regno.
Si dice che per i re la prima misura del successo sia la durata, ed è giusto: ai tempi nostri, quando non vanno bene, la gente se ne libera facilmente. Ma non è stato questo timore a fare di Elisabetta un capo di Stato irreprensibile. In realtà, ciò che l’ha sempre animata è stato un incredibile, ineguagliabile senso del dovere e della responsabilità. Così, se prossima al secolo era ormai diventata un’icona planetaria, non è solo per la durata, o per i suoi incredibili completi color pastello, o per ieratica ritualità delle sue apparizioni pubbliche. Ciò che l’ha resa venerata e amata è stata la capacità di presentare virtù quasi sconosciute nell’epoca contemporanea: sacrificio, dignità, cura degli altri.
Così ha sempre concepito il suo servizio al Regno Unito. È stata, dicono gli storici, l’ultima rappresentante di una forma di monarchia definita «imperiale». Proprio perché il sovrano incarnava la grandezza, lo splendore, lo sfarzo e la potenza dell’impero che non c’è più. Quello che invece Elisabetta lascia al figlio, è soltanto lo scettro di una piccola isola e di un regno sempre meno unito, tra i fremiti d’indipendenza della Scozia, i malumori gallesi e l’irredentismo dei cattolici nord-irlandesi.
Negli ultimi anni Elisabetta si sarà chiesta se è riuscita oppure ha fallito nelle due missioni che si era data al momento dell’ascesa al trono: mantenere grande il suo Paese, salvare e rafforzare la dinastia. La risposta ce la daranno i prossimi mesi e anni. Di certo, se la sua epopea tranquilla ha alimentato negli inglesi la speranza di una seconda età elisabettiana, è perché il suo senso del dovere e la sua dignità hanno sempre riscattato i Windsor dalle paludi della soap opera.
Agli occhi dei sudditi la donna minuta che ha portato sulle spalle il peso di un secolo ha incarnato le virtù che il suo popolo ama attribuirsi: coraggio, autodisciplina, forza nell’avversità e sense of humor. Se a qualcuno sembra poco, dev’essere repubblicano.