Un Paese spaccato in cerca di certezze

Emmanuel Macron alla fine è giunto in testa nel primo turno delle presidenziali francesi. Tuttavia la sua rivale più temibile, Marine Le Pen, ha dato del filo da torcere all’attuale inquilino dell’Eliseo. E ora il giovane capo di Stato francese sarà costretto a partecipare con maggiore assiduità alla seconda fase della campagna elettorale, quella che chiamerà i cittadini nuovamente alle urne il prossimo 24 aprile per la battaglia decisiva. Il presidente uscente parte come favorito, considerato che la destra repubblicana, i socialisti e i Verdi hanno già invitato i loro sostenitori a votare Macron al secondo turno, per scongiurare una vittoria della candidata dell’estrema destra, o destra populista, a seconda dei punti di vista.
Dal canto suo Jean-Luc Mélenchon, candidato dell’estrema sinistra giunto saldamente in terza posizione con un bottino ragguardevole (attorno al 20% stando ai dati diffusi parziali), anche ieri sera, come era accaduto cinque anni fa al termine del primo turno delle presidenziali, si è rifiutato di invitare i suoi sostenitori a votare per Macron al ballottaggio. Tuttavia il leader di «La France insoumise» è stato molto esplicito nel chiedere ai suoi simpatizzanti di non dare un solo voto a Marine Le Pen; lo ha urlato per ben tre volte dal palco da dove si è congedato con i suoi «compagni», incitandoli a non arrendersi e a proseguire la loro battaglia. Ad ogni modo, nonostante l’ampio fronte politico deciso a scongiurare una vittoria della candidata di estrema destra al ballottaggio del 24 aprile, in Francia vi è anche chi, tra gli sconfitti, è pronto a punire l’operato del presidente negli ultimi cinque anni, votando a favore della Le Pen. L’altro esponente dell’estrema destra, Éric Zemmour, uscito piuttosto ridimensionato dal primo turno, ha chiesto esplicitamente ai suoi sostenitori di votare per la presidente del Rassemblement National, che potrebbe incassare voti anche dall’estrema sinistra, ma pure da una parte dei sostenitori di «Les Républicains», la cui candidata, Valérie Pécresse, non è andata oltre il 5% dei voti. Tale risultato, alquanto modesto, ha creato un senso di frustrazione tra i sostenitori e gli esponenti dello storico partito della destra repubblicana.
In effetti uno dei segnali che più hanno caratterizzato il primo turno delle presidenziali è stato proprio il crollo dei partiti storici. I socialisti di Anne Hidalgo hanno fatto ancora peggio dei «Républicains», fermandosi attorno al 2% dei voti, sempre stanno ai dati provvisori emersi ieri sera. Astensionismo in crescita e polarizzazione politica, uniti al crollo dei consensi dei partiti tradizionali sono segnali allarmanti per la società francese. Anche se Macron, parlando ieri sera dopo il successo riscontrato alla fine del primo giro di boa delle presidenziali, è tornato a ribadire la sua volontà di battersi per una Francia forte, in grado di primeggiare sia sul fronte economico che su quello scientifico. In effetti nel corso del suo primo mandato il presidente uscente è riuscito ad ottenere risultati positivi per quanto riguarda l'occupazione e la creazione di nuove imprese.
Tuttavia il rovescio della medaglia mostra una società nella quale sono presenti fasce di povertà estrema, gruppi di persone scarsamente integrate e persone con retribuzioni non in grado di reggere improvvisi aumenti di beni essenziali. Lo si era visto con le violente proteste di piazza guidate dai Gilet Gialli. Fenomeno che Macron aveva sottovalutato per alcune settimane prima di intervenire. La pandemia prima e la guerra in Ucraina ora, non rendono certo facile il compito del presidente. Ora Emmanule Macron ha due settimane di tempo per convincere i francesi che è in grado di sanare le spaccature emerse nella società e di dare nuove certezze ai suoi concittadini.