L'editoriale

Votare e rivotare su una tassa dormiente

L'iniziativa dell'UDC (con sostegno di esponenti del PLR e Il Centro) imbarazza la Lega e sollecita l'ammissione della realtà dei fatti: sarà solo buona per fare cassetta
Gianni Righinetti
27.10.2022 06:00

Quel piccone di leghista memoria viene ora impugnato dagli alleati-concorrenti del Movimento di via Monte Boglia nella corsa al Consiglio di Stato per abbattere la controversa Tassa di collegamento difesa, con grande determinazione e convinzione da Claudio Zali che, fino ad oggi, ha azzeccato ogni mossa: davanti al popolo prima e al Tribunale federale in seguito. L’UDC, dopo aver minacciato e poi annunciato il lancio di un’iniziativa per annullare il balzello a carico dei cosiddetti «grandi generatori di traffico», ha deciso di passare all’azione facendone il proprio cavallo di battaglia e il proprio segno distintivo in vista delle cantonali (con il sostegno esterno di rappresentanti di PLR e Il Centro). La decisione di correre a braccetto è una mera questione di convenienza elettorale, ognuno porta acqua al suo mulino, senza troppi salamelecchi, ma tirando dritto per la sua strada. L’ambizione dei due schieramenti di destra li rende avversari che si scrutano con reciproca diffidenza. La strategia dell’UDC è chiara: abbattere l’indigesta tassa che il popolo ha approvato nel 2016 con il 50,6% (1.445 i voti di scarto) dopo il referendum dei record che aveva portato alla raccolta di 24.084 firme. Ma un primato referendario non è sinonimo di successo alle urne. Persa la battaglia l’economia non si è data per vinta ricorrendo al Tribunale federale, che in piena pandemia, mentre le strade erano deserte per il lockdown, il 1. aprile 2020 respinse i 19 ricorsi definendo la tassa «legittima».

Tutto il resto è storia recente con il Gran Consiglio a decidere che i 18 milioni di franchi della tassa verranno prelevati, ma non prima del 2025. Ora l’UDC, rimettendo in discussione a livello popolare ciò che lo stesso popolo ha avallato, non si dimostra molto rispettosa dei capisaldi democratici che lo stesso partito sostiene sempre di difendere, ritenendo il popolo sovrano unico giudice in democrazia. La scivolata dell’UDC è palese, ma in sostanza, così ormai fanno tutti da destra e da sinistra, dove il PS mette in discussione il salario minimo perché quello attuale non soddisfa. Con la tassa di collegamento però l’anomalia è dettata dal fatto che quanto si vuole cancellare non è in vigore. E questo potrebbe essere un freno nella raccolta delle firme che poggerà su motivazioni ad oggi sostanzialmente astratte, di fronte a una data sì definita, ma va considerato che la tassa sul lungo termine rimane ipotetica. Infatti dopo tre anni dovrebbe essere valutata per definire se la fase di rodaggio sarà stata positiva o meno. Il congelamento odierno è il frutto di una scelta politica perché il momento non è propizio per aggiungere un ulteriore aggravio. Una valutazione che, e qui ha ragione l’UDC, fa sorridere: quando mai sarà il momento giusto per una tassa? Quando mai viene cancellata una tassa che porta sostentamento alle casse dello Stato? Oggi assistiamo all’UDC picconatrice di fronte a una Lega che appare imbarazzata e tassaiola, ma che non può voltare le spalle a Zali in questo delicato momento con le elezioni all’orizzonte. Al ministro della Lega vanno riconosciute determinazione e coerenza, unitamente al fatto di non essere responsabile della primogenitura di questo balzello che risale al 1994 ed è rimasto dormiente per 20 anni prima di essere scovato nelle pieghe della Legge sul trasporto pubblico. Il Governo ha deciso di rispolverare questa tassa vestendola di un intento lodevole: diminuire il traffico e ridurre gli spostamenti. Ma questa non è altro che una maschera tesa a nascondere il vero e unico fine: fare cassetta mettendo le mani nelle tasche dei ticinesi facendo credere di volerci educare. Più che una tassa è una multa preventiva con scopo punitivo. Credere che la tassa ridurrà gli spostamenti è solo un’illusione, d’altronde anche la lotta (sacrosanta) al posteggio selvaggio prometteva la mirabolante sparizione delle auto, in questo caso anche quelle dei numerosi frontalieri che, onestamente, si guadagnano da vivere in Ticino per scelta di chi li assume. Eppure il traffico c’è e ci sarà, fare credere il contrario non è realistico e neppure onesto. La tassa poi è pure iniqua: i posteggi dei commerci verrebbero colpiti con un balzello di 1,50 franchi al giorno, mentre quelli delle imprese riservati ai dipendenti del doppio (3 franchi al giorno). I primi generano un viavai di clienti perché questa è la natura del commercio. I secondi l’arrivo il mattino e la partenza alla sera o al termine del turno di lavoro.

Dobbiamo riconoscere di esserci cacciati in un vicolo cieco nel 2016 con quel sì popolare, di misura, ma voto favorevole rimane perché i voti si contano e non si pesano. La speranza è che qualcuno di particolarmente saggio riconosca l’inefficacia pratica, ammetta l’esclusivo obiettivo finanziario e faccia un passo indietro prima di dare vita a un nuovo estenuante braccio di ferro e allo spreco di risorse psicofisiche da impiegare per guardare davvero al Ticino di domani, senza aggrapparsi alle illusioni di ieri. Ma questo oggi è solo un sogno. 

Correlati