Gli «scottati» di Credit Suisse

I profeti del giorno dopo non perdonano. Le obbligazioni di Credit Suisse azzerate dalla decisione della Finma del 19 marzo - la «domenica nera» di Paradeplatz - erano merce pericolosa «da diversi anni». Consigliarle ai clienti «era da imprudenti». È il ritornello che ripetono, a sentirli oggi, i gestori patrimoniali almeno in Ticino: nessuno sembra aver gestito le famigerate AT1 - nome in codice dei prodotti subordinati che agli ex clienti della banca sono costati 17 miliardi, bruciati dal giorno alla notte -, tutti concordano sul fatto che erano «merce che scotta». E preferiscono non essere citati per nome.
I casi ticinesi
Eppure in diversi si sarebbero «scottati», anche sulla piazza luganese. Secondo lo studio legale americano Quinn Emmanuel, che ha lanciato una class action a livello internazionale, il totale delle perdite in Svizzera è di circa 6 miliardi di franchi. La sede di Zurigo è stata contattata nelle ultime tre settimane da «una cinquantina» di persone dal Ticino. Nel complesso avrebbero perso oltre 100 milioni di franchi, spiegano dall’ufficio sulla Limmat. «La nostra stima complessiva per la piazza ticinese è tra i 100 e i 200 milioni andati in fumo. Naturalmente non tutti gli investitori danneggiati si sono rivolti a noi, e una parte degli operatori attivi a Lugano rappresentano clienti italiani. Tuttavia, si tratta sicuramente di una cifra molto superiore a quelle di altri cantoni che non ospitano centri finanziari altrettanto importanti» spiega lo studio legale. Zurigo, Ginevra e Basilea avrebbero comunque subito perdite superiori.
«Gli errori possono capitare»
La stima è «plausibile» secondo Fabio Poma, direttore dello studio di consulenza Wullschleger - Martinenghi - Martini (WMM) di Lugano. «Al momento è difficile valutare l’impatto preciso, ma immagino che oltre ad avere investito direttamente in queste obbligazioni la piazza ticinese sia stata colpita anche indirettamente, ossia attraverso l’investimento in fondi obbligazionari che a loro volta erano investiti in questi prodotti» ipotizza l’esperto. Dopotutto, sottolinea, nessuno immaginava che Credit Suisse potesse fare la fine che ha fatto. «A posteriori è facile giudicare. Senza la crisi della Silicon Valley Bank, credo che il Credito Svizzero avrebbe potuto procedere con il piano di ristrutturazione annunciato, dove in preventivo c’erano alcuni trimestri con risultati negativi. Ma poi si sarebbe ripreso. E non saremmo dove siamo ora».
Niente class action in Svizzera
Agli «scottati» che si rivolgono loro, intanto, gli avvocati devono ricordare che in Svizzera non esiste la possibilità della class action: il margine di manovra è limitato. «Come studio abbiamo ricevuto mandato da alcuni grandi investitori istituzionali di impugnare il decreto della Finma, cosa che faremo a breve». Il termine è giovedì prossimo. «Per gli investitori più piccoli, il consiglio è di affidarsi a degli studi legali di fiducia per presentare un reclamo. Noi siamo già oberati di lavoro» spiegano i responsabilidi Quinn Emanuel a Zurigo. «Non è escluso che, in caso la spuntassimo in sede processuale, ci sia un effetto positivo a cascata».
Lo studio multinazionale - con 22 uffici nel mondo e quartier generale a Los Angeles - ha annunciato nelle scorse settimane di avere ricevuto mandato da un gruppo di obbligazionisti internazionali, detentori di «una percentuale significativa del valore totale» delle obbligazioni AT1 di Credit Suisse. Ne farebbero parte grandi istituzioni che hanno investito nei prodotti incriminati molto prima dell’acquisizione da parte di Ubs, ha fatto sapere la società in una nota.
Tra le vittime illustri, quella che ha attirato finora più attenzioni è stata la Cassa pensioni dei dipendenti Migros. Da solo, l’istituto di previdenza delle cooperative ha incassato una perdita di 110 milioni di franchi con il tracollo di Credit Suisse, di cui gran parte - oltre 100 milioni - proprio per colpa delle obbligazioni AT1. La responsabile delle finanze della federazione, Isabelle Zimmermann, ha reso pubblici i dati a margine della presentazione del bilancio annuale, a fine marzo, ma non si è sbilanciata su possibili azioni legali.
Non è stato nessuno
L’autorità di vigilanza sui mercati finanziari in realtà non ha ancora reso pubblico il controverso decreto con cui ha deciso, ormai tre settimane fa, di azzerare le obbligazioni AT1 di Credit Suisse. Ma in una conferenza stampa i vertici della Finma hanno fatto capire le proprie ragioni: l’azzeramento delle obbligazioni, hanno sottolineato, era subordinato «da contratto» ad eventi scatenanti come «un’intervento pubblico eccezionale». E le garanzie per 109 miliardi di franchi messe in campo da Confederazione - e condannate dal Consiglio nazionale dopo l’accesa sessione speciale, tenutasi questa settimana - sono senz’altro un intervento eccezionale. «Chi ha acquistato questi prodotti doveva metterlo in conto. Alti rendimenti comportano alti rischi» sottolinea un altro consulente luganese. Anche lui assicura di non aver mai consigliato le obbligazioni, ammantate ormai di un mistero paradossale. Comprate da tanti, vendute da nessuno.