Ticino

«Anche col clima che sta cambiando si continuerà a puntare sul Merlot»

Feliciano Gialdi, proprietario Gialdi Vini SA, si sofferma sul settore vitivinicolo e sulle particolarità della sua storica cantina
© CdT/Chiara Zocchetti
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
10.11.2024 15:30

Il profumo della fermentazione dell’uva è quasi dappertutto. Ed è impossibile non sentirlo. La vendemmia del resto è finita da poco e in cantina si lavora alacremente. Feliciano Gialdi, proprietario dell’azienda di Mendrisio che porta il suo cognome, a 79 anni è ancora il capitano della nave. Entusiasta come se fosse il primo giorno che ha una data ben precisa. «Era il 1965 - ricorda - mio papà Guglielmo aveva aperto l’azienda nel 1953. Io dopo la maturità e gli studi a Zurigo l’ho raggiunto. Era un papà severo e duro di carattere, ma apparteneva a un’altra generazione, che aveva imparato a lottare e a lavorare duro». Altre generazioni, altri tempi. Ma anche un altro tipo di attività perché all’epoca la Gialdi, come altre imprese simili in Ticino, si limitava a importare e a vendere vino dall’estero. «Quando mio papà ha lasciato, nel 1984, mi ha detto «non ti farò mai da numero due». E in effetti ha mantenuto la parola. Non si è più occupato dell’azienda. Il suo era un modo per dirmi che ormai dopo tanti anni passati al suo fianco ero diventato bravo e potevo tranquillamente cavarmela da solo».

E in effetti è andata così. Perché oggi la Gialdi Vini SA è davvero una protagonista del panorama vinicolo ticinese. Novecento tonnellate di uva ritirata e vinificata, di cui metà nella cantina di Bodio e metà nella cantina di Mendrisio. Un milione le bottiglie prodotte ogni anno. Vigne nel Sopra e nel Sottoceneri. Vari premi vinti. Una trentina di etichette, tra cui molte che hanno fatto storia e continuano a farla come il Sassi Grossi nelle versioni bianco e rosso. E una produzione per conto terzi che ne fanno l’azienda che sforna appunto il numero più alto di bottiglie di vino in Ticino. Tutto questo puntando sempre sulla qualità. Una delle prerogative su cui Gialdi continuerà a investire anche in futuro. Perché fare numeri più alti oggi è quasi impossibile a causa della conformazione del territorio del Canton Ticino. Che non è vasta come quella di altre regioni vitivinicole.

Il primo grande passo

Puntare sulla qualità senza mai smettere di innovare e lavorare sodo. Potrebbe essere riassunta così la filosofia aziendale di Feliciano Gialdi che in cantina si muove sicuro come se fosse casa sua. E del resto è proprio così. Perché il capitano del vascello è sempre lui. Anche se ha quasi 80 anni. E l’entusiasmo e la passione sono quelle di sempre. «Nel 1984 c’è stata una prima svolta, importante - continua - abbiamo acquistato un’azienda storica delle Tre Valli che commerciava ma aveva un ottimo potenziale di entrata uve da viticoltori della zona. L’abbiamo rilevata, abbiamo fatto degli investimenti importanti e per la prima volta abbiamo iniziato a produrre vino». Le Tre Valli non sono la Toscana. Non sono baciate dal sole come il Mendrisiotto. Eppure... eppure il successo è arrivato proprio da lì, meglio, da lassù, «grazie al rigore e all’impegno in vigna dei nostri viticoltori che con passione ci consegnano uve di qualità». Ma bisogna sfatare un piccolo mito, riprende Feliciano Gialdi - Rancate e Arzo, dove abbiamo altre vigne, si trovano più in alto, ad esempio, della bassa Leventina, dove non batte lo stesso sole. Ma batte comunque».

Come in cucina

Parlando di sole e clima, che si sta riscaldando, qualcuno ha azzardato che tra qualche decennio in Ticino si potrà produrre Chianti. Più che un azzardo forse una provocazione. «Magari si potrà pensare a qualche altro vitigno al di fuori del Merlot, che oggi ricopre circa l’80% della superficie vitata cantonale, ma io non penso che assisteremo a una rivoluzione. Al contrario, credo che continueremo ancora a lungo con il Merlot. Anche se il punto vero è un altro - precisa -. A rimanere dovranno essere più che altro le basi, ovvero il rigore e la serietà che ci contraddistinguono in vigna e in cantina. Come del resto avviene in cucina, dove le materie prime possono cambiare e sta alla bravura del cuoco adattarsi, elaborare ricette capaci di mettere in risalto gli ingredienti in suo possesso, che possono appunto cambiare. La bravura di un cuoco è del resto la capacità, o meglio, la sensibilità che ha nel capire come valorizzare il prodotto che ha in mano. È questo quello fa la differenza».

Si spiega forse così il successo arrivato da una regione, le Tre Valli appunto, dove a prima vista non ci si aspetta possano spuntare, crescere e maturare grandi uve. Ma solo a prima vista. «Bisogna essere onesti nell’affermare che ad aprire le porte nella storia del Merlot del Ticino è stato Matasci negli anni ’60 con l’etichetta Selezione d’Ottobre. Matasci è riuscito a cogliere nel segno facendo entrare nel mercato un’etichetta capace di soddisfare i palati di un’importante fetta di clienti, che anche oggi è quella maggioritaria». Gialdi parte quindi da lontano. Dalla bottiglia che è riuscita a diventare tra le più conosciute a Nord delle Alpi, per arrivare a quella che secondo lui, e non solo, è stata una delle alternative per il Merlot ticinese, al pari di altre, come quelle di Zanini con i Vinattieri, ma anche di altri piccoli vinificatori, che hanno modificato la produzione in Ticino.

L’arrivo del Sassi Grossi

«A un certo punto abbiamo avuto l’intuizione di accorgerci che il cliente che aveva amato e continuava ad amare il Selezione d’Ottobre era pronto per conoscere un’altra tipologia di vino e così abbiamo creato il Sassi Grossi, un Merlot del Ticino di grande struttura e di grande piacevolezza, le cui uve provengono, appunto, dalla bassa Leventina e dalla Riviera. Mi ricordo ancora l’anno. Era il 1986 e facemmo 10 mila bottiglie che vendemmo a 28 franchi. Un prezzo molto alto per l’epoca e non a caso ci diedero dei pazzi. Non era ovviamente così, perché il prezzo finale teneva conto di un preciso lavoro a monte. A iniziare dalla scelta in vigna, orientata alle viti più vecchie, per arrivare alle botti di barriques francesi, ma anche al giusto compenso ai viticoltori, le cui uve avevamo iniziato a pagarle di più che altrove».

Il marchio Brivio

Oggi affermare che la qualità si paga sembra una banalità. Negli anni ’80 del secolo scorso chi ragionava così era forse considerato un visionario, per usare un eufemismo. Il tempo, come si dice, è galantuomo e in questo caso ha dato ragione a Feliciano Gialdi. Che non solo ci ha visto giusto. Ma non si è più fermato, producendo un vino di successo dopo l’altro. A contribuire alla crescita e all’importanza dell’azienda, non soltanto dal punto di vista numerico, ma anche sul versante della qualità, è stata poi nel 2001 l’acquisto di un’altra realtà imprenditoriale. La Brivio SA. «Il marchio Brivio era nato negli anni ’80 quando Guido Brivio lanciò la sua linea di vini collaborando con la nostra cantina, che vinificava le uve provenienti da numerosi viticoltori del Sottoceneri». L’acquisizione ha permesso alla Gialdi, che ha mantenuto il marchio Brivio fino a oggi, d’incrementare e completare l’assortimento di vini, proponendo vini dal Nord al Sud del Canton Ticino in grado di soddisfare i gusti del consumatore.