Due realtà proiettate verso un umanesimo agricolo
Distano pochi passi dal centro di Lugano due realtà (simili per vocazione) situate all’interno di un tessuto urbano costantemente in espansione, capaci di fermare il tempo con la loro insolita appropriazione degli spazi e delle risorse. Luoghi in cui non si acquistano solo i prodotti della terra, ma si incontra chi li produce. Nomi, volti e storie che ci ricordano l’importanza di tessere legami con il territorio. Un’esigenza sempre più sentita e che dimostra la necessità che il reddito non provenga solamente dalla vendita, ma anche dall’interazione con le persone.
L’antica masseria di Breganzona che ospita l’associazione Il Gemmo - fondata da Karin Ernst, Daniel Graf e Mirko Marelli durante la pandemia - ne è un esempio. Non stiamo parlando di un’azienda agricola, ma di un sogno che continua a crescere con solide radici chiamate sostenibilità ambientale, coesione sociale e commercio equo e solidale. «Da quando mio padre ha comprato questo terreno una decina di anni fa senza un’idea ben precisa, il progetto ha iniziato a prendere forma», ci raccontano Karin e Mirko. «La pandemia ha fatto il resto. Dopo dieci giorni sul divano abbiamo deciso che era arrivato il momento di partire.»
Un inizio non certo semplice, ma che ha subito coinvolto tutto il quartiere. «Abbiamo aperto le porte della masseria il primo sabato di maggio del 2020 e il riscontro è stato oltre le aspettative. Dopo averci osservato per mesi durante i preparativi c’era molta curiosità nel sapere cosa stesse succedendo in quel terreno rimasto incolto per quindici anni.»
Dalla sua apertura, Il Gemmo si sta consolidando. I terreni sono stati concimati, le colture programmate e tutto sta crescendo rigoglioso. È stato allestito un nuovo punto vendita al coperto e sono stati dati in uso gratuito ulteriori terreni alla CSA Il Germoglio. E, soprattutto, il gruppo si è allargato a tanti nuovi amici, volontari e sostenitori. «Il passaparola dei clienti è stata la nostra pubblicità: qualità, prezzo, il gusto del prodotto e, aspetto fondamentale, la socialità e la condivisione dei saperi: abbiamo recuperato quella funzione sociale che una volta svolgevano i negozi di quartiere. Le persone passano a salutarci, si fermano a fare due chiacchiere, alcune sono diventati parte attiva del progetto. Tra i volontari che ci aiutano c’è chi ha rimparato a fare l’orto, chi non l’aveva mai fatto, chi viene per trascorrere del tempo insieme ai propri figli.»
Nel 2022 sono nate inoltre le collaborazioni con varie realtà ticinesi, dall’Opera ticinese per l’assistenza alla fanciullezza (OTAF) alla Scuola Gerra, dalla Fondazione San Gottardo alla scuola elementare di Breganzona e al Centro diurno La Sosta di Massagno. «Nell’ottica della riduzione dello spreco alimentare, da queste collaborazioni si sono moltiplicati i trasformati (marmellate, fermentati, essiccati) che permettono di conservare e distribuire tutto l’anno il frutto del nostro lavoro.»
Non molto distante da Breganzona c’è un’altra realtà che continua il suo percorso iniziato venticinque anni fa. Nata come idea di laboratorio esterno al penitenziario cantonale, l’Associazione L’Orto di Muzzano è diventata nel tempo uno spazio aperto anche ad altre casistiche: grazie ai suoi ventimila metri quadrati di serre oggi ospita non solo un progetto di recupero e reinserimento sociale di detenuti a fine pena, ma anche programmi di occupazione temporanea (AUP) destinati all’integrazione professionale e sociale di beneficiari dell’aiuto sociale e richiedenti l’asilo. «Il nostro obiettivo non è solamente commerciale» spiega il presidente dell’Associazione Giacinto Colombo. «Cerchiamo infatti di diversificare il lavoro all’interno dell’azienda in modo da creare percorsi che possono essere legati al profilo delle persone. La nostra è considerata un’azienda agricola a tutti gli effetti ma comprende anche la presa a carico socioeducativa, nella quale crediamo molto; sappiamo quante difficoltà incontrano le persone che vengono qui. Non stiamo formando degli agricoltori, ma cerchiamo di dare degli strumenti che permettano loro di affrontare il mondo esterno. Per non perdere di vista l’obiettivo, da un paio d’anni abbiamo sviluppato un progetto di asporto ([email protected]) che ci permette di mantenere un equilibrio tra queste due valenze.»
Un’email settimanale segnala i prodotti disponibili che possono essere ritirati in tre punti vendita: presso la sede dell’associazione, nel nucleo di Muzzano e a Vezia. «Crediamo molto nell’agricoltura e vogliamo che l’orto, attraverso le attività che queste persone svolgono, diventi un servizio per il territorio», ci racconta Samuele Delpini, direttore operativo dell’Associazione. «Un’azienda come la nostra deve costantemente adeguarsi alla realtà cercando di leggere quella delle persone che la compongono. Pian piano il progetto dell’asporto si sta consolidando e le persone acquistano il prodotto come si faceva una volta al mercato: conoscono la sua storia, cosa c’è dietro e hanno il piacere di ritrovarsi contribuendo al sostegno di chi è in difficoltà. Non da ultimo la verdura è fresca, si conserva più a lungo e costa molto meno che al supermercato.»
Tra i progetti futuri dell’associazione c’è anche quello di poter raggiungere le persone più anziane aiutandole così sia sul fronte economico, sia nella fornitura di verdura. Un’altra importante attività che svolge in collaborazione con il Dipartimento del territorio e con il Dipartimento della sanità e della socialità è infine legata alla lotta delle piante invasive.