Cultura

L'universo di Gigi Boccadamo: «Le restrizioni della pandemia un urlo di libertà»

108 quadri, una sola opera: Artelier ospita le visioni dell'artista luganese: «Vorrei aprire uno spiraglio di discussione costruttiva, come quando dici no a un bambino e lui ti chiederà il perché»
Mattia Sacchi
30.05.2024 14:00

«Di respirare la stessa aria di un secondino non mi va. Perciò ho deciso di rinunciare alla mia ora di libertà», canta Fabrizio De Andrè nel suo capolavoro «Nella mia ora di libertà».

Una canzone introspettiva dove un impiegato, condannato al carcere per i suoi atti sovversivi, durante il lungo tempo passato in cella, rifiutando addirittura di usufruire del senso di collettività forzata dall’ora d’aria, riflette sui suoi gesti individualisti prendendo consapevolezza di quanto ha fatto e dell’importanza dell’impegno comune per cambiare la società.

Ed è proprio da queste parole di Faber che Gigi Boccadamo ha preso ispirazione per creare la sua opera «108 for Freedom». 108 piccoli urli di libertà, per la libertà, 108 piccoli mantra-punk da ripetere all’infinito, come il 108, numero simbolo dell’universo infinito, che racchiude lo sforzo e la ricerca della libertà stessa. Un universo concentrato, almeno fino al prossimo 6 giugno, negli spazi dello studio Artelier di via Bossi 12 a Lugano.

Un angolo culturale luganese poco esposto, in un certo senso è quasi come andare in una delle celle cantate proprio da De Andrè. Ma forse è proprio per questo che l’effetto di essere travolti da un’ondata di arte, libertà ed espressione è ancora più amplificata. «Quest’opera nasce come un atto post-pandemico, per risvegliarmi dal sonnolento torpore imposto dalle restrizioni – spiega Boccadamo -. Ho cercato di trovare dentro un no, degli spiragli di libertà, come dei blues cantati nei campi o gli urli punk in una metropoli. Mi sono quindi chiuso in atelier, ricercando attimi di libertà attraverso l’azione consapevole di perdersi tra i colori, con il no che è diventato un punto di partenza, di liberazione e ribellione».

Un lavoro istintivo, quasi disperato, ma allo stesso tempo metodico e tecnico, dove il 48enne luganese ha sublimato i suoi studi, compiuti in prestigiose realtà come l’Accademia di Brera e il VRMMP di Torino.

«Nei 108 quadri che compongono l’opera c’è il mio percorso, non solo artistico ma di vita. Dai segni che facevo da adolescente nelle mie notti milanesi per lasciare traccia del mio passaggio ai ricordi di pomeriggi passati ad ascoltare musica, perdendomi nelle copertine dei 33 giri, o nello zapping sfrenato. Ma anche la simbologia dell’Oriente, dalle croci agli ensō giapponesi, dove un unico gesto racconta quel singolo attimo dove si prova a «chiudere il cerchio» che al suo interno contiene il tutto. Quel tutto, come il 108, che per le filosofie sempre orientali rappresenta l’Universo, infinito, padre della libertà senza confini, ne regole. Quando ho poi riguardato i miei lavori mi sono reso conto di come, inconsciamente, fossero presenti anche alcuni dei miei riferimenti artistici come Rothko o Basquiat».

Protagonista di diverse collettive e personali, Boccadamo è molto apprezzato per i suoi lavori, tanto da aver vinto un premio per giovani artisti della città di Chiasso nel 2011. Parallelamente però è impiegato anche alla RSI come trovarobe. Come si conciliano queste due attività? «Sono due mondi che hanno molti punti in comune, a partire dalla sensibilità artistica. E in qualche modo si complementano: lavorare per il servizio pubblico mi ha dato una disciplina, dal metodo alla programmazione, che sono riuscito a portare anche nel mio percorso artistico. Nessuna delle due attività mi limita nell’altra, anzi assieme si alimentano e mi danno energia e strumenti per dare sempre il meglio».

«È cominciata un’ora prima e un’ora dopo era già finita. Ho visto gente venire sola e poi insieme verso l’uscita», prosegue la canzone di De Andrè. Ma come si esce dalla mostra negli spazi di Artelier?

«Vorrei aprire uno spiraglio di discussione, come quando dici no a un bambino e lui ti chiederà il perché. E allora noi dobbiamo cercare con lui un dialogo nelle risposte che sia costruttivo. Oggi noi siamo crogiolati in troppi sì, che rendono la nostra esistenza sempre più piatta e ricca di comfort-zone, dove accettiamo passivamente anche quello che non ci va bene. Magari lamentandoci, ma senza più agire. Sembra che molte cose vengano decise senza che noi possiamo interagire, interferire o rifiutare. O, più semplicemente, siamo noi a farle decidere agli altri? Mi piacerebbe stimolare questo genere di dubbi, facendo prendere coscienza dell’importanza, in questo mondo compulsivo, del ritagliarsi del tempo per noi stessi, per pensare, respirare e sentirsi liberi. Come dice Alejandro Jodorowsky, mio caro maestro di vita: la libertà è l’orizzonte che si stacca dall’oceano per volare formando labirinti. Labirinti nei quali noi spesso ci perdiamo, invece di imparare ad orientarci. Ricordandoci comunque che forse un giorno l’universo ci risucchierà in un secondo, senza sì e senza no».

Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti.

Sarà possibile visionare l'opera negli spazi di Artelier, accompagnati dall'artista, fino al 6 giugno su appuntamento chiamando al numero +41765528375 o scrivendo a [email protected]

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