L'approfondimento

Il wrestling di Donald Trump e John Cena

Il recentissimo «heel turn» di John Cena è stato considerato da molti come una metafora del trumpismo, anche perché l'attuale presidente degli Stati Uniti è sempre stato attento a questo mondo
© Reuters
Stefano Olivari
12.03.2025 16:30

L’America di Trump è la stessa America del wrestling, secondo molti critici del presidente degli Stati Uniti. Certo è che il recentissimo heel turn di John Cena è stato considerato da molti come una metafora del trumpismo, anche perché lo stesso Trump è sempre stato molto attento a questo mondo, ritenuto connesso con il pubblico moderno e frequentato anche prima della carriera politica. Ma cosa è successo con John Cena?

Heel turn

In estrema sintesi è successo che la stella della WWE, sempre considerata fra i buoni, è entrata a far parte dei cattivi, quelli che gran parte del pubblico vuole veder perdere. Il contrasto fra i wrestler di tipo face, i buoni, e quelli di tipo heel, i cattivi, è da sempre alla base delle sceneggiature del wrestling e il passaggio da un gruppo all’altro è difficile. Cena ha vinto l’Elimination Chamber, guadagnandosi il diritto di sfidare Cody Rhodes, attuale campione WWE, nella prossima edizione di Wrestlemania. Cena e Rhodes si sono salutati ma subito la situazione è degenerata quando Cena gli ha tirato un calcio a tradimento e poi un pugno, spalleggiato da The Rock, proprio Dwayne Johnson, e dal rapper Travis Scott. Il tutto fra i buuu di un pubblico sorpreso da questo cambio di fronte di Cena, che raggiunta la fama era sempre stato dalla parte per così dire giusta. Inevitabili i paragoni con l’altro famoso heel turn del wrestling, quello di Hulk Hogan a metà anni Novanta, e le dietrologie: il quarantottenne Cena si ritirerà a fine 2025 per dedicarsi al cinema e ci voleva una trovata spiazzante per pompare l’addio di un personaggio che secondo molti aveva annoiato, con tutto questo suo sbandierare valori positivi. Inutile dire che con Cena cattivo l’interesse per Wrestlemania sarà al massimo: vincendo diventerebbe campione per la diciassettesima volta, superando il record di Ric Flair, perdendo farebbe felici milioni di fan che ora si sentono traditi.

La metafora

Questa conversione di Cena è stata vista come un segno dei tempi da parte di chi ritiene il wrestling un indicatore efficace dei sentimenti dell’America profonda, quella che vuole che i suoi face, da Hulk Hogan a John Cena, portino la bandiera e alla fine battano i nemici. Questo fin dai tempi di Iron Sheik, improbabile sceicco iraniano, e Nikita Volkoff, altrettanto improbabile sovietico-russo (oltretutto era croato). Insomma, i buoni sempre in missione, con sceneggiature per forza di cose prevedibili visto che non c’era situazione negativa che il personaggio di Cena non potesse rovesciare rimanendo coerente con i propri valori. Fra l’altro anche Cody American Nightmare Rhodes, figlio del celebre Dusty, è un face, situazione che per la supersfida sarebbe stata un problema visto che raramente i buoni di alto livello si sfidano fra di loro. E il fatto che sul ring ci fosse The Rock, adesso un cattivo anche se ormai sganciatosi dal wrestling, aveva fatto sulle prime pensare a un’alleanza fra buoni in attesa della sfida sportiva fra loro. Niente di tutto questo, nell’America di Trump, funziona più, perché i buoni non sono in realtà buoni ma ipocriti, falsi, vecchi, mentre i cattivi, o comunque chi si pone in maniera diretta e dura, è percepito come più vero. Per questo anche uno che per oltre vent’anni ha fatto il bravo ragazzo come Cena deve nel 2025 fare il cattivo.

La destra

La curiosità è che Cena non ha mai dato il suo endorsement ufficiale a Trump, diversamente da wrestler del presente e soprattutto del passato come Jesse Ventura, Ted DiBiase e ovviamente Hulk Hogan, il cui discorso alla convention repubblicana di Milwaukee è stato uno dei più trascinanti dell’intera campagna elettorale 2024. Fra l’altro molteplici ricerche hanno dimostrato che i tifosi del wrestling sono leggermente più repubblicani che democratici (52% a 48% dice il sondaggio di sportico.com) ma meno repubblicani rispetto alla media nazionale. Che poi il wrestling non sia ben visto dai media liberal è un altro discorso, che peraltro dimostra una volta di più la loro scarsa connessione con la realtà anche di chi vota democratico. Un buco in cui Trump si è infilato semplicemente facendo Trump.

E Trump?

Al di là delle ideologie e delle analisi, i rapporti di Trump con il wrestling sono sempre stati molto concreti, prima di tutto come imprenditore: il suo Trump Plaza di Atlantic City ha infatti ospitato sia WrestleMania IV sia WrestleMania V, unico luogo a farlo per due anni di seguito, solo per citare l’evento più famoso. Poi nel 2007 è anche diventato personaggio, interrompendo la Fan Appreciation Night di Vince McMahon (l’iconico padrone della WWE, ben raccontato nella serie Netflix Mr. McMahon) a Raw e facendo cadere migliaia di dollari sugli spettatori. McMahon finse (sono in realtà amicissimi e sua moglie Linda è stata attiva nelle campagne elettorali di Trump) di prenderla male e da lì iniziò la memorabile Battaglia dei miliardari, con la promessa che il perdente si sarebbe tagliato in capelli a zero. Tutto si concluse a Wrestlemania, con Trump che sostenne Bobby Lashley, vittorioso su Umaga supportato invece da McMahon. La scena di Trump che taglia i capelli a McMahon è senza dubbio una delle più famose nella storia della WWE. I due si sono scontrati nuovamente nel giugno 2009, quando Trump ha acquistato Monday Night Raw e ha annunciato che lo show della settimana successiva sarebbe andato in onda senza pubblicità e che tutti i fan della WWE che avevano acquistato un biglietto sarebbero stati rimborsati. La conclusione? McMahon fu costretto a ricomprare il suo show per il doppio del prezzo. Vero? Falso? Sono le tipiche domande di chi non segue il wrestling e quindi non conosce il concetto di kayfabe: termine che significa che quanto avviene nel wrestling è sostanzialmente finto anche agli occhi di un appassionato, ma con quella piccola percentuale di verità che mantiene l’interesse vivo. Cena non ha niente di personale contro Rhodes, ma tanti pensano che davvero si sia stancato di fare il buono. Tradotto in termini politici: tutti sanno che Trump non ha intenzione di annettersi il Canada, ma le sue parole sottintendono comunque mire espansionistiche dei suoi Stati Uniti. È politica, ma anche wrestling.  

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