L'intervista

Mauro Repetto: «Per me salire sul palco è sempre una grande festa»

A tu per tu con il musicista, paroliere e attore già «metà» degli 883, in occasione del suo spettacolo al Teatro di Locarno, venerdì sera
Repetto è nato a Genova il 26 dicembre del 1968. © Katia Maldoni
Michele Castiglioni
20.02.2025 06:00

Domani sera alle 20.30 Mauro Repetto sarà al Teatro di Locarno con lo spettacolo Alla ricerca dell’Uomo Ragno nel corso del quale rivisita quegli anni ’90 che a suon di canzoni dallo straordinario successo sono stati il passaporto per la notorietà ancora oggi. Ma Repetto è un artista poliedrico, non «solo» metà degli 883, condivisi con Max Pezzali, essendo attore e scrittore oltre che musicista: l’abbiamo incontrato per fargli alcune domande.

Nella presentazione dello spettacolo si legge «Oggi Mauro non è più il biondino che saltava a destra e sinistra, non rinnega il passato ma canta finalmente le sue canzoni»: chi è allora oggi Mauro Repetto?

«Sono sempre Peter Parker, ma con la licenza, a questo punto, di poter mettere il costume di Spider-Man! (ride - ndr). Dal punto di vista artistico, semplicemente seguo e accolgo i cambiamenti che avvengono nel mondo musicale e mi metto in gioco nei vari ambiti artistici. Per fare un esempio, ai tempi le chitarre era più "figo" campionarle, oggi se non sono vere ti prendono in giro. Quindi ho imparato a suonare la chitarra. Oggi ho l’opportunità di cantare e quindi lo faccio, ho la possibilità di recitare e lo faccio. Insomma, mi diverto sulla scena. Un po’ come facevo ai tempi quando lavoravo nei villaggi turistici: era tutto divertimento! Il divertimento è il fil rouge che ricollega tutto ciò che faccio. Tra l’altro con Max le prime cose che scrivevamo erano destinate ad essere utilizzate nelle mie attività di animazione nei villaggi. Insomma, per me salire sul palco è sempre una grande festa».

Musica, sì, ma anche teatro, design e anche la scrittura con l’autobiografia uscita nel 2023: c’è un mondo che preferisce o l’arte esercita la stessa attrazione su di lei di qualsiasi ambito si tratti?

«Fondamentalmente sono uno spettatore, un consumatore di cultura pop in generale. La cosa che più mi è piaciuta fin da piccolo è il cinema, soprattutto quando i suoi confini si toccano con quelli della musica. Diciamo che le due muse principali della mia vita, le arti che più mi piacciono da sempre sono quella del cinema e quella della musica. E infatti cerco di sempre di praticarle».

Come vede il mondo della musica oggi a livello di produzione e di capacità creativa - non solo in Italia, visto il suo sguardo «esterno» dato dalla sua residenza in Francia?

«A me sembra globalmente sempre fertile. Non vedo differenze enormi rispetto a quando ero ragazzo: i miei figli, per dire, consumano musica esattamente come facevo io. Chiaramente ci sono differenze nella tipologia di canali di fruizione; noi avevamo i vinili e le cassette, oggi è tutto in distribuzione digitale. Ma dal punto di vista creativo vedo la stessa "turbolenza", la stessa voglia di fare musica. Il grande gap tra trent’anni fa e oggi è soprattutto a livello di distribuzione. E forse, aggiungerei, noi avevamo un livello di attenzione più persistente: un ragazzo agli inizi degli anni Novanta poteva ascoltare canzoni che duravano cinque minuti, adesso non sarebbe neanche pensabile, la durata dell’ascolto media si è più che dimezzato. Ma la creatività è la stessa».

Cosa troverà il pubblico nello spettacolo: più 883 o più Repetto a tutto tondo?

«È di nuovo il binomio Peter Parker - Spider-Man: c’è una soglia molto sottile tra i due: sicuramente ci saranno "scorpacciate" di 883, ma anche di "me stesso", visto che quella musica fa parte della mia vita e di quella del pubblico. Sono segmenti di vita che uniscono un po’ tutti quelli che li hanno vissuti e che ancora oggi fanno cantare e ballare. Sono tre-quattro generazioni di persone che vengono a vedermi a teatro, con i più giovani che magari mi hanno scoperto tramite la serie tv (Hanno ucciso l’Uomo Ragno - La leggendaria storia degli 883 del 2024, n.d.r.) e, incuriositi dal personaggio vengono a vederne la "versione in carne ed ossa" (ride, n.d.r.)».

Quanto porta ancora dentro di sé di quegli anni? E come sono i rapporti oggi con il suo amico e collega storico Max?

«I rapporti con Max vanno benissimo, nel senso che non ci cerchiamo e non facciamo nulla "con il calzascarpe" ed è giusto che sia così, ma quando ci troviamo, come l’ultima volta ad Assago, ridiamo molto e stiamo bene. Però deve avvenire in modo spontaneo, non forzato. Dell’epoca invece, mi porto ancora oggi l’energia, la voglia di creare, la voglia di proporre e di intrattenermi con il pubblico. Quindi anche in questo senso c’è una grande identità tra quello che ero a vent’anni e ciò che sono oggi. L’energia e la voglia sono rimaste le stesse».

E immagino che ci sia anche del giusto orgoglio nell’aver toccato la vita di così tante persone…

«Certamente! Anzi, più che orgoglio è piacere: è come aver organizzato una festa di compleanno, aver mandato gli inviti ed aver ricevuto tutte risposte positive! In questo caso gli "invitati" portano in regalo il sorriso, la voce per cantare e il loro corpo per ballare».

Quali progetti per il futuro?

«Io gioco match dopo match e in questo momento si stanno aggiungendo continuamente date per questa tournée teatrale. Già si prevede un prolungamento oltre l’estate e verso l’autunno, quindi per ora sono concentrato sulla "festa" teatrale e non penso ad altro. Dopodiché, si vedrà».

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