Steve Lee, cinque anni e sembra ieri

Il 5 ottobre 2010 se ne andava la storica voce dei Gotthard
Fabrizio Coli
05.10.2015 10:40

«Sono cresciuto con gli Zeppelin, i Deep Purple o gli Uriah Heep. Le radici sono quelle. Anche se credo sia importante ascoltare un po' di tutto, detto fra noi, quando vado in un negozio di musica ad ascoltare novità, magari finisce che compro in cd un album dei Deep Purple che avevo comprato in vinile quando avevo 16 anni. In questo senso noi siamo sempre stati anticonformisti: abbiamo sempre fatto quello che non andava di moda, seguendo ciò che ci veniva dal cuore. Per questo credo che i fan si siano attaccati a noi, perché vedevano che ciò che facevamo era vero». Era il 2007. A spiegare in maniera semplice e onesta l'anima profonda dei Gotthard era Steve Lee, gentile e disponibile. Come sempre. La band stava presentando l'album Domino Effect. Ci sarebbero stati concerti, energia. Tempi felici. Ci sarebbe stato anche un altro album per lui, due anni dopo, Need to Believe. Altri concerti, come quello – fra gli ultimi – del luglio 2010 in piazza della Riforma. Sempre fedele alla sua convinzione per cui «Il rock'n'roll è piacere di vivere, fare quello che ti va nel rispetto degli altri». E poi è successo quello che nessuno avrebbe potuto immaginare.

Oggi sono cinque anni e sembra ieri. Quella voce che rimbalzava in redazione nella mattinata successiva, per poi trasformarsi in certezza lasciando tutti sgomenti. L'incredulità. Il dolore dei fan e dei suoi compagni di band, per non parlare di quello di amici e familiari. Il 5 ottobre del 2010 Steve Lee, lo storico cantante dei Gotthard perdeva la vita in un incidente nei pressi di Mesquite, in Nevada. Aveva 47 anni. Una fatalità tragica, durante un viaggio che per lui, harleysta appassionato, era un sogno. Insieme a una ventina di bikers, aveva appena cominciato a percorrere l'America in sella alla sua motocicletta. Sulle strade del mito. La libertà, il rock'n'roll. Il gruppo di cui faceva parte aveva fatto una sosta per indossare le tute da pioggia. Un mezzo pesante ha sbandato, colpendo le moto parcheggiate. Una di queste ha travolto Steve mettendo fine alla storia del più grande cantante rock mai uscito dal Ticino. Ironia della sorte, poche settimane prima, con la compagna Brigitte Voss-Balzarini era scampato a un brutto incidente sulle strade italiane.

Da allora molte cose sono cambiate. Dopo il dolore incommensurabile per la perdita di chi non era solo il frontman ma soprattutto un amico, i Gotthard hanno scelto di andare avanti. Una decisione sofferta ma giusta, per loro e per i fan. Il nuovo cantante, Nic Maeder, si è dimostrato l'uomo adatto al difficile compito. Non copia Steve, ha una personalità, una bravura e una grinta tutta sua. Si è conquistato, sul campo, l'affetto dei fan, che lo hanno accettato. Ma questo non vuol dire che Steve Lee sia stato dimenticato.

Alla musica c'era arrivato per passione, alla voce quasi per caso. Nato a Horgen nel canton Zurigo, formatosi come orefice e cresciuto in Ticino, dove si era stabilito a Porza, Steve aveva infatti cominciato come batterista. A prendere il microfono lo avevano dovuto convincere i suoi amici. «Non ne voleva sapere, era un batterista, un batterista convinto», raccontava Kiko Berta, con Steve in uno dei suoi primi gruppi, i Forsale, «ma con una voce così doveva cantare». E quella voce, potente, dalla grande estensione, cristallina, è stata il marchio di fabbrica dei Gotthard dall'omonimo debutto del 1992, fino alla sua scomparsa. Ma lui non era solo quella voce, figlia del grande rock dei tempi d'oro, adatta ai pezzi grintosi ed eccellente nelle ballad, capace di duettare con Montserrat Caballé nel celebre concerto in Piazza Grande a Locarno del 1997 (che sarà ritrasmesso dalla RSI su La 2 giovedì alle 22.50). A rendere Steve Lee così amato era anche e soprattutto la sua personalità. Disponibile sempre, mai arrogante, Una rockstar della porta accanto, che di arie da rockstar non se ne dava mai nonostante il talento enorme. «È grandissimo quello che Steve ci ha lasciato – sottolineava un commosso Leo Leoni all'epoca della presentazione di Homegrown, il disco live che immortala Steve nell'ultimo concerto luganese – La sua amicizia, il suo modo di vivere, tutta la musica e le emozioni che abbiamo vissuto. Si inseguiva un sogno e lo abbiamo realizzato. Questa è una grande eredità che ha lasciato. Non solo a noi ma a tutti».