"Vero, le piante hanno una coscienza"

INTERVISTA A STEFANO MANCUSO - "Non c'è differenza con gli animali, che sono pure essi consapevoli, quindi coscienti. Ma non sono vegetariano"
"Noi siamo direttamente dipendenti delle piante. Senza le piante la Terra somiglierebbe a Marte"
Tommy Cappellini
Tommy Cappellini
20.11.2016 20:00

Sabato è stata la giornata clou del convegno «Giardini», organizzato da Associazione Nel – «Fare arte nel nostro tempo». I lavori sono iniziati alle 10.30 nell'Aula Magna dell'USI, con i saluti di Marco Borradori, sindaco di Lugano. Poi, un fuoco di fila di interventi, uno più poetico dell'altro: Luciana Repici sui giardini filosofici della Grecia antica e di Roma, Koji Kuwakino sui giardini come luoghi di memoria e di organizzazione del sapere enciclopedico, Massimo Venturi Ferriolo sull'arte dei giardini. Stefano Mancuso, invece, che abbiamo intervistato per l'occasione, ha proposto una «nuova visione delle piante», mentre Michael Jakob è tornato, con riferimenti letterari, sul giardino come opera d'arte. Hanno chiuso i lavori Elena Volpato e l'artista Daniel Burren.

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Professor Mancuso, il titolo del suo intervento è «Lente ma non stupide». Intende assegnare indirettamente alle piante una qualche forma di intelligenza?«Dipende dalla definizione che vogliamo dare di intelligenza, oggi ce ne sono migliaia. Ne scelgo una: se è la capacità di risolvere problemi, allora le piante sono molto intelligenti. Non ce accorgiamo perché i loro comportamenti si svolgono su tempi ben diversi dai nostri. E differente è il loro corpo rispetto al nostro, che è animale».

Corpo? Questa va spiegata meglio.«Noi abbiamo, ad esempio, molti organi governati da un cervello. Nelle piante, invece, non troveremo mai un organo singolo o doppio. Mai. Sono organismi soggetti alla predazione e questo sarebbe per loro un pericolo elevatissimo. Un solo, piccolo bruco potrebbe ucciderle. Si sono perciò evolute in modo da distribuire ovunque le funzioni che un animale concentra in un organo. Ma possiamo parlare di corpo, sì».

In L'anima delle piante (in italiano per Adelphi) Fechner scrive: «Perché non ci dovrebbero essere, oltre le anime che camminano, gridano, mangiano, anche anime che silenziosamente fioriscono e spandono odori?». Domanda vertiginosa: dopo l'intelligenza delle piante, ci toccherà discorrere della loro anima?«Sì, è vertiginosa. Le rispondo così: noi non sappiamo cosa sia un'anima, dove la si trovi e dove andarla a studiare. Proviamo a cambiare impostazione: se non usiamo la parola 'anima' ma 'coscienza', posso confermarle che le piante hanno una coscienza. Sono organismi consapevoli dell'ambiente, dello spazio fisico che le circonda e del comportamento delle altre piante. Non c'è differenza con gli animali, che sono pure essi consapevoli, quindi coscienti».

Torniamo agli umani. La contemplazione della natura per l'uomo rischia di essere un abisso in cui il pensiero razionale affoga. Oppure si trasforma in un misticismo ben poco scientifico. Come giudica la riflessione odierna sul mondo vegetale? O se vuole, da uno a dieci, quanto siamo goethiani?«Assistiamo a un interesse crescente per tutto ciò che in generale può andare sotto il nome di natura, tuttavia mi lasci dire: la consapevolezza di cosa sia il mondo vegetale è incredibilmente bassa. Il numero di scienziati che se ne occupano sono meno del 2%, nonostante il mondo delle piante rappresenti il 99% di tutto ciò che è vivo sul pianeta».

La moda «verde» non è un indicatore di una discreta curiosità per il tema?«Sì, ma c'è una mancanza quasi assoluta di consapevolezza del grande pubblico riguardo all'importanza che le piante rivestono per la vita. Noi siamo direttamente dipendenti delle piante. Senza le piante la Terra somiglierebbe a Marte: esse sono ciò che rende possibile trasformare l'energia del Sole in energia chimica, che è il combustibile della vita.Dico che questa consapevolezza manca perché se ci fosse sarebbe inspiegabile l'atteggiamento predatorio dell'uomo verso le piante».

Lei ha parlato del mondo arboreo come di un «internet vivente». Le rovescio la domanda: quanto c'è di vegetale nell'uomo di oggi?«Domanda complessa. Non c'è niente di vegetale all'interno di un animale, e viceversa. Le piante sono organismi decentralizzati, non hanno una gerarchia, si sviluppano appunto come le reti e si coordinano tra di loro come una colonia di insetti. È un mondo così distante da noi da essere quasi alieno. Però la spinta alla vita, l'élan vital è lo stesso per tutti, e così le motivazioni. Lo deduciamo dal patrimonio genetico».

Lei è vegetariano? Vegano?«Sull'argomento occorre essere ragionevoli. Dobbiamo per forza nutrirci come animali, cioè eliminando altri organismi viventi. La posizione vegana è eticamente condivisibile, non tanto perché le piante non 'sentano', le piante sentono quanto gli animali, ma perché per produrre un chilogrammo di carne ne occorrono 1600 di piante. Il male minore è dunque cibarsi di piante. La dieta vegetariana sarà il nostro futuro obbligato, e lo dico io che non sono né vegano né vegetariano».

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