Abbiamo seguito un derby in sala VAR: ecco com'è andata

«Luca, controlla il gol. È successo qualcosa tra l’autore della rete e il numero 14». L’assistente due, più comunemente chiamato guardalinee, sta richiamando l’attenzione del VAR tramite l’auricolare. Il Winterthur ha appena aperto le marcature nel derby del canton Zurigo contro il Grasshopper. A poco più di un quarto d’ora dal termine, la rete potrebbe rivelarsi decisiva. Mentre gli oltre ottomila tifosi dei padroni di casa festeggiano alla Schützenwiese, a qualche chilometro di distanza, nella sala VAR di Volketswil, Luca Piccolo gioca allora un ruolo chiave. In pochi secondi – massimo un paio di minuti – deve capire se il gol è valido o meno. «C’è un contatto, fammelo rivedere. Okay, hai un’altra camera? È la migliore questa? – chiede Piccolo all’operatore VAR, seduto di fianco a lui e addetto a selezionare e mostrare i video dalle varie angolature – C’è una spinta, ma è molto leggera». Preme allora il pulsante rosso davanti a lui per comunicare con l’arbitro in campo: «Okay Cibe, check completed, goal correct». Sono le parole chiave che aspettava Cibelli, il direttore di gara. «Grazie Luca», «Prego». E la partita riprende sul punteggio di 1-0.
Questione di secondi
Ma come facciamo noi a sapere che cosa si siano detti arbitro e VAR con esattezza? Accompagnati dall’ex fischietto ticinese e presidente della Commissione arbitrale dell’ASF Sascha Kever, abbiamo seguito la sfida tra Winterthur e Grasshopper direttamente dalla centrale VAR di Volketswil. Abbiamo potuto ascoltare i dialoghi tra l’ufficiale di gara Cibelli e i suoi assistenti in campo e al video, nonché osservare le immagini visionate dal VAR in tempo reale. L’occasione è stata preziosa per capire meglio come e in che circostanze vengono prese le decisioni che possono cambiare l’esito di una gara. Possiamo togliere subito ogni dubbio: no, non è così facile come si potrebbe pensare dal divano. Per molteplici ragioni. In primo luogo, banalmente, il tempo a disposizione è poco e spesso ci sono più controlli da effettuare nella stessa azione. In linea teorica, il VAR non è soggetto a limiti di tempo. In pratica, tuttavia, un incontro non può durare centoventi minuti, e il pubblico è spesso impaziente durante i controlli.
A differenza di quanto accade nei post partita, l’addetto video riesce dunque a riguardare un’azione solo per tre o quattro volte al massimo. Prendiamo ad esempio quanto accaduto negli ultimi secondi del citato derby zurighese. Cibelli dal campo decreta un calcio di rigore contro il GC ed espelle Laws per somma di ammonizioni. Il VAR entra nuovamente in azione. Innanzitutto, controlla la possibile posizione di fuorigioco dell’attaccante nei momenti antecedenti al contatto. Poi, Piccolo si assicura che la palla non sia uscita oltre la linea di fondo. Solo allora, controlla che ci sia effettivamente stata una trattenuta del difensore e che sia avvenuta dentro l’area di rigore. Infine, insieme all’assistente VAR verifica che l’arbitro non abbia inavvertitamente sbagliato l’identità del giocatore al momento del doppio cartellino giallo. Mica poco, e tutto in meno di un minuto.
Quale telecamera?
Per ogni partita del massimo campionato svizzero, davanti agli schermi di Volketswil siedono, come lasciato intendere, tre figure: il VAR, l’assistente (AVAR) e l’operatore VAR. È il primo a prendere le decisioni, mentre il secondo è una figura di supporto e l’ultimo mostra solamente i video richiesti. Durante il match, per le gare non trasmesse dalla Radiotelevisione Svizzera, le telecamere a disposizione sono sei, talvolta otto. Sembrano molte, ma in realtà, anche a dipendenza della zona di campo in questione, le prospettive che mostrano realmente qualcosa sono solo due o tre. Solitamente, il VAR segue l’azione dalla telecamera principale o da quella offerta ai telespettatori. Vicino a lui ha però anche altri piccoli schermi in ritardo di tre secondi, per permettergli di rivedere rapidamente un accaduto. Quando nota una possibile infrazione – un fallo o un fuorigioco – preme un pulsante verde per «taggare» il momento: se subito dopo accade una rete, potrà così tornare al momento selezionato per rivedere l’azione con più calma. La maggior parte dei controlli – «check», nel gergo del VAR – avvengono durante le naturali pause di gioco, senza che gli spettatori se ne accorgano. Per comunicare con l’arbitro, come già accennato, l’assistente video preme invece un pulsante rosso. Cerca di farlo il meno possibile, per non disturbarlo, ma restano in contatto a scadenze regolari e più spesso di quanto si pensi.
Chiaro ed evidente errore
Per un vero intervento del VAR, serve invece il famoso «chiaro ed evidente errore», oppure qualcosa che l’arbitro non poteva vedere e che riguarda un gol, rigore, espulsione o scambio d’identità tra due giocatori. «Abbiamo arbitri di grande qualità – ci spiega Kever –, vogliamo che prendano le decisioni sul campo, e non che fischino di meno perché si fidano di chi controlla allo schermo. Sì, lo ribadiamo: l’obiettivo è ridurre al minimo gli interventi dal VAR».
Ma come si traduce questo nella pratica? Prendiamo un altro esempio dal derby zurighese. Al 44’, Piccolo al VAR nota un contatto tra un braccio ed il volto di un giocatore del GC. Preme il tasto verde e continua a seguire l’azione d’attacco del Winterthur, che però non trova la rete. «Cibe, aspetta che controllo un possible red card». Riguardando l’azione, capisce che non ci sono gli estremi per un’espulsione e dà il via libera per proseguire il gioco. «Se i padroni di casa avessero segnato, avrei dovuto richiamare Cibelli, che verosimilmente avrebbe annullato il gol, perché era effettivamente fallo», ci spiega Piccolo durante la pausa. «Ma dato che non è stato così, non ho invece potuto segnalare l’infrazione o l’ammonizione». I casi più controversi del fine settimana vengono poi discussi ogni lunedì da una commissione di esperti. Se ritengono che qualche decisione sia stata presa incorrettamente, lo comunicano agli arbitri per prevenire casi simili in futuro. Per avere a disposizione un VAR che, probabilmente, perfetto non lo sarà mai, ma sempre più preciso e uniforme.