Calcio

VAR, anche gli arbitri sono frustrati: «Proveremo a far cambiare rotta alla UEFA»

Non smettono di fare discutere le chiamate che hanno segnato San Gallo-Lugano e Servette-Yverdon – Il regolamento parla chiaro, ma il suo senso sfugge sia ai giocatori, sia agli stessi direttori di gara – Dani Wermelinger: «Sfrutteremo questi episodi per discutere con Nyon una diversa interpretazione delle regole»
Lukas Fähndrich avrebbe preferito non essere chiamato dal VAR per espellere Lukas Görtler. © keystone/gian ehrenzeller
Massimo Solari
29.01.2024 19:30

La sensazione, a questo giro, è che si sia superato il limite. Definitivamente. Le chiamate del VAR che hanno segnato i match Servette-Yverdon e San Gallo-Lugano, d’altronde, rimangono incomprensibili. Anche a freddo. Certo, a fare stato è il regolamento. Applicato alla lettera sia nel caso di Jérémy Guillemenot, sia in quello di Lukas Görtler. Eppure, il gol annullato all’attaccante granata - con tanto di giallo - e l’espulsione del capitano dei biancoverdi per il cross-fallaccio ai danni di Sabbatini continuano a gridare vendetta. «Questo non è più calcio» la denuncia che va per la maggiore. «E così non ha nemmeno senso l’utilizzo dell’assistenza video» l’aggravante.

I sentimenti di Fähndrich

La situazione, evidentemente, imbarazza gli stessi arbitri. A margine del match del kybunpark, per dire, Lukas Fähndrich si è lasciato andare con i colleghi della SRF. «Il mio cuore di calciatore sanguinava al momento della decisione, perché ero cosciente di dover ricorrere a un cartellino rosso e di doverlo fare in modo riluttante». Quasi uno sfogo, che non per forza ha contribuito a rasserenare gli animi di tifosi e club. Il presidente del San Gallo Matthias Hüppi, annunciando il ricorso contro le due giornate di squalifica assegnate a Görtler, è stato chiaro: «Lukas ha effettuato un movimento e ha giocato il pallone senza alcuna intenzione di fare male. Il rosso rimane una pessima decisione che rende assurda la discussione attorno al VAR e che addirittura obbliga il direttore di gara a scegliere contro le proprie convinzioni e il proprio cuore». Appunto. Il capo dei fischietti svizzeri Dani Wermelinger, da noi contattato, tiene però a precisare: «Comprendo bene le dichiarazioni e i sentimenti di Fähndrich. Con queste parole Lukas ha voluto dimostrare che nella vita di un arbitro non ci sono solo il bianco e il nero. No, esprimersi al massimo livello e sotto pressione comporta molto di più. Tuttavia, queste esternazioni non devono dare l’impressione che gli arbitri non si divertano o abbiano paura di prendere decisioni. Per quanto difficile e complicato, il nostro lavoro continua ad affascinarci».

Il bene supremo

Correggere il tiro, però, appare quasi un obbligo. Ne va della credibilità e dell’integrità delle partite. E, anche in questo caso, ai vertici del dipartimento arbitrale dell’ASF si è consapevoli del problema. Wermelinger, comunque, premette: «Proteggere i giocatori è la nostra massima priorità. La loro salute è il bene supremo e tutelarla è uno dei compiti più importanti dell’arbitro. In ogni circostanza. Perciò, secondo l’interpretazione e le linee guida internazionali, il contatto pieno (e duro) con la suola aperta sopra la caviglia dell’avversario comporta un cartellino rosso per fallo grave». E, da regolamento, come minimo due giornate di squalifica. «Questa interpretazione - spiega Wermelinger - proviene principalmente dalla UEFA. Nei casi in questione (Servette e San Gallo), la controversia si crea perché è la vittima del contrasto a mettere la gamba nella normale giocata dell’avversario. Possiamo quindi capire che - a seconda del punto di vista e del grado di coinvolgimento - si arrivi a conclusioni diverse quando si valutano scene di questo tipo. È quindi nostra intenzione sfruttare tali episodi per discutere con la UEFA l’interpretazione delle regole e così apportare modifiche per la nuova stagione».

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