Calcio

Ancora finale, e di nuovo dopo una gara da pazzi!

Magico Lugano, vittoria a Ginevra e per il secondo anno di fila capace di staccare il biglietto per il grande ballo del Wankdorf dopo i rigori – Decisivi la trasformazione di capitan Sabbatini e l'errore di Mbabu
© KEYSTONE / MARTIAL TREZZINI
Massimo Solari
06.04.2023 00:12

Magico Lugano. Come un anno fa contro il Lucerna. Come nel 1992, giustiziere di un Servette che un po’ si sentiva già in finale. A maggior ragione dopo aver agguantato i bianconeri a un amen dal triplice fischio finale, quando il risultato stava premiando per 2-1 gli uomini di Croci-Torti. Sì, il vento allo Stade de Genève è cambiato più volte. E la magia della Coppa Svizzera ha travolto tutto e tutti. Che notte, quante emozioni. Dalla sofferenza alla speranza. Poi la paura tremenda, di non farcela, fino all’appendice più folle. Certo, quella dei calci di rigore. La storia si è ripetuta, appunto, perché a godere e a piangere dalla gioia, alla fine, sono stati i bianconeri, mentre il digiuno dei granata durerà ancora. La partita del decennio, lo è stata comunque. Eccome, se lo è stata. 120 minuti e oltre di agonia, sino alla trasformazione decisiva dell’uomo simbolo: capitan Sabbatini. Assente dodici mesi fa in occasione del penultimo atto con il Lucerna, l’uruguaiano non ha tremato nel momento topico. E prima di lui freddi, quasi in modo inimmaginabile, sono stati pure i compagni. A tradire il Servette, invece, è stato Mbabu, grande colpevole già sulle azioni che nel primo tempo avevano permesso al Lugano di ribaltare il vantaggio di Kutesa. Era stato Aliseda, straripante, a illudere tutti. Dando un volto completamente diverso a un incontro inizialmente dominato dal Servette.

La profezia del Crus

Lo aveva detto Mattia Croci-Torti, che ci sarebbe stato da soffrire. E, in Coppa, il Crus non sbaglia mai. Sin qui, perlomeno, non è ancora successo. Dieci partite, dieci vittorie. Pazzesco, come pazzesca è stata la sua squadra. Perché, dunque, non sognare un clamoroso bis? A questo punto, poco importa se l’avversario - al Wankdorf - sarà lo Young Boys, formazione quasi imbattibile in stagione e che fra le mura amiche godrà dei favori del pronostico. Beh, in fondo era così anche in riva al Lemano, dove il Servette aveva tutto da perdere e però credeva che non sarebbe mai accaduto.

Comparse e protagonisti

Dev’essere successo anche durante la gara. Dapprima alla luce di un avvio a spron battuto, con gli ospiti costretti nell’angolo e per un attimo pure superati nel punteggio. Il Lugano, però, ha dimostrato di poter reggere a ogni urto, a ogni presunto colpo del kappaò. Macché, nemmeno la beffarda rete di Crivelli ha messo al tappeto i ticinesi. Che soprattutto nei supplementari sono riusciti a ritrovare la necessaria lucidità per tenere testa ad avversario e ambiente ostile. In cuor suo, probabilmente, il Lugano sapeva che la vittoria sarebbe potuta arrivare solo dal dischetto. E così è stato, grazie alle intuizioni di Celar, Bottani, Amoura, Macek e del già omaggiato Sabbatini. Un epilogo struggente, bello, bellissimo, che premia un gruppo tanto giovane quanto resiliente. Banalmente, una compagine entusiasmante e persino consistente, nonostante a differenza della scorsa edizione manchino dei pezzi da novanta. Emblematico, sotto questo aspetto, è stata pure la semifinale giocata ieri. Con elementi come Steffen (ma oramai non è più una novità) e Celar attori non protagonisti. A fare la differenza sono stati altri, da un Aliseda in formato extra-lusso al ritrovato Valenzuela. Per tacere delle prove gagliarde di Daprelà e Hajdari, il maestro e l’allievo. Giganti in una notte indimenticabile. Non l’ultima, no. Perché il 4 giugno, a Berna, c’è un’altra folle storia da scrivere. 

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