Calcio

Croci-Torti: «Farò autocritica»

Il suo Lugano mastica amaro e rinvia nuovamente l'appuntamento coi tre punti a Cornaredo
©Gabriele Putzu
Massimo Solari
26.02.2023 23:00

Chiavi riconsegnate e addio bagordi. Il carnevale, in Ticino, è finito. Per le vie di Basilea, invece, si è iniziato a festeggiare alle 4 di questa mattina. Grazie alla versione più importante della Svizzera, patrimonio dell’UNESCO. Il testimone, metaforicamente parlando (ma nemmeno tanto), è stato scambiato a Cornaredo. Stelle filanti e coriandoli bianconeri prima, il mondo rovesciato dai renani poi. A masticare amaro, va da sé, è il Lugano. Beffato clamorosamente quando la vittoria sembrava oramai una formalità. Già, perché la squadra di Mattia Croci-Torti ha indossato il vestito migliore per almeno una sessantina di minuti. Divertendosi e divertendo il pubblico di casa. E poi? Poi, purtroppo, a Sabbatini e compagni è caduta la maschera. Al Basilea sono bastati quindici minuti all’arrembaggio e due cross ben assestati, mentre la difesa bianconera forse già pregustava i premi accarezzati in cima al palo della cuccagna. Uno sbandamento per certi versi imperdonabile. «Ma che, nonostante la rabbia e considerato l’avversario, dobbiamo accettare» osserva, scuro in volto, Mattia Croci-Torti.

«Girano le scatole»
Il tecnico del Lugano sintetizza così il copione del match. Stravolgimento conclusivo compreso. «Per battere i renani serve essere perfetti per 90 minuti. Noi lo siamo stati per 74. Successivamente - purtroppo - abbiamo sbagliato due letture difensive». Già. Doumbia si è addormentato sull’inserimento di Males. Mentre una decina di minuti più tardi, Lang non si è fatto pregare, solo soletto nel cuore dell’area bianconera. «Girano le scatole, eccome» ammette il Crus: «Abbassarsi contro il Basilea, avanti di due reti, ci sta. A maggior ragione se, come fatto dalla mia squadra, le chance concesse all’avversario sono quasi nulle. Purtroppo il 2-1 ci ha tagliato le gambe». Eppure, prosegue l’allenatore momò, «non ci è mancata del tutto la forza per reagire. Una volta incassato il pareggio renano, abbiamo avuto l’opportunità per vincerla ancora». Vero. E il rimpianto, per questa ragione e a fronte dell’erroraccio di Steffen a due passi dalla porta, assume proporzioni enormi.

Tutte le strade portano a Roman
Dici rimpianto e pensi anche a Roman Macek. Autore di un primo tempo immenso, impreziosito da due invenzioni tramutate in oro da Celar e Aliseda. «La delusione è grande, grandissima» afferma il centrocampista ceco, come settimana scorsa a Berna schierato largo a destra. «Bisogna riconoscere che il Basilea, dopo la pausa, ha cambiato atteggiamento». Mister Croci-Torti, al proposito, menziona gli ingressi di Calafiori e Lang, più fisici e superiori nei duelli. Macek, a sua volta, ricorda il pericoloso abbassamento del Lugano. «Un arretramento forse eccessivo, sì, anche se non ha comportato chissà quali rischi. Banalmente, non dovevamo concedere quei due palloni di troppo nei nostri sedici metri. Allo stesso modo, quando avevamo la palla avremmo dovuto portarci più velocemente nella loro metà campo». Le ripartenze gestite male, in effetti, sono state parecchie, con Babic a far rimpiangere Celar, acciaccato e sostituito a metà incontro. «È venuta meno la brillantezza» evidenzia in merito il Crus, prima di puntare il dito contro se stesso. «Dovrò fare tanta autocritica» riconosce il tecnico dei bianconeri. Per poi anticipare alcuni contenuti della disamina personale: «Probabilmente alcuni cambi andavano fatti prima. Penso a Bislimi e Macek. Dopo una prestazione molto positiva per volume di gioco, erano in netto calando. Puntualmente venivano superati». Entrambi sono però rimasti in campo sino al 2-2.

Georg Heitz e la passione
Meno controllabili, per l’allenatore, sono invece altri fattori. Come la mancanza di freddezza sotto porta - «potevamo, dovevamo fare più gol nei 45’ iniziali» - o l’interpretazione di alcuni episodi sospetti da parte del team arbitrale: su tutti un fallo ai danni di Macek che è parso a tutti dentro i 16 metri ma che Wolfensberger e VAR hanno ritenuto fosse nato all’esterno dell’area. E con la passione, invece, come la mettiamo? Il ds dei Chicago Fire Georg Heitz, nell’intervista pubblicata sabato su queste colonne, ha ravvisato margini di miglioramento sotto questo aspetto. «Sono parole che ci stanno, è il nostro padrone» rileva il Crus. «A mio avviso la passione non manca. Ci sono tuttavia dei momenti, e penso anche alle ultime uscite, in cui non siamo in grado di fare il necessario clic per evitare di lasciare la partita in una sorta di terra di mezzo». Proprio così. Magari regalando il costume più bello a regnanti che nemmeno lo meritano.

Correlati