I leader europei e il Lugano negli stadi di Viktor Orban
Tra due giorni il Lugano sarà di scena alla TSC Arena, casa del Backa Topola. Sempre giovedì, alla Puskas Aréna di Budapest si terrà il quinto vertice della Comunità politica europea (CPE). Ma che cosa lega il terzo turno di Conference League e la riunione di una cinquantina di capi di Stato europei, Svizzera compresa? Beh, a ospitare entrambi gli eventi saranno due «creature» di Viktor Orban, controverso premier ungherese che ha trasformato la passione per il calcio in un efficace strumento di potere. La costruzione di nuovi stadi, o l’ammodernamento di strutture già esistenti, non ha mai smesso di scandire il mandato del leader sovranista. In patria, ma non solo. Il governo Orban finanzia in effetti diversi club legati alle minoranze magiare presenti in Romania, Slovacchia, Croazia e, appunto, Serbia.
Un ponte fra due nazioni
La squadra di Mattia Croci-Torti volerà mercoledì nel nord del Paese balcanico. E lo farà da formazione di vertice sia in Super League, sia in Conference. I bianconeri sfidano il TSC Backa Topola a punteggio pieno e con l’intenzione di raggiungere quota 9 punti, sinonimo - come minimo - di qualificazione ai playoff di febbraio. Ad attendere Bottani e compagni, suggerivamo, c’è una società che parla due lingue: il serbo e l’ungherese. Fallito sotto il peso dei debiti all’inizio del millennio e rinato nel 2005, il club ha conosciuto un’ascesa vertiginosa, in termini manageriali, infrastrutturali e - va da sé - competitivi. Eppure parliamo di una cittadina rurale, situata a circa due ore d’auto da Belgrado - cuore pulsante del calcio serbo - e però a una settantina di chilometri dal confine. L’area di Vojvodina accoglie quasi 200mila ungheresi. «E, sì, per quanto la nostra sia una realtà sportiva serba, il governo di Orban ci ha aiutato a raggiungere l’attuale livello grazie alla comunità magiara che vive nella regione» riconosceva il presidente e uomo d’affari Janos Zsemberi in un’intervista rilasciata un anno fa al Guardian.
La promozione nel massimo campionato è arrivata al termine della stagione 2018-19 e ha alimentato altri importanti successi dentro e fuori dal campo. Oltre a insidiare Stella Rossa e Partizan, regalandosi i gironi di Europa League nel 2023 e l’attuale partecipazione alla Conference, il Backa Topola ha battezzato una nuova accademia (nel 2018) e - nel settembre del 2021, guarda caso con un’amichevole contro il Ferencváros - quello che viene definito «lo stadio più moderno del Paese». Il tutto è stato possibile attraverso il sostegno economico della Federcalcio ungherese e, soprattutto, i circa 30 milioni di euro garantiti dal governo di Viktor Orban. E, no, non deve sorprendere che tra gli sponsor principali del club figuri la MOL, multinazionale ungherese del petrolio e del gas.
Utili al potere
Il numero uno del partito nazionalista Fidesz ha promosso un sistema di esenzione fiscale, denominato TAO, che consente alle imprese di rendere detraibili gli investimenti nello sport. Ebbene, buona parte di questi fondi sono confluiti nel mondo del pallone. Basti pensare che undici dei dodici club che compongono l’élite calcistica in Ungheria sono guidati da figure vicine al primo ministro, oligarchi e membri della compagine politica da lui presieduta. Non solo. Nel 2005 Orban ha contribuito a fondare proprio una di queste società: la Puskás Akadémia. Attiva nel piccolo villaggio di Felcsut - duemila anime nella periferia di Budapest -, la squadra gioca alla Pancho Aréna, una sorta di cattedrale con elementi in legno costata 12,4 milioni di euro e teatro del match fra Israele e Svizzera valido per le qualificazioni a Euro 2024.
Sullo sfondo le elezioni americane
Già, tra le differenti modalità scelte per esprimere le proprie simpatie e dimostrare l’influenza sullo scacchiere europeo, il governo Orban ha fatto ripetutamente leva sugli stadi di casa, da un anno a questa parte trasformati in «rifugio» per le partite della selezione dello Stato ebraico e al contempo in arene politiche. L’Ungheria e il suo leader, che nel 2024 sono diventati presidenti di turno del Consiglio dell’Unione europea, non hanno mancato di ribadire il messaggio in queste settimane. E la designazione della Puskas Aréna per l’imminente summit della CPE è lì a dimostrarlo. Costato 600 milioni di euro e per questo motivo gioiello più in vista della collezione plasmata dal premier, l’impianto della capitale accoglierà pure i dirigenti dei 27 paesi membri dell’UE. Venerdì è infatti in agenda un incontro informale con la «competitività» quale principale tema di discussione. Il timore, tuttavia, è che alla festa si imbuchi un altro soggetto. Più che il risultato di TSC Backa Topola-Lugano e della Conference League, Viktor Orban spera di poter esultare per l’esito delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. E non crediamo necessario specificare per chi faccia il tifo.