Intrattenimento

Lo sport in diretta e le mosse dei giganti dello streaming

L’offensiva di Amazon nei match natalizi della Premier League, avviata nel 2019, si chiude domani – Il colosso del commercio online si concentrerà su Champions, NBA e NHL – Netflix, che ha appena messo le mani sui Mondiali di calcio femminili, si gode il successo per l’operazione «Christmas Day» e le gare in diretta della NFL
©AP/David J. Phillip
Massimo Solari
26.12.2024 21:48

Il Boxing Day, per i tifosi inglesi, è sacro. Una tradizione non solo calcistica, certo, ma che nella Premier League ha trovato un’alleata preziosa. La perfetta sintesi tra costume e consumismo moderno. Che Amazon abbia deciso di puntare su questo binomio, dunque, non deve sorprendere. Da sei stagioni a questa parte, il colosso del commercio online trasmette 20 partite «natalizie», un turno a inizio dicembre, il secondo in zona Santo Stefano. Il periodo di shopping più intenso dell’anno racchiuso in un redditizio abbraccio, appunto. Dal 2025, però, non sarà più così. La creatura di Jeff Bezos si è infatti chiamata fuori dall’asta per il nuovo ciclo nazionale di diritti tv destinati alla copertura del massimo campionato. E così, il match di domani sera tra Arsenal e Ipswich Town chiuderà l’operazione strategica avviata nel 2019.

Non a tutti i costi

Le ragioni di questo passo indietro sono presto spiegate. Il nuovo accordo quadriennale, banalmente, costava troppo. Sì, anche per una multinazionale che lo scorso anno ha presentato un fatturato di 575 miliardi di dollari. A mettere le mani sul prodotto Premier League, sino al 2029, sono stati Sky Sports e TNT. Il valore dell’investimento? Esagerato. Si parla di 7,5 miliardi di franchi. E se prima e durante la pandemia Amazon era riuscito a strappare un pacchetto di 20 partite per «soli» 34 milioni di franchi a stagione, a questo giro quello più piccolo presentava 56 gare e si stima che per aggiudicarselo sarebbe serviti almeno 300 milioni. Uno scarto eccessivo e, dicevamo, finanziariamente insensato. Nel 2019 - per ragioni di marketing - gli amministratori della Premier vollero a tutti i costi portare a bordo una piattaforma dello streaming. Gli importi monstre legati ai diritti tv delle prossime stagioni, per contro, dimostrano come la lega più ricca d’Europa continui a correre su ritmi insostenibili per la concorrenza, senza dunque il bisogno di «svendersi».

Da parte sua Amazon ha raggiunto anzitempo l’obiettivo. Esserci nel frangente per eccellenza nella corsa agli acquisti, incrementare il più possibile gli abbonamenti al servizio a pagamento Prime e nel frattempo pianificare altre mosse nell’allettante - e però rischioso - mondo dello sport dal vivo. Per quanto riguarda il «vettore calcio», la piattaforma del commercio e dello streaming ha in tal senso rivisto in parte la sua strategia, puntando sui diritti di trasmissione della Champions League in Germania, Italia e, dal 2024-25, nel Regno Unito. Gli estremi dell’intesa sottoscritta con la UEFA potrebbero apparire meno convenienti, dal momento che Amazon è chiamata a sborsare circa 170 milioni di franchi a stagione per 17 partite. Di più per meno, insomma. A mutare, tuttavia, è la logica dell’investimento, in questo caso distribuito sull’intero arco dell’anno e, grazie alla copertura in esclusiva delle sfide più interessanti, teso alla fidelizzazione di utenti e clienti.

Due mercati diversi

La Premier League, quindi, ha costituito il grimaldello per piazzare la propria bandierina in uno spettacolo di primo livello e al fianco di storiche emittenti sportive. Per dire: dopo il calcio inglese era arrivato pure l’accordo per la trasmissione esclusiva del «Thursday Night Football» negli Stati Uniti, da questa stagione Amazon copre la NHL in Canada e - non da ultimo - dal 2025 e per undici anni Prime Video trasmetterà in esclusiva in tutto il mondo 66 partite della stagione regolare dell’NBA. Tutti contratti miliardari che hanno un minimo comun denominatore: il mercato americano, sia come riferimento, sia come perno.

Significative, al proposito, sono le osservazioni rilasciate a The Athletic dall’analista ed esperto in media e telecomunicazioni François Godard. «Il mercato statunitense è molto diverso. La pubblicità in Europa è di gran lunga inferiore. Le cifre dicono che il 25% di una trasmissione sportiva negli USA è costituito da pubblicità, mentre in Europa si è all’8%». Di qui, per le piattaforme streaming, la necessità di funzionare innanzitutto oltreoceano. Gli esempi non mancano: Apple TV possiede i diritti per la MLS, YouTube quelli della NFL, DAZN si è invece appena assicurato i diritti per la trasmissione della nuova Coppa del Mondo per club targata FIFA. E poi? E poi c’è Netflix.

Stando al Secolo XIX, il gigante dello streaming avrebbe adocchiato la Serie A e il prossimo ciclo di diritti tv. Ancora Godard: «Non scommetterei contro l’acquisto di diritti sportivi da parte di Netflix nei prossimi anni, ma prima di provare a muoversi in Europa, devono riuscire a mettere a punto il loro modello negli Stati Uniti». Detto, fatto. Oltre ai diritti dei Mondiali di calcio femminili del 2027 e del 2031, il gigante degli streamer si è appena regalato un Natale da sogno. Oddio, è stato necessario sborsare 150 milioni di dollari, ma la mossa «Christmas Day» è stata un successo.

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