Così in alto, c'è solo un capitano
«Ha tecnica, visione di gioco e i tempi giusti per gli schemi “palla a terra” tanto cari a Davide Morandi. Già buona l’intesa con i compagni del reparto avanzato Sadiku e Bottani». Il collega Fernando Lavezzo dipingeva così la prima pagella di Jonathan Sabbatini. Correva il 26 settembre del 2012, il Lugano pareggiava 1-1 a Bienne e il centrocampista uruguaiano si guadagnava la palma del migliore in campo - nota 5 - grazie altresì a un assist. «Sabbatini? È il gemello maturo di Bottani» avrebbe detto di lui qualche giorno dopo l’allenatore. Insomma, le premesse per un matrimonio felice sembravano date. Eppure, al netto di una delle molteplici intuizioni di mercato dell’ex presidente Angelo Renzetti, nessuno avrebbe scommesso su una fedeltà così tenace. Intramontabile. Già. Domani sera, a Cornaredo, «Sabba» disputerà la 412. partita per l’FC Lugano. E, va da sé, lo farà indossando la fascia al braccio.
La cara e vecchia Gurzelen
A premiare il capitano, prima del fischio d’inizio del match contro il Basilea, ci sarà anche Carlos Da Silva. E pensare che l’attuale direttore sportivo, in occasione dell’esordio di Sabbatini, vestiva ancora la maglia bianconera e sarebbe subentrato all’80’. Il destino. Che nel Bienne deve aver colto qualcosa di magico. Basti pensare che 6 delle 49 reti messe a segno dal numero 14 con il Lugano sono arrivate contro i «seeländer». Fra cui la prima doppietta e - a proposito di anniversari, era l’8 dicembre - uno dei tre gol grazie ai quali il 2013 si chiuse con il sorriso. Di più (e soprattutto): alla vecchia Gurzelen Sabbatini ha vissuto uno dei momenti più intensi della sua avventura in bianconero: la promozione in Super League al termine del campionato 2014-15.
La «C» all’improvviso
In campo, quel pomeriggio, c’era anche Mattia Bottani. Né più, né meno, il compagno di una vita. Sono 255 le gare condivise con Sabbatini. Per un totale di 14.773 minuti e chissà quante trasferte trascorse tratteggiando sogni dalla stessa camera d’albergo. No, nessun calciatore è stato vicino a Jonathan quanto il «Pibe». Per trasformare Sabbatini nel capitano del Lugano - gettando le basi per una futura istituzione - fu tuttavia necessario perdere proprio il «Botta». All’alba della stagione 2016-17 - la seconda in Super League - Andrea Manzo aveva preso la sua decisione: in assenza dell’infortunato Antoine Rey, a vestire la «C» sarebbe stato Bottani. Andò così nel primo turno contro il Lucerna, poi però il pressing del Wil divenne insostenibile e il giocatore decise di riabbracciare la Challenge. Il 30 luglio del 2016, dunque, a stringere per primo la mano degli avversari al Wankdorf di Berna fu Sabbatini. Capitano per sempre.
Instancabile, inamovibile
Manzo, Tramezzani, Tami, Abascal, Celestini, Jacobacci, Braga, Croci-Torti. Tutti, da allora, si sono affidati ai valori e alle qualità del calciatore nato a Paysandù, a due passi dall’Argentina. E il classe 1988 raramente ha tradito. Sabbatini ha guidato il Lugano a tutti i livelli: in campionato, in Coppa Svizzera - perdendo sul più bello nel 2016 e lo scorso giugno, ma trionfando nel 2022 - e in tre campagne europee. Inamovibile, instancabile, indispensabile, nonostante il trascorrere del tempo. Rarissimi gli infortuni e, di riflesso, i match saltati. Il 22 maggio del 2016, comunque, fu tanta la paura: si giocava la penultima di campionato, a Vaduz, e «Sabba» perse i sensi per una ginocchiata in pieno volto rifilatagli dal compagno di squadra Malvino. Terrore, appunto, con tutti i bianconeri in lacrime. Il centrocampista sudamericano, fortunatamente, se la cavò con una commozione cerebrale. E il primo cartellino rosso? Si fece attendere, addirittura sino al maggio del 2018, contro il Sion, guarda caso nel giorno della 200. apparizione in bianconero.
Rinnovare? Sì, no, forse
I gettoni di Sabbatini, nel frattempo, sono più che raddoppiati. Incredibile. Come per altro aveva tenuto a sottolineare il recordman uscente Morf, in una recente intervista al CdT: «Lo ammiro, sì. Nel calcio moderno è tutto fuorché scontato accettare di sposare una società per sempre. Per più di tre anni, in media, non si rimane nella stessa squadra. La scelta di Jonathan rappresenta in tal senso l’eccezione. E senz’altro questo gli fa onore». Onore e rispetto: concetti che hanno probabilmente scandito le trattative per i diversi rinnovi contrattuali firmati in questi anni. Le offerte da altri club - anche importanti - non sono mancate. Ma Sabbatini da Cornaredo non se n’è mai andato. Oddio, di tira e molla ve sono stati. Renzetti, per dire, parlò di «circo mediatico» riferendosi alle negoziazioni poi concluse per il meglio nell’estate del 2017. «Sabba», in tal senso, si è sempre affidato a Pablo Bentancur. «Il mio lavoro sarebbe molto facile se nel calcio vi fossero tanti giocatori come Sabba» ci dice l’influente manager sudamericano. «Un calciatore intelligente, dentro e fuori il campo. Insomma, uno che sa esattamente dove stare e come comportarsi. È così che si diventa leader naturali. E in merito ho solo una speranza». Quale? «Che l’FC Lugano non mi faccia un enorme regalo, rinunciando a un pezzo di storia che - in scadenza e malgrado un futuro da scout disegnato su misura dal club - ha ancora tanta voglia di giocare». Lontano da Cornaredo? Addirittura al Comunale di Bellinzona? Suvvia, non ci crederebbe nessuno.