Ma orfani di Xhaka non significa sconfitti in partenza
Ci sono una cattiva e una buona notizia. La prima, figlia dell’infelice avvio in Nations League in Danimarca, riguarda l’assenza di capitan Granit Xhaka nel match di cartello del gruppo 4. Il leader e faro del gioco rossocrociato salterà la sfida di Ginevra contro i campioni d’Europa della Spagna. Non il massimo, appunto, considerata la portata dell’avversario e la necessità di non farsi sorprendere dal nuovo formato della competizione, tanta generosa con le prime due classificate, quanto spietata con la terza e la quarta.
La Svizzera, però, è già scesa in campo orfana del suo numero dieci. E, venendo agli appigli a cui aggrapparsi, non è andata affatto male. Anzi. Negli ultimi dieci anni è accaduto diciassette volte e solo in un’occasione la selezione elvetica è stata battuta. Correva il novembre del 2015 e, nel quadro di un’insignificante amichevole esterna, ad avere la meglio era stata la Slovacchia. E i quarti di finale di Euro 2020 proprio con gli iberici? Vero, i rigori avevano premiato la Spagna. Ma i tempi regolamentari, per altro interpretati alla grande, si erano chiusi sull’1-1.
Riecco Zakaria
Anche Murat Yakin si è ritrovato costretto a ragionare e comporre senza il cervello della squadra. Addirittura lo aveva dovuto fare all’alba del suo mandato, con addosso una pressione non indifferente. Ebbene, la prima cotta per «Muri» era nata in questa delicata circostanza, con la Svizzera capace di qualificarsi direttamente ai Mondiali del 2022 a discapito dell’Italia. A dare sostanza a quel centrocampo erano stati Remo Freuler e Denis Zakaria. E domani, allo Stade de Genève, la storia dovrebbe ripetersi. Perché no, magari con un Vincent Sierro in più.
Le scuse di Granit
Intanto è arrivata anche l’ammissione di colpa di Xhaka. «Alzo le mani e chiedo scusa alla squadra» il messaggio pubblicato su Instagram all’indomani dello sciocco cartellino rosso rimediato a Copenaghen. Al capitano, lo ricordiamo, non era andata giù la prima delle due reti segnate dalla Danimarca, germogliata con Breel Embolo a terra. «La parola rispetto è molto importante nel calcio, ma i giocatori danesi hanno mostrato tutto fuorché un atteggiamento rispettoso» le parole del centrocampista del Leverkusen a fine partita. Sta di fatto che il primo giallo è arrivato mentre Dorgu esultava, con il capitano avversario Hojbjerg preso «abbracciato» vigorosamente. Cinque minuti più tardi un fallo gratuito in mediana si è quindi tradotto nell’inutile espulsione+squalifica.
Lavorare anche sugli stimoli
Il caotico finale di match, va detto, ha incrinato una prestazione sin lì dignitosa da parte degli uomini di Yakin. Oddio, nulla a che vedere con le bollicine dell’Europeo. Ma l’assenza di Ndoye, così come le condizioni quadro dell’incontro - a inizio stagione, dopo tre addii pesanti e con alcuni elementi non sulla cresta dell’onda nei club - vanno tenute in considerazione. Peccato che la Nations League non aspetti le migliori sensazioni degli uni e degli altri. Tocca al ct rispolverare la bacchetta magica, magari accettando che l’effetto Aebischer - sulla corsia di sinistra - era inevitabilmente destinato a svanire. Ma è pure sulle motivazioni e sulla testa che Yakin è chiamato a intervenire d’urgenza. La Nations League non è un Europeo da plasmare e trasformare in un sogno. Siamo tutti d’accordo. Ora, però, c’è una reputazione collettiva (oltre che dei singoli più quotati) che sarebbe un peccato dilapidare.