Calcio

Martin Blaser: «Un anno fa avevamo la Coppa, ma oggi siamo più rispettati»

Il CEO dell’FC Lugano analizza le pieghe di una stagione positiva - «Nel 2022 abbiamo conquistato il trofeo, domenica ho però compreso di quanta considerazione godiamo» - Il dirigente bianconero si tiene stretto Mattia Croci-Torti: «Mi ricorda Rehhagel»
Il massimo dirigente del club bianconero. ©CdT/Gabriele Putzu
Massimo Solari
06.06.2023 06:00

Forse, le ultime ore non sono state così aspre. Forse. E nemmeno così indigeste. La rimonta incompiuta del Wankdorf e lo scettro consegnato allo Young Boys sono un calice amaro. Non si discute. Ma sono altresì motivo d’orgoglio. Mentre il cuore bianconero vibrava, soffocato dalle emozioni, i campioni svizzeri hanno tremato. Eccome. Una finale storica e al contempo bellissima. Per chi alla fine ha alzato al Coppa e chi, appunto, si è dovuto accontentare di una passerella condita da applausi sinceri. «E questo riconoscimento si è tradotto in tanti messaggi, anche inaspettati, nelle ore seguenti il match» afferma Martin Blaser. Il CEO dell’FC Lugano parla di «rispetto». Un rispetto trasversale alla Svizzera. «Da un punto di vista personale ero molto deluso: ho sempre avuto problemi ad accettare la sconfitta» prosegue il massimo dirigente del club. Per poi tuttavia ribadire «la sorpresa, in positivo, a fronte dei tanti attestati di stima ricevuti. L’opinione pubblica sembra aver compreso che in Ticino si sta muovendo qualcosa. L’immagine di “piccolo Lugano” ha lasciato spazio alla considerazione. E, certo, fa molto piacere».

«2.000 in più: spiegatemelo»

Il concetto di «sconfitta onorevole», insomma, ha ragione di esistere. «Tra il 15 maggio del 2022, naturalmente ricordato per il trionfo sportivo, e il 4 giugno del 2023, l’atteggiamento delle terze parti verso la società ha conosciuto un salto di qualità» sottolinea Blaser. «Non nego che le ultime settimane ci stanno aiutando ad aprire diverse porte». Nel vocabolario del CEO bianconero, però, il termine «appagamento» è stato omesso. Il pensiero corre già alla stagione 2023-24, sia sul piano sportivo, sia su quello aziendale. «E sui taccuini del sottoscritto e delle altre figure al vertice della nostra organizzazione non mancano i punti da migliorare in vari settori». Restiamo sul rettangolo verde. O meglio, attorno a esso. Nel giro di dodici mesi, il seguito della prima squadra al Wankdorf è passato da 9.600 a 11.600 tifosi. Eppure, qui sì, a causa di un fisiologico appagamento, la conquista dell’ultima Coppa avrebbe potuto tradursi in altri numeri. È accaduto il contrario. «In un primo momento, lo ammetto, l’ipotesi di un incremento del pubblico bianconero non era stata per forza messa in conto» riconosce Blaser. «Quanto avvenuto nei fatti, a mio avviso, costituisce dunque l’aspetto forse più positivo della campagna appena conclusa. Ha funzionato, ma - a oggi - non saprei spiegare con certezza le ragioni di questo risultato. Anzi, sono aperto ad ascoltare le interpretazioni di tutte le parti coinvolte. Senz’altro, come è spesso avvenuto con il Sion e i suoi sostenitori, la competizione è in grado di creare un legame speciale con la popolazione. Alto e Basso Vallese. Come Sopra e Sottoceneri».

Il Crus vuole il titolo? Se ciò significa essere pronti a sfruttare i passi falsi delle squadre più forti, la penso come lui
Martin Blaser, CEO FC Lugano

Il Crus funziona anche altrove?

Stando al CEO del Lugano, non esiste quindi una risposta inequivocabile per inquadrare i massicci esodi a Berna. Una, suggeriamo noi, fa rima con Mattia Croci-Torti. A volere dodicimila ticinesi al Wankdorf, d’altronde, era stato proprio l’allenatore dei bianconeri. E pensare di privarsi di questa calamita sociale, soprattutto in vista del nuovo stadio, appare quasi impensabile. Un azzardo, già. Peccato che il contratto del Crus non sia «a vita» - alla Ferguson - ma scada sei mesi prima dell’inaugurazione della futura arena, a inizio 2026. Blaser sorride. «Lo abbiamo evidenziato più volte: il nucleo del nostro progetto sono i risultati. E se la prossima stagione dovesse aprirsi con sette sconfitte consecutive - qui come altrove - tanti bei discorsi sull’ascendente popolare del tecnico e le sue competenze comunicative e di marketing sarebbero difficili da sostenere. Purtroppo, e lo certificano le statistiche, gli allenatori che lavorano 6-7 anni nello stesso club sono una rarità. Senza dimenticare che, come qualsiasi dipendente, Mattia potrebbe - presto o tardi - bussare alla mia porta e annunciarmi di aver ricevuto un’offerta irrinunciabile. Detto questo, ciò che riesce a fare Croci-Torti, in campo e pure all’esterno, è per certi versi paragonabile all’era di Otto Rehhagel al Werder Brema». Quindici anni di entusiasmo e successi, per chi non se lo ricordasse. «È lecito domandarsi se figure come quelle del Crus funzionino solo in determinate realtà o, per esempio, anche a Zurigo» osserva Blaser. «La mia risposta, al momento, è precisa: dobbiamo fare in modo di estendere il più possibile questa proficua collaborazione. Nella posizione strategica occupata, l’autenticità di Mattia è un regalo».

Exploit VS stabilità

E a proposito di doni. L’allenatore del Lugano vorrebbe presto impacchettarne uno bello grosso ai tifosi. «Il titolo». Lo ha dichiarato apertamente al CdT, precisando - è doveroso ricordarlo - come indispensabili sarebbero delle stagioni toppate dai vari YB e Basilea. Per un dirigente come Martin Blaser, fautore dei processi di crescita graduali, una fuga in avanti o una riflessione condivisibile? «È un ragionamento corretto. Da intendere con l’essere pronti, in qualità di società, staff e squadra, a sfruttare un’eventuale opportunità. Non si tratta, al contrario, di iniziare il campionato aspettandosi il titolo. La differenza fra le due concezioni è enorme. Trovo comunque stimolante e parte dello sviluppo ritoccare verso l’alto le aspettative e osservare come il gruppo reagisce a una pressione di questo tipo». Il Crus aveva avanzato il caso dello Zurigo, clamoroso campione svizzero al tramonto del torneo 2021-22. Il club di Ancillo Canepa, tuttavia, è passato dal paradiso alle pene dell’inferno. Almeno sino alla fine dell’inverno. «Onestamente, non vorrei vivere il percorso altalenante dello Zurigo» indica Blaser: «Prediligo la strada della regolarità e della stabilità. Senza l’ossessione dell’exploit isolato, ma con la consapevolezza di aver creato le condizioni per avere successo».

In caso di addii pesanti, non posso immaginarmi solo neoacquisti di 19-20 anni
Martin Blaser, CEO FC Lugano

Le incognite del mercato

Essere pronti a vincere il titolo qualora, in futuro, la costellazione dovesse rivelarsi favorevole. Ci crede Mattia Croci-Torti e non lo esclude nemmeno Martin Blaser. Ma come è possibile coniugare una simile visione con una rosa che, di mercato in mercato, rischia di perdere per strada i suoi elementi più determinanti. È avvenuto la scorsa estate e verosimilmente - vedi Aliseda cercato da almeno due club di Serie A - si ripeterà a breve. Il CEO bianconero non si scompone: «Premessa: in una lega come quella svizzera, fa parte del gioco. Una società si rifinanzia anche grazie ai trasferimenti. E, sì, le prossime settimane rischiano di presentare un canovaccio paragonabile a quello dell’ultimo mercato estivo. La sfida e il compito principale del dipartimento sportivo, dal team scouting allo staff tecnico, sono però chiari: saper ricreare uno spirito e delle dinamiche vincenti in spogliatoio». L’Europa e l’universo Chicago Fire potrebbero favorire il lavoro del ds Carlos Da Silva. In entrata come in uscita. In caso di addii dolorosi, ad ogni modo, è lecito attendersi una reazione decisa. Un po’ come avvenuto con l’ingaggio di Ousmane Doumbia. «Un mix fra elementi di esperienza e giovani talenti rimane ottimale» risponde Blaser. «La pianificazione prevede di fare un altro, piccolo passo avanti. Non posso dunque immaginarmi che tutti i nuovi acquisti del Lugano avranno 19-20 anni. Significherebbe rimettere in questione l’idea di sviluppo sportivo che il club ha voluto darsi».

In questo articolo:
Correlati