Messi e nuvole, la faccia triste di Parigi

Consacrazione e declino. Il miglior calciatore della storia moderna ha vissuto entrambi nel giro di qualche mese. Parigi sognava di contribuire al sublime e invece si è dovuta nutrire di luce riflessa. Di consacrazioni avvenute e godute lontano, in Qatar e a Buenos Aires. Lì, Lionel Messi è stato il più grande. Quello del Barcellona, per intenderci, abbandonato in lacrime nell’estate del 2021 dopo aver conosciuto una metamorfosi tremenda: da creatura intoccabile a esubero necessario. A 34 anni, Leo ha così smarrito il feeling, l’amore sincero, con l’universo dei club: per colpa e grazie ai soldi. Al Camp Nou - «casa» per 21 anni - serviva liquidità per non affondare; al PSG un altro principe da venerare nel suo parco. Va da sé, rivestendolo d’oro.
40 milioni di euro a stagione non sono però bastati per far divampare la passione di un matrimonio da subito apparso forzato. Un fuoco di paglia, fatto di tanto fumo e rare fiammate. Sino alla cenere. Già, la strappo definitivo fra le parti consumatosi nelle scorse ore - tutto sommato - ha sorpreso pochi. Galeotto è stato il viaggio della Pulce in Arabia Saudita, di cui è ambasciatore. Ma l’impressione è che il club aspettasse solo il pretesto giusto - l’allenamento saltato - per mascherare un’inevitabile rottura con un presunto gesto di autorità. Due settimane di sospensione che hanno già il sapore dell’addio.
Simbolo di una strategia miope
No, al netto delle rispettive responsabilità, non è stato un bel finale. E ciò, suggerivamo, perché si tratta pur sempre del più grande. Di un’icona che a differenza di altre star non ha quasi mai prestato il fianco - con i suoi comportamenti - alle malelingue. Semmai, ci hanno pensato i compagni, Kylian Mbappé - oramai Re Sole - e Neymar, come Messi finito nel tritacarne della contestazione. Dello sdegno, anche, verso una società miope, convinta di poter comprare anche la credibilità e lo spessore internazionale.
Messi - scrive bene Le Parisien - «è diventato, agli occhi dei tifosi, il simbolo di questa politica di reclutamento che consiste nell’impilare stelle con obiettivi individualistici e mercantili». Non a caso, la proprietà qatariota del PSG può sorridere quantomeno sul piano commerciale. Una dimensione, questa, che ha senz’altro approfittato dell’avvento del fenomeno di Rosario. I ricavi, detto altrimenti, sono aumentati su diversi fronti: merchandising, contratti pubblicitari, ricadute mediatiche e ritocco verso l’alto dei prezzi d’entrata allo stadio. Non solo. Sul piano dell’immagine - leggiamo - il Paris Saint-Germain ha fatto nuovi passi avanti, in particolare sul mercato asiatico.
Da promessa a fischiato
Peccato che la progressione economica non si sia tradotta sul campo. Al contrario, c’è chi parla apertamente di regressione sportiva. Un titolo (quasi due) di Ligue 1 e una supercoppa rimangono successi ovvi. Quasi banali. Messi avrebbe dovuto fare la differenza su altri palcoscenici. La Champions League, certo, ossessione dichiarata del presidente Nasser Al-Khelaifi e dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani. Niente da fare. Doha ha potuto esaltare e strumentalizzare solo l’ultimo Mondiale, teatro della splendida cavalcata argentina e apogeo per la carriera di Messi. Nella competizione per club più prestigiosa del pianeta sono invece arrivate altre due cocenti delusioni allo stadio degli ottavi di finale. Missione fallita, insomma, e per il club e per il suo numero 30. Dopo l’ubriacatura nazionale, la Pulce è tornata sulla terra. Oddio, passeggiare ha sempre passeggiato. Anche in Qatar. Ma se al Mondiale l’eternità sportiva passava da un’investitura totale del popolo albiceleste e della sua rappresentativa, a Parigi l’orchestra non lo ha mai riconosciuto come primo violino. Statistiche buone, non clamorose. E, appunto, una sensazione perenne di scollamento dal resto della formazione. Addirittura, il sette volte Pallone d’oro è stato preso di mira da chi nemmeno otto mesi prima lo aveva accolto in delirio. Era il 13 marzo del 2022 e dopo l’eliminazione al cospetto del Real Madrid futuro campione d’Europa, ogni pallone toccato dall’argentino contro il Bordeaux venne accompagnato dai fischi dei tifosi. Un cattivo presagio, in anticipo sul destino.
Tre scenari
E adesso? Cosa accadrà? Per buona parte degli osservatori, Messi non vestirà mai più la maglia del PSG. Lo attendono tre scenari, tutti visti di buon occhio pure dalla famiglia, mai veramente a suo agio nella capitale francese. La priorità, nonché opzione più romantica, si chiama ovviamente Barcellona. Peccato che i balugrana debbano colmare un buco di 200 milioni di euro per potersi permettere un’offerta all’ex mai scordato. A ridosso dei 36 anni e a maggior ragione dopo l’esperienza parigina, Messi potrebbe però continuare a vestire i panni del perfetto mercenario: da un lato vi sono le sirene dei suoi principali estimatori - i sauditi dell’Al-Hilal hanno messo sul tavolo 400 milioni a stagione -, dall’altro quelle della MLS e dell’Inter Miami di David Beckham.