Calcio

Pelé e la maglia numero 10 diventata un'icona per caso

Ai Mondiali del 1958 la selezione verdeoro scordò di assegnare i numeri di maglia ai propri giocatori e così fu la FIFA a forgiare l'emblema del calcio in anticipo sul destino
©EPA/WILL OLIVER
Massimo Solari
30.12.2022 18:00

Ai Mondiali del 1954, quelli disputati in Svizzera, la 10 del Brasile venne indossata da José Lazaro Robles. Chi? Per tutti «Pinga», militava nel Vasco da Gama nel ruolo di ala sinistra. E, sì, fuori dai confini nazionali, se lo ricordano in pochi. I numeri di maglia, all’epoca, costituivano d’altronde un fronzolo. Nulla per cui darsele in spogliatoio o allestire una strategia commerciale. Poi arrivò l’edizione svedese del 1958. Poi arrivò Edson Arantes do Nascimento. E il caso - esatto, proprio lui - rovesciò la scala dei valori. I vertici della selezione verdeoro inviarono alla FIFA la lista dei 22 convocati per il torneo, omettendo però di assegnare i numeri ai diversi giocatori. A ridosso del Mondiale, tra pressione e imbarazzo, ci pensò così un segretario svedese della Federazione internazionale. O il primo delegato brasiliano giunto a Stoccolma. Le versioni sono due. Ma, appunto, a non mutare è l’aleatorietà che consegnò a un 17.enne - Pelé - quello che qualche settimana più tardi sarebbe diventato un simbolo. L’emblema, se vogliamo, del calcio. Prendete Michel Platini, l’altro «Roi». A domanda precisa de L’Équipe, nelle scorse ore ha riconosciuto la paternità iconica della divisa indossata sia in nazionale, sia a livello di club. «C’erano altri 10 per me, come Puskas o Roger Piantoni, ma Pelé ha segnato la storia di questo numero unendo il talento del creativo e del realizzatore. Del resto era piuttosto un nove e mezzo, ma soprattutto era il Re». Insomma, l’uomo in grado di cambiare le sorti di una partita. Da solo. Come in seguito riuscì allo stesso Platini, a Maradona, Baggio, Zidane e - certo - Messi.

«Chiunque abbia indossato la maglia numero 10, lo ha fatto perché è stato lui a consacrare quel numero. E tutti ci si devono confrontare» sottolineava in merito il giornalista Federico Buffa, raccontando a Sky Sport il fenomeno Pelé. «Fino ad allora giocare con la dieci era giocare con la dieci. Due ore dopo, alla fine della prima partita di Pelé con la maglia verdeoro, giocare con la dieci sarà giocare CON la dieci! E ancora oggi il dieci è il numero del calcio». Già, e a evidenziarlo - dopo la morte dell’82.enne - è stato pure Neymar, il 10 verdeoro del presente. Con il trascorrere degli anni, invero, la mitologia di questo numero ha dovuto fare i conti con l’evoluzione della disciplina. Non più forzatamente playmaker, perché no dirottato persino sugli esterni. Come un certo Mbappé, per intenderci. Ma comunque, salvo rare eccezioni, il migliore della squadra. Quello in grado di trascinare un Paese sul tetto del mondo. E Qatar 2022 ce l’ha ricordato una volta di più. 

In questo articolo:
Correlati
O Rei è morto, i suoi numeri nell'eternità
È stato indiscutibilmente il più grande giocatore della sua epoca, vincendo i Mondiali nel 1958 (a soli 17 anni), nel 1962 e nel 1970 - Inanellò una serie di record - Resta solo qualche ombra agli occhi del popolo brasiliano, che gli preferisce Garrincha