Paesi baltici pronti a difendersi
La Russia tratta da giorni con Kiev per porre fine alle ostilità, ma nel frattempo continua a bombardare diverse città dell’Ucraina. Alcuni analisti temono che i suoi sogni imperiali guardino ben oltre il Paese attualmente aggredito. Come si preparano i Paesi baltici a un eventuale invasione russa? Abbiamo sentito le valutazioni di Carlo Palleschi, responsabile del Desk Geoeconomia del Centro studi internazionali (Ce. S.I.) e di Pierluigi Barberini, responsabile del Desk Difesa & Sicurezza dello stesso Ce. S.I.
La NATO ha preso seriamente in considerazione il rischio di un attacco russo anche contro i Paesi baltici. Quali sono state le misure concrete adottate? «Nei giorni scorsi sono stati fatti diversi annunci sul rafforzamento del fianco orientale della NATO, che oltre ai Paesi baltici comprende la Polonia e la Romania, - spiega Carlo Palleschi con il supporto di Pierluigi Barberini - questo rafforzamento è però in corso da diverso tempo. Infatti dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014, negli anni successivi l’Alleanza Atlantica ha creato un dispositivo militare nei Paesi baltici e in Polonia chiamato Enhance Forward Presence. Si tratta di quattro cosiddetti battle groups (gruppi di battaglia ndr) che inglobano truppe provenienti da tutti i Paesi Nato. Tre di questi battle groups sono dispiegati nei Paesi baltici, uno in Lettonia, uno in Estonia e uno in Lituania, e il quarto in Polonia».
Cos’è cambiato in quest’area dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina? «Tanto i Paesi europei della NATO, quanto gli Stati Uniti hanno inviato ulteriori assetti militari sia nei Paesi baltici, sia in altri Paesi dell’Europa orientale - sottolinea Palleschi - proprio per rafforzare questo dispositivo, e quindi in un ottica di deterrenza». Considerata la morfologia dei Paesi baltici e la preparazione delle truppe pronte a dinfenderli, un attacco russo sarebbe confrontato con maggiori o minori difficoltà rispetto a quello condotto in Ucraina? «Un ipotetico attacco con armi convenzionali lanciato contro i Paesi baltici da un punto di vista meramente geografico sarebbe più semplice da condurre per una questione molto semplice, ossia le distanze da percorrere. I Paesi baltici infatti sono molto più piccoli in estensione rispetto all’Ucraina, quindi dal punto di vista della logistica - notano i nostri interlocutori - sarebbe un’offensiva più semplice, paragonata a quella in corso in Ucraina. Al tempo stesso però bisogna considerare che i Paesi baltici fanno parte della NATO e sono difesi da truppe dell’Alleanza Atlantica. Quindi tutto il dispositivo difensivo della NATO nel suo complesso è molto meglio organizzato, molto più capace, possiede sistemi di difesa più performanti rispetto a quelli in dotazione all’esercito ucraino». Inoltre quando un Paese NATO viene attaccato può contare sul sostegno degli altri Paesi dell’Alleanza, giusto? «Sì, un attacco contro i Paesi baltici sarebbe un attacco all’intera NATO, in quanto i Paesi aggrediti potrebbero invocare il famoso articolo 5 che riguarda la difesa collettiva dell’Alleanza Atlantica. Quindi un potenziale aggressore dei Paesi baltici dovrebbe fare i conti con tre Stati difesi da truppe NATO che, come detto, a livello organizzativo e di capacità militari complessive sono molto più performanti di quelle ucraine».
La solidarietà armata della NATO scatterebbe subito dopo l’aggressione di un suo Stato membro? «Ipoteticamente parlando, un’invasione via terra dell’Estonia, Paese NATO, da parte di carri armati russi, permetterebbe al Governo di Tallinn di invocare l’articolo 5 - chiosa Barberini - e quindi la clausola di difesa collettiva e a quel punto tutti i Paesi membri della NATO sarebbero chiamati a fornire supporto all’Estonia in base al principio della difesa collettiva. Consideri che nella storia della NATO l’articolo 5 è stato invocato una sola volta, ovvero dagli Stati Uniti a seguito degli attentati dell’11 settembre 2001».
La Lettonia ha una popolazione composta per circa il 50% da russofoni. Le tesioni tra Occidente e Russia rischiano di ripercuotersi sulla stabilità interna dei Paesi baltici? «Come successo in Ucraina, in Crimea e nel Donbass, che sono le regioni con una forte maggioranza russa al loro interno, la Russia potrebbe far leva sulla minoranza russa, attraverso la propaganda informativa o sulla sovversione per creare un pretesto per un’eventuale invasione militare convenzionale. Va però detto - aggiunge Palleschi - che i Paesi baltici pur presentando delle cospicue minoranze russofone, complessivamente hanno degli assetti istituzionali più stabili rispetto alla stessa Ucraina. Quindi un’eventuale operazione di destabilizzazione da parte russa sarebbe più complessa da attuare».
Moldavia e Georgia sono esposte a maggiori rischi di fronte all’espansionismo russo? «Moldavia e Georgia non sono Paesi membri della NATO, quindi un’ipotetica aggressione russa alla Moldavia o alla Georgia - sintetizza Barberini - non rischierebbe di fare entrare immediatamente in guerra l’Alleanza Atlantica. La risposta del Patto Atlantico sarebbe invece repentina nel caso di un’aggressione a uno o più Paesi baltici. Per cui tale aspetto è importantissimo nei calcoli strategici di Putin, qualora decidesse ipoteticamente di attaccare altri Paesi».