L'inchiesta

Caso Gobbi, in aula sarà decisivo il test del sangue

Verranno rinviati a giudizio in Pretura penale due dei tre agenti della polizia in servizio la sera dell’incidente stradale – Galliani: «Non ci sono elementi che dimostrano l'intenzionalità di favorire Gobbi»
© Ti-Press / Samuel Golay
Francesco Pellegrinelli
11.06.2024 21:03

Decisioni definitive non sono ancora state prese, ma in assenza di eventuali istanze probatorie supplementari, la vicenda dell’incidente stradale che ha coinvolto il consigliere di Stato Norman Gobbi finirà in Pretura penale.

Il nodo: l’esame del sangue

Il procuratore generale Andrea Pagani, titolare dell’inchiesta, ha infatti prospettato l’imminente chiusura dell’incarto con l’emanazione di due atti di accusa e di un decreto d’abbandono. Quest’ultimo a carico dell’ufficiale di picchetto che la sera dei fatti, il 14 novembre, venne contattato telefonicamente dai due agenti indagati, per i quali, invece, Pagani ha preannunciato la promozione dell’accusa di favoreggiamento, in correità tra loro e, per uno di essi, anche - subordinatamente - di complicità.

In buona sostanza, secondo il magistrato inquirente i due agenti, quella sera, avrebbero favorito il direttore del Dipartimento delle istituzioni, decidendo di non sottoporlo al prelievo del sangue. Di qui, la domanda che verosimilmente terrà banco durante l’intero dibattimento: ritenuto che tra il primo test dell’alcol (il cosiddetto «precursore», che risultò leggermente positivo) e il secondo test (ossia il «probatorio», che risultò negativo) erano trascorse oltre due ore, come mai i due agenti non optarono, come richiesto in questi casi, per il prelievo del sangue, in grado di stabilire l’esatta concentrazione di alcol al momento dell’incidente?

Alla domanda cercherà di far luce il dibattimento, previsto - se le tempistiche abituali verranno rispettate - per l’inizio del nuovo anno. Difficilmente, nonostante l’interesse mediatico e politico della vicenda, si procederà prima. Dal canto loro, i due imputati, per i quali vale il principio della presunzione di innocenza, si dichiarano estranei ai fatti, non essendoci - a mente della difesa - elementi che dimostrano la volontà di favorire Gobbi.

Tempistiche e responsabilità

Ma che cosa accadde esattamente la sera del 14 novembre? L’inchiesta ha chiarito tempistiche e responsabilità. Come detto, i quesiti sul tavolo ruotano tutti attorno alla decisione dei due agenti - capogruppo e sergente - di non sottoporre Gobbi all’esame del sangue, e questo nonostante fossero trascorse le due ore di tempo dal momento dell’incidente, termine oltre il quale occorre procedere con il prelievo. Così facendo, i due agenti avrebbero sottratto il consigliere di Stato dall'accertamento probatorio. Ciò che configura, appunto, il reato prospettato di favoreggiamento.

Ma come si è giunti a questa decisione? Secondo una prima ricostruzione, il test precursore venne eseguito dalla pattuglia giunta sul luogo dell’incidente. Sul display dell’apparecchio apparve però la scritta «calibrazione scaduta». I due agenti (che non sono oggetto del procedimento) decisero quindi di chiamare il capogruppo a Camorino, spiegandogli l’accaduto. Quest’ultimo, a sua volta, chiamò il sergente (ossia il secondo agente indagato), il quale chiamò l’ufficiale di picchetto. Durante una telefonata a tre, l’ufficiale, il più alto in grado, decise di inviare i due agenti sul luogo dell’incidente con il test probatorio. Dopodiché, si coricò. Di qui, l’abbandono prospettato a suo carico dal Ministero pubblico. Non potendo sapere che il test sarebbe stato eseguito in ritardo, ogni accusa a suo carico è quindi caduta. Differente, invece, l’esito dell’inchiesta nei confronti del capogruppo (rappresentato dall'avvocato Roy Bay) e del sergente (patrocinato da Maria Galliani).

Galliani: «È la prassi»

Secondo i dati forniti dal gps della pattuglia, il tragitto venne percorso in 40 minuti, un tempo ordinario. Il test probatorio fu eseguito ad Airolo, dove ad attendere il sergente e il capogruppo c’era la pattuglia con il consigliere di Stato. Il test dell’alcol, come detto, risultò leggermente sotto. La finestra delle due ore di tempo però era trascorsa ma i due agenti decisero comunque di non procedere con il prelievo. Perché? Secondo la difesa questa era la procedura abituale. «Era una pratica in funzione da tempo» ha commentato al CdT Maria Galliani. «La prassi era chiara: se si sfora il test probatorio di qualche minuto, l’incidente viene liquidato e non si procede alla presa del sangue. Così è stato fatto», spiega ancora l’avvocato. La quale sottolinea: «Il reato di favoreggiamento è un reato intenzionale. Ciò significa che chi agisce in questo modo, lo fa con l’intenzione - che però bisogna provare - di sottrarre qualcuno a un atto istruttorio. Non è insomma un atto che si compie per negligenza. E questo lo ribadiremo con forza in aula».

La reazione dei sindacati

Nei confronti degli agenti il Governo ha aperto un procedimento disciplinare, sospendendolo però immediatamente in attesa dell’esito di quello penale. Gli agenti, pertanto, continuano a lavorare. Per quanto concerne invece l’esito dell’inchiesta, «non mi aspettavo niente di diverso», commenta Ivan Cimbri, presidente della Federazione svizzera funzionari di polizia. «La situazione è delicata, e probabilmente un po’ pasticciata. È quindi giusto applicare il principio: in dubio pro duriore (ossia, nel dubbio per l’accusa, ndr)». «Forse - prosegue Cimbri - il pg ha preferito portare i due agenti davanti al giudice perché un decreto d’abbandono sarebbe stato di difficile gestione, vista soprattutto la grande pressione politica sul caso». Secondo il segretario del sindacato OCST funzionari di polizia Giorgio Fonio, invece, «si sta avverando lo scenario peggiore: gli agenti rischiano di portare a casa la responsabilità, addirittura penale, in una vicenda per loro difficile fin dal primo minuto. Mi aspetto che ricevano il dovuto e giusto sostegno e che non venga al contrario alimentato il generale sentimento di abbandono vissuto dal corpo di polizia anche negli ultimi mesi».

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