Da Ecowas ai jihadisti: il punto sul golpe in Niger
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La tensione in Niger continua a salire dopo il golpe di fine luglio, contro il presidente eletto Mohamed Bazoum, ad opera delle milizie guidate dal generale Abdourahamane Tchiani. Generale che, nel frattempo, si è autoproclamato capo dello Stato, annunciando la «sospensione di tutte le istituzioni», la chiusura delle «frontiere aeree e terrestri» e l'istituzione di un «coprifuoco». Il clima nel Paese resta incandescente (ve ne avevamo parlato qui) e, in particolare, non tira una buona aria per i rappresentanti occidentali di ambasciata. Soprattutto i cittadini francesi, presi di mira dai manifestanti con slogan, anche inneggianti a Putin. Ma anche i governi di Regno Unito e Stati Uniti hanno deciso per una, almeno parziale, evacuazione del proprio personale diplomatico presente nel Paese del Sahel. Come pure la Confederazione, che ha già rimpatriato alcuni cittadini svizzeri. Una scelta dettata dalla forte instabilità. Instabilità alla quale nemmeno la delegazione Ecowas (vedi box) giunta in Niger sembra aver trovato rimedio. Anzi, la presenza di questa delegazione non è stata vista di buon occhio: la giunta, infatti, ha dichiarato di volersi difendere dal «piano di aggressione dell'Ecowas». A spalleggiare le milizie insediate, si sono mossi subito gli alleati nei regimi militari del Mali e del Burkina Faso, ribadendo che tratterebbero un attacco al Niger come «una dichiarazione di guerra anche nei loro confronti». E, ora che è scaduto l'ultimatum deciso da Ecowas, si prospetta sempre di più all'orizzonte l'ipotesi di un intervento militare. A completamento di questo quadro, i leader golpisti hanno comunicato la decisione di chiudere lo spazio aereo del Paese. Cerchiamo di fare insieme il punto di quanto sta accadendo nelle ultime ore in Niger.
Spazio aereo chiuso
La scadenza dell'ultimatum, fissata per la mezzanotte di domenica, è stata ormai sorpassata. Si prospetta quindi la possibilità di un'operazione da parte delle forze Ecowas, già anticipata nel momento in cui la comunità aveva posto l'ultimatum. Come tutta risposta, i leader golpisti hanno deciso la chiusura dello spazio aereo sopra il Paese: «Di fronte alla minaccia di intervento che si fa sempre più chiara ed evidente da parte dei Paesi vicini, lo spazio aereo del Niger è chiuso da oggi, domenica, fino a nuovo avviso», precisando che «qualsiasi tentativo di violazione dello spazio aereo» porterà a «una risposta vigorosa e istantanea». Una dichiarazione che lascia poco spazio a dubbi. In più i sostenitori del golpe, riuniti nel Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (Cnsp), hanno aggiunto di avere effettuato un «pre-schieramento per la preparazione dell'intervento in due Paesi dell'Africa centrale». Questo senza però specificare di quali Paesi si stia parlando. E ancora: «Qualsiasi Stato coinvolto sarà considerato cobelligerante». L'Ecowas, dal canto suo – dopo un iniziale silenzio sulla questione – ha appena annunciato un «vertice straordinario» che si terrà giovedì ad Abuja, capitale della Nigeria, proprio per discutere della questione. «I leader dell'organizzazione esamineranno la situazione politica e i recenti sviluppi in Niger», hanno reso noto fonti ufficiali. Nel frattempo, migliaia di sostenitori della giunta si sono riversati nelle strade e in uno stadio di Niamey per festeggiare la decisione dei militari di non ritirarsi.
La chiusura dei cieli del Niger ha avuto delle ripercussioni anche per Swiss, che si è vista costretta a modificare la rotta del volo diretto Zurigo–Johannesburg (Sudafrica) e lo stesso per il ritorno. Gli aerei, ora, dovranno sorvolare il Mali, allungando così il tempo di viaggio di circa un'ora. Mentre, fa sapere la compagnia, non esistono voli diretti da Kloten al Diori Hamani International Airport della capitale nigerina Niamey.
La minaccia jihadista
Mentre il Niger resta in mano alle milizie di Tchiani, crescono sempre di più i timori a livello internazionale per un possibile avanzamento dei gruppi jihadisti nell'area occidentale del continente. «La violenza jihadista in Africa è diventata una minaccia che il mondo non può ignorare», spiega in un'analisi l'Economist. Anche perché nella regione del Sahel, da oltre dieci anni, va avanti una battaglia contro «gruppi jihadisti violenti, autocrati e insorti». E il Niger rappresenta uno stato chiave in questa lotta. Lotta che ora, con questo colpo di Stato, potrebbe aver raggiunto un punto di fragilità. Il governo di Bazoum stava migliorando la governance e i servizi come la sanità e l'istruzione. Non solo, era anche riuscito a convincere alcuni jihadisti a deporre le armi offrendo loro un'amnistia. In più aveva accolto le forze occidentali per addestrare l'esercito e combattere i terroristi: «L'approccio illuminato del Niger alla minaccia jihadista è un motivo in più per sperare che l'Ecowas sia in grado di invertire il colpo di Stato» spiega ancora l'Economist. «Era l'ultimo Stato semi-funzionante rimasto nella regione dopo le recenti prese di potere militari in Mali e Burkina Faso. La prospettiva immediata è quella di un Paese sul filo del rasoio». Mentre quella a lungo termine è «di un arco di instabilità che si estenda in tutto il continente, che metterebbe in pericolo economie molto più grandi, tra cui Ghana e Nigeria». I militanti jihadisti, oltre al Sahel, controllano vaste aree della Nigeria nord-orientale e della Somalia.