Il caso

Divoora e stipendi, «Ora andremo per vie giuridiche»

La conciliazione tra l’azienda e i sindacati UNIA e OCST è fallita – L'azienda ha sottoposto un nuovo contratto – I delivery sotto la lente dell’Ispettorato del lavoro
Nico Nonella
28.04.2022 21:07

Dopo sei mesi, la vertenza tra i sindacati UNIA e OCST e l’azienda Divoora non si è ancora conclusa. Nel mirino delle sigle sindacali, lo ricordiamo, erano finiti in particolare la retribuzione di tutto il tempo di lavoro dei driver, il rimborso spese (tra cui quelle dei veicoli) e l’introduzione di un’assicurazione di indennità per perdita di guadagno in caso di malattia.

Ebbene, un altro capitolo della vicenda si è chiuso proprio in questi giorni: la procedura di conciliazione avviata da UNIA e OCST lo scorso febbraio «è fallita una decina di giorni fa». A confermarlo è il segretario cantonale di UNIA, Giangiorgio Gargantini, nel corso di una conferenza stampa a Castione. «A inizio aprile – spiega Gargantini al CdT – l’azienda ha sottoposto ai driver un nuovo contratto di lavoro che contiene elementi secondo noi giuridicamente non validi. E che contesteremo in sede giudiziaria». Ma quali sono i punti contestati? «Il primo è un articolo che fa accettare ai dipendenti la natura “su richiesta” del loro lavoro, ossia il fatto che tra un’ordinazione e l’altra c’è un tempo d’attesa non retribuito. Il secondo punto sono le indennità, indegne, e secondo noi pure al di sotto dei minimi legali. Si parla infatti di forchette tra i 17 e i 20 centesimi al chilometro per l’uso dell’automobile provata e di 5/10 franchi al mese per il telefono, a seconda delle ore effettivamente lavorate», afferma il segretario cantonale di UNIA.

Quali sono, ora, i prossimi passi? «Noi andremo avanti. Rappresentiamo una quarantina di dipendenti e alcuni di loro seguiranno la via giuridica». Ad essere particolarmente contestate – spiega ancora Gargantini – sono proprio le mancate retribuzioni dei tempi di attesa: «Se a un dipendente vengono garantire, per esempio, 120 ore ma a causa dei tempi di attesa è impiegato solo per 60, è evidente che c’è qualcosa che non va. Il salario deve essere fisso e sicuro e il tempo d’attesa fa parte del rischio aziendale, che non può essere scaricato sui lavoratori».

«Noi all’azienda non chiediamo più nulla. Attendiamo l’esito dei controlli dell’Ufficio dell’ispettorato del lavoro, che in queste settimane sta verificando tutte le aziende attive nel settore delivery. Ci appelliamo però a tutta la politica, compresi i sindaci delle città dove Divoora lavora, e ai ristoranti di farsi sentire, chiedendo il rispetto della legge», conclude Gargantini.

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