Apertura a picco per le borse asiatiche, i dazi di Trump fanno paura

Crollano in avvio le Borse cinesi sulle incertezze dei dazi di Donald Trump: l'indice Composite cede il 4,46%, a 3.193,10 punti, mentre quello di Shenzhen perde il 6,04%, a quota 1.872,10. La Borsa di Singapore si allinea al tracollo dei listini asiatici: l'indice Straits Times brucia in avvio 328,20 punti, ovvero l'8,58%, crollando a 3.497,66 punti. La Borsa di Taiwan perde oggi il 9,8% in apertura.
La Borsa di Hong Kong crolla in avvio di seduta: l'indice Hang Seng perde quasi un decimo del suo valore, cedendo 2.119,76 punti (-9,28%), a quota 20.730,05. Hsbc, nel dettaglio, segna un tonfo del 15,85%, mentre i colossi hi-tech cinesi Alibaba e Tencent perdono nelle prime battute, rispettivamente, il 9,72% e il 7,43%.
L'indice Kospi della Borsa sudcoreana di Seul è sceso oggi in apertura del 4,77%, mentre l'S&P/ASX 200 della piazza d'affari australiana di Sydney è crollato del 5,83%. Le azioni blue-chip australiane sono crollate del 6% poco dopo l'inizio delle contrattazioni.
Crollo pure della Borsa di Tokyo, che in apertura perde oltre il 7%. Dopo i primi scambi l'indice Nikkei è sceso a 31.255 punti lasciando sul terreno il 7,44%, mentre il Topix è sceso dell'8,14%. Sul fronte dei cambi lo yen si assesta ai massimi in sei mesi sul dollaro a un livello di 145,50, mentre tratta sull'euro a 159,40.
La Borsa di Mumbai è scesa di oltre il 3% nelle prime contrattazioni di oggi, in linea con i mercati asiatici. In apertura l'indice Nifty 50, che rappresenta le maggiori società quotate in India, è sceso del 3,55%. Il Nifty IT, che comprende i giganti tecnologici indiani, è crollato del 5,53%.
Trump tira dritto
Il crollo delle azioni di Hong Kong e Shanghai, in linea con gli indici delle altre borse asiatiche, è la conseguenza diretta del rischio di una guerra commerciale sui dazi tra USA e Cina. Ma Il presidente Donald Trump minimizza il panico sui mercati azionari, a picco da giorni, come conseguenza dei suoi nuovi dazi, paragonandoli a «una cura» destinata ai mali dell'economia americana. «A volte è necessario assumere farmaci per curarsi», ha detto il presidente degli Stati Uniti a bordo dell'aereo presidenziale Air Force One, mentre gli indici azionari si avviano verso un altro calo a Wall Street e su tutti i mercati internazionali.
Anzi, il presidente americano argomenta che i dazi sono «l'unico modo in cui il problema degli enormi deficit finanziari con la Cina, l'Unione Europea e molti altri, può essere risolto». In un post sul suo social Truth, Trump denuncia che «il surplus con questi Paesi è cresciuto durante la presidenza del sonnolento Joe Biden. Lo invertiremo e lo invertiremo velocemente», ha scritto in stampatello. Questi dazi, ha aggiunto con enfasi il titolare della Casa Bianca, «stanno portando decine di miliardi di dollari negli Stati Uniti. Sono già in vigore e sono una cosa meravigliosa da vedere. Un giorno la gente si renderà conto che i dazi, per gli Stati Uniti d'America, sono una cosa meravigliosa!».
Trump ha però pure detto che non vuole far crollare i mercati di proposito. «No, non è così, ma voglio risolvere il deficit che abbiamo con la Cina, l'Unione Europea e altre nazioni, e dovranno farlo. E se vogliono parlarne, sono aperto a parlare. Ma altrimenti, perché dovrei voler parlare?», ha dichiarato il presidente americano a bordo dell'Air Force One.
Pechino pronta a trattare
Di fronte al caos tariffario globale innescato da Donald Trump, il Quotidiano del Popolo esorta tutti a «concentrarsi sul fare le proprie cose», riassumendo la strategia fondamentale di Pechino. E, pur nel mezzo di una dura retorica, la voce del Partito comunista cinese ribadisce in un editoriale che il Paese non vuole un disaccoppiamento completo con gli USA e che «non sta chiudendo la porta ai negoziati» su cui, al contrario, sollecita gli Stati Uniti a impegnarsi.
I dazi americani fanno male, ma «il cielo non può crollare», aggiunge l'editoriale, riprendendo la frase usata da Mao Zedong nel 1962 durante l'incontro con 7.000 alti funzionari del Pcc, dopo 13 anni disastrosi segnati dalla Grande carestia e dalla rottura con l'Urss, la superpotenza comunista. Quest'anno, tra l'altro ricorre il 13. anno al potere del presidente Xi Jinping, caratterizzato dalla grande scossa dei dazi e dalle pessime relazioni con Washington.
L'editoriale, inoltre, offre cinque motivi per cui «il cielo non può crollare»: la Cina è un'economia di grandi dimensioni con forte resilienza alla pressione degli USA, la dipendenza di Pechino dagli Stati Uniti si sta riducendo dato che l'export verso l'America è sceso dal 19,2% nel 2018 al 14,7% nel 2024, e Washington dipende con forza dall'import cinese, tra beni intermedi e strumentali, con quote oltre il 50% in alcuni settori, rendendo il disaccoppiamento impraticabile. In più, la Cina si è diversificata: le esportazioni verso l'Asean sono salite dal 12,8% al 16,4% e verso i Paesi della Belt and Road dal 38,7% al 47,8%. Infine, il mercato interno del Dragone è un grande cuscinetto: l'85% delle aziende esportatrici vende anche a livello nazionale, con la quota domestica che costituisce il 75% dei loro ricavi.
L'editoriale afferma anche che «l'economia cinese è stabile e solida; domanda interna, investimenti e consumi hanno superato le aspettative; le esportazioni hanno retto» e l'attività produttiva è rimbalzata. La Cina sta combattendo la guerra commerciale con gli USA da 8 anni e ha «gli strumenti per gestire la pressione».
È tempo di dialogo
Il premier giapponese Shigeru Ishiba si recherà quanto prima negli Stati Uniti per discutere la delicata questione dei dazi imposti dal presidente americano Donald Trump, nel tentativo di attenuare il contraccolpo all'economia del Paese del Sol Levante, pesantemente orientata all'esportazione. «Dobbiamo sottolineare chiaramente che il Giappone non sta facendo nulla di ingiusto», ha detto Ishiba durante una sessione parlamentare, definendo «estremamente spiacevole» l'imposizione delle tariffe del 24% da parte di Trump, in particolare sul comparto auto, un settore chiave per la nazione.
Taiwan non cercherà tariffe di ritorsione contro i dazi al 32% di Donald Trump e si impegnerà per rimuovere le barriere commerciali con gli USA. In un messaggio video, il presidente William Lai ha elencato cinque misure, tra cui l'istituzione di un team per i negoziati e l'acquisto di più beni americani per ridurre lo squilibrio commerciale. Lai ha riconosciuto il «significativo impatto» della mossa del tycoon sull'economia, ma ha esortato a non farsi prendere dal panico in base ai «solidi fondamentali economici» di Taiwan. «Taiwan non ha in programma di adottare misure tariffarie di ritorsione in risposta alle "tariffe reciproche" degli USA. Anche gli investimenti delle aziende taiwanesi negli Stati Uniti proseguiranno senza modifiche, purché siano in linea con i nostri interessi nazionali».