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Ecco come il conflitto in Ucraina rallenta l’aumento del PIL globale

L’OCSE ipotizza una crescita mondiale nel 2022 inferiore di più di un punto percentuale rispetto alle previsioni precedenti – L’impatto sull’Eurozona sarà maggiore, sugli USA meno marcato
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Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
21.03.2022 06:00

Le guerre portano anzitutto perdite umane. Poi anche danni per le economie nel loro complesso. La guerra provocata dall’invasione russa dell’Ucraina certamente non fa eccezione. Sia le gravi perdite umane sia l’inizio dei danni economici di questo conflitto già si vedono. Senza dimenticare le prime, si cerca ora di calcolare i secondi. La difficoltà nel calcolo sta naturalmente anche nel fatto che non si sa quanto durerà questa guerra, dunque quante distruzioni ancora ci saranno, quanti effetti distorsivi per le economie e i mercati ancora si verificheranno, sino a quando ci saranno le sanzioni economiche occidentali contro la Russia.

Gli shock

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), che raggruppa 38 Paesi tra i quali anche la Svizzera, ha provato a delineare il possibile impatto della guerra in Ucraina per quel che riguarda il 2022. Nel suo Interim Economic Outlook, pubblicato nei giorni scorsi, l’OCSE cerca di quantificare i danni economici che questa guerra, iniziata il 24 febbraio, potrebbe produrre quest’anno, con numeri per forza di cose provvisori. Oltre al grande impatto negativo sull’Ucraina invasa e sulla stessa Russia, la guerra provoca anche la trasmissione di shock ad altri Paesi, ad altre aree economiche. 

I canali attraverso cui gli shock si trasmettono sono secondo l’OCSE principalmente tre: la crisi umanitaria dei rifugiati, con oltre 3 milioni di persone che sono già fuggite e che si trovano soprattutto nei Paesi confinanti con l’Ucraina; gli aumenti dei prezzi delle materie prime alimentari (sia l’Ucraina sia la Russia sono forti produttori di grano), che colpiranno in particolare i Paesi a basso reddito e le economie emergenti; gli aumenti dei prezzi nel settore energia, che colpiscono soprattutto l’Europa, forte acquirente di gas russo (Mosca peraltro è anche esportatrice di petrolio).

Lo scenario di base che l’OCSE ha usato ipotizza che persistano per almeno un anno gli shock nelle materie prime e nei mercati che si sono verificati nelle prime due settimane del conflitto bellico in Ucraina. In questo tipo di scenario la Russia potrebbe avere nel 2022 una contrazione annua della sua economia pari a oltre il 10%. Considerando che la stessa OCSE nel dicembre scorso aveva indicato per la Russia una crescita del 2,7%, l’impatto negativo cumulato di guerra e sanzioni potrebbe quindi essere per Mosca di oltre 12 punti percentuali.

Le grandi aree

Per quel che riguarda l’Eurozona, area vicina al teatro di guerra e toccata più di altre dagli scambi con la Russia, secondo l’OCSE ci potrebbe essere un impatto negativo del conflitto bellico pari a circa 1,4 punti percentuali. Viste le molte incertezze presenti nel quadro, l’Organizzazione non si spinge per ora sino a nuove previsioni di crescita per il 2022, ma anche in questo caso per avere un’idea si può prendere la stima OCSE del dicembre scorso, che era 4,3%; nello scenario delineato l’Eurozona potrebbe dunque avere quest’anno una crescita economica di circa il 2,9%.

Per gli Stati Uniti, area economica più lontana geograficamente dal conflitto, l’impatto economico della guerra in Ucraina potrebbe essere secondo l’OCSE nel 2022 di poco meno di un punto percentuale. Anche qui, andando a prendere la previsione del dicembre scorso sulla crescita americana, che era 3,7%, si può ipotizzare che il Prodotto interno lordo statunitense potrebbe quest’anno salire di circa il 2,8%. Per quel che concerne la crescita economica mondiale, l’Organizzazione delinea un possibile impatto negativo di oltre un punto percentuale; la previsione di 4,5% formulata in dicembre per il 2022 potrebbe quindi scendere a circa 3,4%. Se per la Russia come visto l’impatto potrebbe essere molto duro, per le altre due grandi aree considerate – come per il mondo nel suo complesso - ci potrebbe essere quest’anno una crescita economica ancora abbastanza buona, seppure indubbiamente inferiore a quella indicata in precedenza.

L’inflazione

Il rallentamento della crescita economica globale dovuto al conflitto nell’Europa dell’Est si accompagnerà con ogni probabilità ad un’inflazione nel 2022 più alta di quella prevista. Già spinta dalla maxi liquidità fornita dalle banche centrali (che ora stanno molto gradualmente cambiando linea), e poi dalle strettoie nelle catene di rifornimento durante la forte ripresa del 2021, l’inflazione adesso è alimentata anche dagli aumenti dei prezzi legati alla guerra. Per i 38 Paesi dell’area OCSE nel loro complesso, l’analisi prevede ora circa due punti percentuali in più; visto che in dicembre la previsione per il 2022 era di una media annua del 4,2%, l’inflazione nell’area OCSE potrebbe dunque essere di circa il 6,2%, sulla base delle coordinate dello scenario attuale.

Per la Svizzera una buona tenuta nonostante le tensioni e i rischi

Nelle previsioni congiunturali pubblicate lunedì 14 marzo, la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) ha indicato che “La guerra in Ucraina pesa sulle prospettive economiche e comporta rischi congiunturali importanti. Tuttavia, l’economia svizzera parte in condizioni relativamente buone”. Altri rischi secondo la SECO vengono dal crescente indebitamento di alcuni Stati e imprese, oltre che dal settore immobiliare a livello sia nazionale sia interazionale, in particolare in Cina. “In compenso – ha affermato la SECO - l’incertezza legata alla pandemia si è notevolmente ridimensionata, anche se non sono da escludere altre ricadute, ad esempio in seguito alla comparsa di nuove varianti”.

Le cifre

Pur non nascondendo appunto i rischi esistenti, la Segreteria di Stato dell’economia fornisce nel complesso dunque un quadro di previsioni moderatamente positivo. Per quel che riguarda la crescita economica nel 2022, la SECO prevede per ora frenate non secondarie ma meno consistenti di quelle che ipotizza l’OCSE (vedi articolo sopra). Per quest’anno Berna prevede ora per gli USA un aumento del PIL del 3,5% (non più 4%, come indicato in dicembre), per l’Eurozona una crescita del 3,4% (non più 3,7%), per il Giappone del 3,1% (non più 3,8%), per la Cina del 5% (non più 5,3%). Per la Svizzera, l’aumento del PIL corretto dagli eventi sportivi (la Confederazione è sede di grandi organizzazioni dello sport) dovrebbe essere quest’anno del 2,8% (non più 3%) e per l’anno prossimo del 2% (come nelle previsioni precedenti); senza la correzione per lo sport, le previsioni sono rispettivamente 3% (non più 3,2%) e 1,7% (confermato). La disoccupazione elvetica è vista ancora in discesa, al 2,1% nel 2022 e al 2% nel 2023.

Oltre che dal moderato ottimismo sul quadro internazionale, pur temperato dal riconoscimento dei rischi, l’analisi sulla Svizzera è determinata anche da un altro fattore che la SECO sottolinea: “Poiché gli scambi economici della Svizzera con la Russia e l’Ucraina sono relativamente scarsi, le ripercussioni dirette del conflitto sul nostro Paese dovrebbero essere limitate. Al contrario, gli effetti indiretti potrebbero essere molto forti”. E qui la SECO indica l’aumento sui mercati internazionali dei prezzi dei principali beni di esportazione russi e ucraini, cioè fonti energetiche (gas e petrolio, n.d.r.), alcuni prodotti alimentari di base, metalli industriali. La pressione inflazionistica a livello internazionale resta elevata, ricorda la SECO. Anche in Svizzera il rincaro è più marcato di prima, ma rimaniamo a livelli molto inferiori rispetto agli Stati Uniti e ai maggiori Paesi europei. La SECO prevede per quest’anno una media elvetica di inflazione dell’1,9% (superiore all’1,1% in precedenza previsto) e per il prossimo dello 0,7% (previsione invariata).

Il franco e la Borsa

Nel contenimento del rincaro in Svizzera un ruolo di rilievo è giocato dalla forza del franco. Se da un lato un franco molto forte può creare alcuni problemi all’export elvetico, dall’altro però una moneta così robusta fa costare meno i beni acquistati all’estero e limita l’import di inflazione. La valuta elvetica, vista ancora una volta come bene rifugio da molti investitori, sull’onda delle tensioni legati alla guerra dell’Ucraina ha guadagnato nelle scorse settimane ulteriore terreno e ha raggiunto l’1 a 1 con l’euro, andando brevemente anche a 0,99. In questi ultimi giorni ha lasciato qualche frazione ed è tornata attorno a 1,02-1,03. Sul dollaro USA il franco è ora in sostanza stabile, nella fascia 0,93-0,94. La Borsa svizzera dal canto suo da inizio anno ha registrato ribassi, come tutte le piazze principali, dopo i picchi toccati a fine 2021. Lo SMI, il maggior indice di Zurigo, alla chiusura di questo venerdì era però ancora nettamente in positivo, per circa il l’11%, rispetto a un anno fa. La piazza svizzera è più difensiva di altre, talvolta cresce meno nelle fasi di rialzo, ma spesso scende meno nelle fasi di turbolenza. L.TE. 

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