La replica di Pro Helvetia su Palazzo Trevisan: «Abbiamo dovuto adottare misure di riduzione dei costi»
Palazzo Trevisan degli Ulivi è la sede del Consolato Svizzero di Venezia e assieme alla fondazione Svizzera per la cultura Pro Helvetia rappresenta oggi una presenza permanente nella città lagunare. Così si legge sul sito del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Ma quella «presenza permanente svizzera» è stata messa in dubbio negli ultimi giorni.
Motivazioni economiche
«Nell’ambito della revisione del budget 2023, il Consiglio federale ha effettuato tagli lineari del 2 percento delle uscite che presentano un debole grado di vincolo», spiega da noi interpellata Pro Helvetia. «Tra i settori toccati c’è la cultura. Inoltre, il quadro finanziario del Messaggio sulla cultura 2025-28 è stato ridotto rispetto al piano originale, il che richiederà una compensazione interna». In questo contesto, la direzione e il Consiglio di fondazione di Pro Helvetia «hanno dovuto adottare misure di riduzione dei costi e stabilire delle priorità». Tra le altre cose, la fondazione ha deciso di interrompere le attività di residenza e di programma a Palazzo Trevisan a partire dal 2026. «Non cambierà nulla per quanto riguarda il Padiglione svizzero alla Biennale, che continuerà a essere al centro della nostra attenzione. E in questo senso Venezia e la Biennale sono e rimarranno ottime piattaforme per presentare gli artisti svizzeri a un vasto pubblico».
Pro Helvetia coglie inoltre l’occasione per ribadire di non essere proprietaria di alcun immobile, neppure a Venezia. «Il piano nobile di Palazzo Trevisan è di proprietà della Confederazione e gestito dall’Ufficio federale delle costruzioni e della logistica (il CdT è in attesa di una risposta da Berna, ndr.)». La fondazione «non è a conoscenza di alcun progetto di vendita».
Che fine farà Palazzo Trevisan?
«Keller-Sutter (capo del Dipartimento federale delle finanze, ndr.) intende vendere Palazzo Trevisan a Venezia?» titolava, domenica, il SonntagsBlick. Una possibilità alla quale hanno reagito con sdegno, sul nostro giornale, Marco Solari e l’ex ambasciatore svizzero Bernardino Regazzoni. Alle loro voci si unisce oggi quella di Giordano Zeli, presidente della fondazione svizzera Pro Venezia che, tra le altre cose, rappresenta all’estero l’impegno dimostrato dal nostro Paese nella salvaguardia del patrimonio culturale veneziano. «Cedere questa struttura non avrebbe alcun senso», commenta Zeli, «si tratta di un punto di riferimento importante per la Svizzera a Venezia, riconosciuto anche dalle autorità politiche e culturali italiane».
L’edificio Palazzo Trevisan degli Ulivi è situato nel sestiere di Dorsoduro e si affaccia da un lato sul canale della Giudecca e dall’altro sul campo di Santa Agnese. «Venezia è una città internazionale, di scambi culturali», precisa ancora Giordano Zeli. «Che la bandiera svizzera sventoli sul canale della Giudecca è importante per noi. Parlo da cittadino, prima che come presidente di Pro Venezia. Il Centro svizzero è un punto di riferimento per il nostro Paese ed è molto amato dalla popolazione locale, che negli anni vi ha costruito un vero e proprio legame».
Il palazzo è in stile gotico e fu costruito da Bartolomeo Bon per la famiglia Trevisan nel XV secolo. Nel 1966, i successivi proprietari decisero di vendere il secondo piano alla Confederazione, che lo destinò a sede del suo Consolato a Venezia. Fino alla fine del 2000, quando il DFAE lo ha trasformato in un Consolato onorario. Il piano nobile comprende il segretariato, una sala di 140m² – che accoglie mostre, concerti, conferenze, letture, incontri –, e camere (finora) destinate ad artisti e ricercatori elvetici che soggiornano a Venezia per studio e per lavoro. Tra il 2005 e il 2012 Palazzo Trevisan è stato la sede veneziana dell’Istituto Svizzero di Roma. Dal 1. aprile 2012 la gestione della sede è passata a Pro Helvetia, responsabile per i contributi ufficiali della Svizzera alle biennali lagunari.
«Non entro nel merito delle scelte della Fondazione svizzera per la cultura», precisa il presidente di Pro Venezia, «ma la decisione di dismettere è assurda. Nella Serenissima la Svizzera c’è, lo dimostra anche la Storia. Dobbiamo adoperarci per mantenere vivo questo legame. Vendere sarebbe come segare il ramo su cui si è seduti; mancanza di sensibilità e di lungimiranza. Saremmo costretti a dire addio a un punto di ritrovo e di riferimento».