La tragedia che tocca i mesorachesi in Ticino: «I nostri bambini giocano in quella sabbia»
È salito a 62 morti il bilancio accertato del naufragio del barcone carico di migranti avvenuto all'alba di domenica a Steccato di Cutro, località balneare in Calabria. Questa mattina il corpo di un uomo è stato trovato sulla spiaggia ad alcune centinaia di metri dal luogo del disastro, un altro è stato recuperato in mare, a circa 400 metri dalla riva, e un terzo a Le Castella. Una tragedia, l'ennesima, che ha colpito tutta l'Italia e l'Europa intera. E che è molto «sentita» anche in Ticino. Gran parte della comunità dei mesorachesi (Mesoraca, paese in provincia di Crotone) nel nostro cantone, infatti, si reca proprio nella località balneare calabrese per passare le vacanze estive. Una spiaggia, insomma, vissuta e amata, perché rappresenta «casa».
«La tragedia avvenuta a Steccato di Cutro mi lascia rabbia e il cuore spezzato – commenta Francesco Lombardo, presidente dell'Associazione mesorachesi in Ticino (AMIT) –. Vedere quelle spiagge con tanti morti e dispersi, dove mi reco ogni anno per passare le vacanze, e assistere allo scenario di una simile tragedia fa veramente male». Una sensazione di amaro in bocca, accompagnata dalle immagini delle lenzuola bianche a coprire i cadaveri allineati sulla battigia. «Ci sentiamo più toccati perché è successo "in casa" e in un posto che per noi significa vacanza, felicità – continua –. Una tragedia, di quelle che purtroppo si consumano quasi quotidianamente in mare, che però questa stavolta è avvenuta nel "nostro" mare, in un luogo che per noi è simbolo di spensieratezza e del ritorno a casa. È il posto dell’infanzia. Ecco perché è stato (ancora di più) un pugno in faccia. La drammaticità di una realtà che non ti permette di girarti dall’altra parte. Perché su quella spiaggia abbiamo giocato noi, ci giocano i nostri bambini. Abbiamo comprato le case a Steccato di Cutro grazie ai sacrifici in tanti anni di lavoro, anche dopo essere emigrati in Ticino. Ora, lì, dei bambini sono morti. Sono scappati, hanno affrontato un viaggio incredibile, e hanno trovato la morte a poche centinaia di metri dalla riva».
Il lutto cittadino e la sepoltura a Mesoraca
Come detto, molti cittadini di Mesoraca frequentano le spiagge di Steccato di Cutro. Alcuni possiedono anche una casa. È un litorale di sabbia che si estende per chilometri. La tragedia dei migranti colpisce pertanto tutta la comunità. Tanto che il sindaco di Mesoraca, Annibale Parise, ha proclamato il lutto cittadino per la giornata odierna. A scuole e uffici pubblici è stato chiesto di rispettare un minuto di silenzio, le manifestazioni pubbliche sono state sospese, la cittadinanza è stata invitata a «evitare manifestazioni di evidenza pubblica che contrastino con la circostanza, nonché di svolgere attività di carattere festoso in segno di cordoglio e partecipazione per l'immane tragedia». Inoltre, le bandiere della sede comunale sono state esposte a mezz'asta. Il sindaco di Mesoraca, insieme agli altri della provincia, ha dato disponibilità di alcuni loculi cimiteriali «per dare una degna sepoltura alle salme» nel cimitero del paese. «Il sindaco, l'Amministrazione comunale e tutta la comunità mesorachese esprimono sentimenti di dolore e cordoglio per questa profonda tragedia – si legge in una nota –. Uomini, donne e bambini che lungo il viaggio speravano in un futuro migliore, hanno invece trovato la morte, nelle acque gelide di un mare in tempesta. Sono momenti difficili e tristi e il nostro pensiero va anche a chi sta lavorando per recuperare i corpi dispersi e a dare soccorso a chi ne ha bisogno».
Si temono 30-40 dispersi
«Le ricerche sono proseguite durante tutta la notte ma in maniera meno agevole, perché il buio non le ha aiutate – ha detto Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria, a 24 Mattino su Radio 24 –. Mancano molti dispersi. Dalle testimonianze raccolte dai superstiti, a bordo dovevano esserci 180-200 persone e, quindi, si presume ci siano altri 30-40 dispersi». Occhiuto ha deciso di proclamare il lutto su tutto il territorio regionale nella giornata di domani, 28 febbraio. Il vescovo di Cassano allo Jonio e vicepresidente della CEI, monsignor Francesco Savino, si è recato al Pala Milone a Crotone, dove sono state radunate le salme: «Dinanzi a queste bare – ha detto – mi pare di poter dire che la civiltà è solo una parola, la democrazia reale è soltanto un'utopia. Dinanzi a queste bare mi permetto di dire che l'umanità è sconfitta e anche io come credente mi sento uno sconfitto».
Sergio di Dato, responsabile del progetto di Medici senza frontiere (MSF), ha parlato con la Gazzetta del Sud di uno dei superstiti. Si tratta di un bambino afghano di 12 anni. Che ha perso tutto. Nove parenti in totale: quattro fratelli, i genitori e altri tre familiari. Nel centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto, intanto, si respira disperazione tra i superstiti. La Croce Rossa, insieme al Comune di Crotone, ha attivato le squadre di assistenza psicologica per i sopravvissuti. È stato attivato anche un supporto psicologico per i soccorritori.